Il 18 ottobre alla Casa della Memoria e della Storia di Roma molti hanno ascoltato in piedi. Si presentava davanti ad un pubblico numerosissimo il volume “Una quercia sottile – Primo De Lazzari, ritratto collettivo di un partigiano”, Bordeaux Edizioni, 189 pagine. Primo, scomparso il 15 febbraio 2016, classe 1926, era stato giovanissimo partigiano –“il Bocia”– combattente nella Brigata Garibaldi “Erminio Ferretto”. Da lì l’avvio di una vicenda personale e politica, che lo ha visto sempre impegnato in rigorosa coerenza con i valori della Resistenza e con una conseguente visione del mondo. A lungo dirigente a diversi livelli delle organizzazioni del Pci, poi dell’Anpi, fece parte della redazione di Patria Indipendente e collaborò permanentemente con la rivista. Un operaio che, grazie alla passione per lo studio, l’approfondimento e la ricerca, diventa dirigente politico e intellettuale: da ciò una produzione letteraria di tutto rispetto, grazie a cui hanno visto la luce diversi volumi: “Le SS italiane”, “Ragazzi della Resistenza”, “Eugenio Curiel”. Al confino e nella lotta di liberazione”, “Storia del Fronte della Gioventù nella Resistenza”.
“Una quercia sottile” è un libro di testimonianze di decine e decine di persone che lo hanno conosciuto; assieme, contiene una lunga biografia firmata dalla scrittrice Serena D’Arbela, sua moglie; ed infine propone dei testi in gran parte inediti dello stesso Primo, testi di grande interesse perché raccontano “dal vivo” la guerra partigiana, le vittorie, ma anche i lutti e i dolori.

Gianfranco Pagliarulo, direttore di questo periodico, ha introdotto la discussione sul volume e di conseguenza sulla figura di Primo De Lazzari. “Una densità di vita, – ha fra l’altro affermato – una intensità di impegni, una passione durevole, una scelta coerente e irreversibile. Ho trovato delle parole, leggendo il libro, che dicono su questo molto più delle mie. Maurizio Peggio: “Egli non fece mai la guerra con odio per gli uomini, ma soltanto per odio dell’ingiustizia”.

Sono poi intervenuti Fabrizio De Sanctis, presidente Anpi Roma e coordinatore del Lazio, che si è soffermato sul ruolo di Primo De Lazzari nell’attività dell’Anpi nella Capitale, e Elio Matarazzo, che ha lungo riflettuto sull’influenza della famiglia nella formazione del giovane Primo.

Serena D’Arbela ha tratteggiato infine con grande lucidità – ma anche grande affetto – la personalità di Primo, soffermandosi sul suo rigore morale ed intellettuale, ma anche sul Primo “privato”, spesso allegro, altre volte melanconico, comunque ricco di sensibilità e di emozioni. Primo è stato per di più “un infaticabile messaggero di memoria alle giovani generazioni”, ha affermato, descrivendo la sua intensa attività nelle scuole parlando ed ascoltando i ragazzi di oggi.

In un clima attento e per molti tratti commosso, non poteva mancare un piccolo colpo di teatro: Cristina Manzione ha recitato una toccante poesia.

Fra le tante testimonianze tratte dal volume, quella di Francisco Cordoba: “Il velluto dei papaveri mi parla del sacrificio dei partigiani, il loro color fuoco, la loro fragilità, intrisa di onore e dignità, dirompente e imbattibile”.

Dopo alcuni interventi del pubblico, si è conclusa un’iniziativa che “rientra nel tentativo, parziale ovviamente, – ha detto Pagliarulo – di ripianare il debito di riconoscenza che dobbiamo a Primo e a tutti i partigiani. E sappiamo che il modo migliore per ripianare questo debito è, ciascuno a suo modo, con i suoi tempi, i suoi mezzi, le sue scelte, le sue caratteristiche, continuare la lotta per cui si è lui si è battuto per tutta la vita”.