Arrigo Boldrini: fu davvero

guerra di popolo, ma anche …

Quali siano le caratteristiche peculiari della resistenza italiana connesse con lo sviluppo e le lotte democratiche attuali sono ben note. Ne ricorderò solo alcune, non tanto per memoria, ma perché ricche di insegnamenti. Innanzi tutto la stretta connessione fra il fronte combattente partigiano e militare e quello civile ha rappresentato una delle esperienze più singolari della Resistenza italiana. Questa guerra di popolo non può essere sottovalutata né distorta da chiunque voglia oggi impostare in modo moderno la difesa nazionale nelle sue linee fondamentali tenendo conto della somma di esperienze di allora. L’altro momento di estremo interesse è rappresentato dalla connessione fra la lotta armata e le rivendicazioni politiche, economiche e sociali. Quella scelta fu al centro di una vivace polemica nei comitati di liberazione; c’era chi sosteneva che il massimo di unità richiedeva l’esigenza che i lavoratori non portassero avanti le loro rivendicazioni nelle fabbriche e nelle campagne. Ed invece fu proprio questo uno degli indirizzi più originali che servì a dare slancio a tutto il movimento di liberazione sia per gli obiettivi più generali che poneva sia per le conquiste economiche e sociali nei posti di lavoro, pur in un periodo così duro. Infine non possiamo dimenticare la strategia di fondo che ha unito le diverse forze politiche per dirigere e unificare il movimento nelle sue componenti partigiane e militari per distruggere le basi del nazismo e quelle politico-militari della repubblica sociale italiana. Essenziale appunto è che con questa somma di valori e di esperienze si è sempre di più consolidata l’immensa forza rinnovatrice, con una grande tensione ideale e morale, la partecipazione e la combattività delle forze popolari sicché anche negli anni della guerra fredda e della restaurazione capitalistica, quando tutte le speranze della Resistenza sembravano travolte, è stata la lotta che ha permesso alle forze politiche, sindacali, antifasciste e partigiane più conseguenti di mantenere aperto il processo democratico. (…).

La ideologia antifascista non può ridursi ad una posizione morale di ripulsa del fascismo, ma impone un pronunciamento, una critica puntuale sullo stato della democrazia, sui guasti della società italiana, proprio perché antifascismo, democrazia, Costituzione rappresentano i grandi pilastri di uno stato moderno. Ecco perché la strategia dell’antifascismo si deve rinnovare ed arricchire con il contributo autonomo delle forze più vive della società e delle nuove generazioni. *

* Da Patria Indipendente n. 13 del 27 luglio 1975

Arrigo Boldrini

… una battaglia per il lavoro

“Per noi non c’è congedo”

Il nostro appello è per batterci insieme perché non sia compromesso il bene prezioso rappresentato dai grandi princìpi di democrazia e di progresso della nostra Costituzione repubblicana. Princìpi e contenuti che oggi sono quotidianamente a rischio.

Il nostro appello è per batterci insieme in difesa del diritto al lavoro, bene nel quale si sintetizza per larga parte la dignità di vita delle donne e degli uomini. Il fatto che migliaia di posti di lavoro siano oggi in forse costituisce un ulteriore e inaccettabile attentato alla Costituzione della Repubblica.

Il nostro appello è per batterci insieme in nome di quel bene incommensurabile, universale, patrimonio di quanti vivono su questa terra, che è la pace. (…)

Siamo più che mai convinti – contro ogni revisionismo strumentale – che Resistenza e democrazia siano una cosa sola e che la parola Resistenza, se svuotata di quei contenuti di libertà, di lavoro, di pace, sarebbe come un guscio vuoto.

Ma non è un guscio vuoto la Resistenza, non siamo gusci vuoti noi, compagni partigiani, consapevoli – come ha scritto Primo Levi in quella splendida poesia intitolata appunto “Partigia” – che «Per noi non c’è congedo» e che abbiamo ancora un dovere da assolvere. *

* Da Patria Indipendente n. 10 del 17 novembre 2002

Giorgio Amendola

Giorgio Amendola: le responsabilità

del re, la vittoria della Repubblica

La Repubblica italiana è una repubblica antifascista. Il suo carattere antifascista dipende dal modo della sua formazione e delle forze che ne hanno permesso la fondazione.

