Il quattro giugno 2018, nel giorno del Settantaquattresimo anniversario della Liberazione di Roma, lo storico quartiere di Centocelle, alla periferia sud-ovest della città, ha ottenuto la Medaglia d’Oro al Merito Civile, per il suo impegno nella lotta di Liberazione dal nazifascismo durante i nove mesi dell’occupazione tedesca della Capitale. Un riconoscimento importante e collettivo, che rende omaggio all’impegno e al sacrificio di tante donne e tanti uomini che seppero ribellarsi all’invasore per conquistar la libertà e sconfiggere il regime nazifascista. Il conferimento della Medaglia d’Oro a Centocelle è frutto di un lungo lavoro promosso dall’Anpi, su uno studio dello storico Riccardo Sansone. «Questa Medaglia – precisa Sansone – non ha bandiere, ed è un simbolo di unità. Se andiamo infatti al di là di quella che è la storicizzazione di questo evento, capiamo che l’antifascismo è un valore universale. Un valore della nostra democrazia. Questo riconoscimento vuole essere un invito a continuare a manifestare, con il proprio impegno, ogni volta che ci si trova di fronte ad una prevaricazione».

«Dopo l’armistizio – si legge nelle motivazioni del conferimento – la comunità locale si distinse per lo straordinario impegno profuso al fianco dei militari italiani nella difesa del locale aeroporto militare. Durante i nove mesi dell’occupazione nazifascista, nonostante i patimenti, la popolazione seppe reagire con indomito coraggio partecipando attivamente alla lotta partigiana. Fulgido esempio di lotta comune, orientata alla conquista della libertà e della democrazia».

Piazza dei Mirti a Centocelle in una antica cartolina (da http://www.rerumromanarum.com/2015/03/quartiere-prenestino-centocelle.html)

Ed è proprio grazie alla lotta comune e clandestina che i romani seppero rendersi protagonisti di una vera e proprio guerra cittadina. Se inizialmente la strategia promossa dal Comitato di Liberazione Nazionale era «rendere impossibile la vita agli occupanti», a fine gennaio 1944 l’obiettivo fu definitivo: battersi strenuamente per cacciare i nazisti da Roma e combattere in tutti i modi possibili per sabotare il nemico. «La Resistenza romana – ricordava Rosario Bentivegna, gappista e protagonista del movimento partigiano – applicò una strategia complessa e articolata, fatta anzitutto di disobbedienza civile contro le forze di occupazione naziste e di solidarietà spontanea e organizzata verso le centinaia di migliaia di cittadini che violavano le leggi di guerra imposte dall’occupatore, ma anche di dura iniziativa militare che costrinse il nemico a vivere, nella città, come su un qualsiasi fronte di guerra, e a mostrare il suo vero volto prevaricatore e assassino».

Nonostante il freno dell’attendismo, molti romani si opposero all’aggressione e all’occupazione nazifascista. Assieme ai fatti di porta San Paolo, del rastrellamento del Ghetto e del Quadraro, di via Rasella e delle Fosse Ardeatine, la Resistenza romana ebbe un suo sviluppo nelle borgate, grazie al coraggio e all’impegno delle fasce popolari. Impegno che, pur non rientrando nella memorialistica, è stato di fondamentale importanza. Anche Centocelle, borgata di donne e uomini liberi, fece la sua parte, rendendosi protagonista di episodi che risultarono essenziali per liberare Roma e dare dignità, libertà e giustizia sociale al popolo italiano.

Il valore di questa ricerca, dunque, è di aver fatto emergere la storia di una collettività intera dando voce a quanti, pur non trovandosi nei libri di storia, sono stati protagonisti della svolta antifascista di Centocelle. Un quartiere dove la volontà di combattere l’occupazione nazista era diffusa in una parte consistente della comunità cittadina, dal sacerdote al carabiniere, dai lavoratori alle madri di famiglia; una comunità che in piena occupazione partecipò ai comizi organizzati dai partigiani nella piazza centrale della borgata, piazza dei Mirti.