La Repubblica è la conclusione della lunga lotta antifascista, iniziata nel giorno stesso dell’avvento del fascismo al potere, quando fu la volontà del re Vittorio Emanuele III ad impedire la proclamazione dello stato d’assedio, già deciso dal Consiglio dei Ministri, ed a lasciare libera la strada alle squadre fasciste. Il 28 ottobre 1922 fu stretto un patto scellerato tra monarchia e fascismo. Il 25 luglio 1943, quando il fascismo aveva condotto l’Italia alla guerra, alla sconfitta, all’invasione, alla catastrofe, il re traditore si illuse, con una manovra di sganciamento dell’ultima ora, di separare le sorti della monarchia da quelle del regime. Ma la manovra fallì. Le divisioni tattiche tra le forze antifasciste sulla pregiudiziale repubblicana, non impedirono quella unità della Resistenza che era fondata sull’impegno di riservare alla volontà sovrana del popolo la scelta istituzionale. Con un miracolo di accortezza e senso di responsabilità, le forze raccolte nel CLN seppero mantenere, malgrado le pressioni cui furono sottoposte, l’impegno assunto di portare il popolo italiano alle elezioni della Costituente ed al voto del referendum istituzionale.

Ed il 2 giugno 1946 il popolo scelse la Repubblica. (…)

L’atto di nascita della Repubblica è quindi chiaramente antifascista. Perciò la Costituzione italiana ha una chiara ispirazione antifascista e considera reato ricostituire in Italia, sotto qualsiasi camuffamento, un partito fascista. *

* Da Patria Indipendente n. 9/10 del 27 maggio 1973

Tina Anselmi

Tina Anselmi: l’epopea liberatrice

di tante donne sconosciute

La scelta si poneva in termini drammatici, quelli appunto di un Paese distrutto nelle sue radici morali, sociali ed economiche, da quando un dittatore aveva deciso per tutti. Occorreva incominciare a decidere, ognuno dove era, perché così più non fosse. Non era chiaro allora, almeno per i più giovani, per quale Paese, per quale modello di Stato, per quale ideologia ci si dovesse impegnare: la prima ed essenziale scelta era quella di esserci. E per la prima volta nella storia italiana; anche le donne furono presenti. Presero le armi, nelle formazioni partigiane, furono staffette, rifornirono di viveri i combattenti rifugiati nelle montagne.

Centinaia di esse furono torturate, trucidate e di esse tutti noi conserviamo la memoria. Altre sono ancora in mezzo a noi e portano sul loro corpo i segni della violenza subita.

Ma quante altre, oltre le combattenti, sono state con la Resistenza? Ecco io oggi voglio parlare soprattutto di queste donne, sconosciute, che hanno eretto intorno ai combattenti una difesa, ospitandoli fuggiaschi, nelle loro case senza chiedere nulla, medicando le loro ferite perché i nazi-fascisti mai li prendessero, garantendo la loro sopravvivenza con viveri portati a spalla, in bicicletta, passando i controlli con rischio della vita. Queste donne sono state resistenti senza saperlo, quando hanno difeso le loro case, i loro paesi dalla furia distruttrice, quando hanno impedito che gli impianti delle nostre fabbriche venissero portati in Germania.

Di tutte queste donne non conosciamo il volto, il numero. Ma è certo che questa partecipazione delle donne in massa alla Resistenza ha segnato il loro ingresso nella vita politica e ha dato loro il diritto di rimanervi, dopo la Liberazione, per costruire nella democrazia la nuova Italia. *

* Da Patria Indipendente n. 6/7 del 9 aprile 1978

Mario Argenton

Mario Argenton: verità,

onestà, realtà, solidarietà

Chi ha partecipato alla lotta ricorderà, al pari di me, come fosse nato uno spirito nuovo che fu l’effettivo cemento per cui uomini di diverse provenienze si sentirono uniti non soltanto nella lotta contro il nemico ma anche nell’aspirazione di creare un mondo migliore. Il coraggio della verità, il senso dell’onestà e della lealtà, l’affermazione della personalità e la comprensione umana verso chi soffre erano profondamente sentiti in quei tempi di miseria quando non si lottava per il benessere, ma per un alto ideale di solidarietà umana.

Sono i sentimenti più nobili, che vengono nell’animo nei momenti più drammatici quando tutto diventa estremamente incerto e una forza più grande di ciascuno ci fa sentire soli di fronte alla verità, di fronte all’eternità.

Noi abbiamo provato quei momenti sui monti e abbiamo visto tanti nostri compagni seviziati, fucilati, impiccati per le strade o nei sentieri; li abbiamo visti sereni di fronte alla morte e abbiamo le loro lettere, documento di profondo costume e di civiltà. *

* Da Patria Indipendente n. 6/7 del 20 aprile 1975

Ferruccio Parri

Ferruccio Parri:

una tappa della lotta antifascista

Il 25 aprile non ne è evidentemente il termine. Sulla linea della stessa spinta liberatrice si arriva alla Consulta, ed infine alla Costituzione. Un’analisi dei principi e delle strutture istituzionali adottate ci riporta da lontano alla elaborazione di idee rinnovatrici generate dalla lunga battaglia contro il fascismo.

Questa discendenza dà una sua particolare impronta alla lotta contro il fascismo. Deve dargli cioè non il timbro di un partito, ma il timbro della Costituzione, cioè una impronta nazionale. *

* Da Patria Indipendente n. 6/7 del 20 aprile 1975