Fra gli eventi più drammatici da ricordare, quello del sei aprile 1944 è senza dubbio il più cruento. Quel giorno la Banda Koch, un reparto speciale di fascisti repubblichini guidato appunto da Pietro Koch, ordinò il rastrellamento del quartiere: partigiani e militari, donne e uomini furono arrestati, torturati e uccisi. Alcuni di essi vennero fucilati a Forte Bravetta, altri deportati e pochi fortunati vennero liberati dagli alleati due mesi dopo.

 

La Resistenza romana, in generale, vide la cooperazione di tutte le forze antifasciste, dai reparti dell’esercito italiano al Partito Comunista (Pci) alla Democrazia Cristiana (Dc), dal Partito d’Azione al Partito Socialista di Unità Proletaria (Psiup) a Bandiera Rossa che, pur rifiutando di far parte del CLN, diede un contributo importante in termini di combattenti e di caduti. Queste forze, insieme, diedero vita ad una lotta eroica contro gli occupanti tedeschi e i suoi asserviti.

La Capitale d’Italia, del resto, nonostante per venti anni fosse stata il palcoscenico di Mussolini, aveva mantenuto uno spirito ribelle e un orientamento antifascista. Nella coscienza di molti era ancora vivido il ricordo della cacciata dei fascisti dai quartieri popolari di San Lorenzo, Santa Croce, Testaccio e Trionfale, nel 1921 in occasione del Congresso dei Fasci. Come pure la grande manifestazione antifascista nel giugno del 1924, dopo l’assassinio di Giacomo Matteotti (1885 – 1924). E così, quando l’8 settembre 1943, all’annuncio dell’armistizio, i nazisti occuparono Roma, i romani impugnarono le armi per difendere la propria città e l’Italia, supportando quei reparti dell’esercito italiano che combattevano a San Paolo e in tanti altri punti della Capitale.

Seppur non scontato, l’impegno di Resistenza per la Liberazione fu necessario: i generali che avrebbero dovuto organizzare la difesa della propria terra, infatti, erano scappati seguendo il pavido esempio del re d’Italia Vittorio Emanuele III di Savoia e del maresciallo Pietro Badoglio. Dopo aver accettato la dittatura fascista, le guerre e l’alleanza con i nazisti, la monarchia, non avendo nessuna strategia politica se non quella della propria sopravvivenza, aveva lasciato alle forze democratiche e antifasciste l’onere di cacciare gli invasori e ridare dignità e indipendenza all’Italia.

In particolare, la lotta partigiana romana ebbe nei giovani, popolani e intellettuali, la sua forza morale, politica e militare. Le donne furono protagoniste generose: combatterono, fecero da staffette, lottarono per portare il pane ai propri figli e per difendere i propri uomini dai rastrellamenti, dalle razzie, dai bandi di coscrizione e dagli arresti. I romani resistettero al nemico con così tanta determinazione e coraggio che il generale delle SS Herbert Kappler, il boia delle Ardeatine, a processo, affermò che dei romani non si poteva fidare, perché nonostante le generose taglie che aveva disposto, non gli consegnarono mai un partigiano. «I romani – raccontava Bentivegna – sia pure con qualche mugugno, con ironica e strafottente emulazione, non esitarono a schierarsi nei fatti dalla parte della libertà e contro la crudele presenza dei tedeschi e dei fascisti».

La Resistenza romana, da San Paolo a Centocelle, è una storia di riscatto e libertà: è la storia di chi seppe costruire una rete di solidarietà nei confronti dei tanti perseguitati dal regime e di chi, quel regime, seppe sconfiggerlo. È una storia da conservare nella memoria e da tramandare alle generazioni successive, per rimanere vigili verso ogni forma di dittatura, di razzismo e di prevaricazione. La Medaglia d’Oro al Valore Civile di Centocelle è un dono prezioso per ognuno di noi, un riconoscimento che ci rende fieri di essere combattenti e antifascisti. Sempre.

Francesca Gentili


Per leggere o scaricare il testo integrale della relazione della ricerca a cura di Riccardo Sansone per il conferimento della Medaglia d’Oro al Merito Civile di Centocelle clicca qui: Relazione per conferimento MdO Centocelle