Nel 2005 – quando uscì questo articolo – il Senato stava esaminando il disegno di legge 2244, fortemente voluto dalla maggioranza e in particolare da AN, che intendeva attribuire la qualifica di “militari belligeranti” ai militi della Repubblica di Salò. Un tentativo perseguito con pervicace ostinazione di minimizzare la portata della lotta partigiana e di equiparare i combattenti per la libertà con gli ultimi e più feroci epigoni del ventennio fascista. 

Un assalto continuo e costante – che si ripete, in forme diverse, ancora oggi – ai valori della libertà.

 

Vale forse la pena di ripercorrere brevemente l’iter legislativo iniziale della ricorrenza [del 25 aprile]. Possiamo vedere così come questa data abbia subìto, spesso, assalti e ridimensionamenti e come solo la vigilanza stretta di chi, e prima fra tutti l’Anpi, vede nel 25 aprile 1945 la nascita della democrazia in Italia sia riuscito a salvaguardarla.

Nella seduta del Consiglio dei Ministri del 25 aprile 1945 il Presidente del Consiglio Ivanoe Bonomi, nonché Ministro degli Interni e ad interim per l’Africa occupata, rivolge, per la liberazione del Nord, un messaggio alle truppe combattenti.

«Il Consiglio dei Ministri, adunato mentre stanno per crollare gli ultimi resti della dominazione fascista sostenuta dalle baionette tedesche, saluta gli eserciti vittoriosi che hanno varcato il Po e che vibrano l’estremo colpo al nemico in ritirata. Il Consiglio è lieto di constatare che tra le truppe che marciano alla liberazione del territorio nazionale sono le bandiere e gli animi degli italiani che hanno preso spontaneamente il loro posto naturale nel grande campo di battaglia in cui si è trasformato, per follia degli uomini, il mondo civile».

In questo modo l’Italia liberata saluta i suoi liberatori e non soltanto le truppe dell’esercito e gli alleati, ma anche e soprattutto gli uomini della Resistenza italiana.

Ferruccio Parri

Ferruccio Parri, indice, per il 28 agosto 1945, una cerimonia per solennizzare la totale liberazione dell’Italia e tramite fonogramma e telegramma con precedenza assoluta, vengono diramate direttive a tutti i ministeri e le Prefetture del regno affinché tutti gli edifici pubblici vengano imbandierati.

La cerimonia ufficiale, che si svolgerà in Campidoglio alle 18,30 e che è la prima di altre manifestazioni che si terranno nel 1945, è quella che apre il percorso della ricorrenza del 25 aprile come anniversario della Liberazione.

Dedicata alla vittoria, i discorsi ufficiali parlano sia della vittoria degli americani sui giapponesi e quindi la fine della seconda guerra mondiale, sia della liberazione del territorio italiano.

Ad essa sono invitate tutte le rappresentanze delle forze alleate, di tutte le istituzioni pubbliche, di tutti gli ordini cavallereschi. Sono presenti i direttori di tutte le testate giornalistiche romane più importanti. L’invito prevede, data l’ora pomeridiana, abito da passeggio.

Un anno dopo, Giorgio Amendola, su sollecitazione soprattutto dell’Anpi, ma anche di personaggi quali Giuseppe Di Vittorio, propone al primo ministro De Gasperi di scegliere la giornata del 25 aprile per ricordare non la fine della guerra ma l’insurrezione generale proclamata dal CLN del Nord per liberare definitivamente l’Italia dagli invasori ma anche dal fascismo. Data carica di significato per la storia dell’Italia soprattutto se si pensa che le altre nazioni europee hanno scelto come giorno simbolo della fine della seconda guerra mondiale l’8 maggio ’45, giornata della resa delle forze tedesche.

Il Decreto legislativo luogotenenziale 22 aprile 1946 n.185 così recita all’art. 1: «A celebrazione della totale liberazione del territorio italiano, il 25 aprile 1946 è dichiarato Festa Nazionale». Nell’articolo uno si parla espressamente di “Anniversario della Liberazione” e di “Festa Nazionale”.

L’anno successivo nella seduta dell’11 aprile 1947 del Consiglio dei Ministri, su proposta della presidenza, viene presentato uno schema legislativo «…con dichiarazione di massima urgenza e con integrazione nel senso di dichiarare Festa Nazionale il 25 aprile 1947 secondo anniversario della totale liberazione del territorio Nazionale».

La disposizione festiva viene ratificata, dal Capo provvisorio dello Stato Enrico De Nicola, con Decreto legislativo del 12 aprile 1947, n. 208 che nell’art. 1 prevede: «…a celebrazione del secondo anniversario della totale liberazione del territorio italiano, il 25 aprile 1947 è dichiarato Festa Nazionale ».

Anche per il 1948 con il Decreto Legge n. 322 del 20 aprile 1948 «A celebrazione del terzo anniversario della totale liberazione del territorio italiano il 25 aprile 1948 è dichiarato Festa Nazionale». È l’ultima volta che il 25 aprile viene proclamato giorno di Festa Nazionale.

Alcide De Gasperi

Nella seduta del Senato della Repubblica 17 settembre 1948 su proposta del Presidente del Consiglio dei ministri Alcide De Gasperi, in concerto con i Ministri del Tesoro Giuseppe Pella, del Lavoro e della previdenza sociale Amintore Fanfani, viene presentato in Senato il disegno di legge n. 75 che serve a «stabilire il nuovo elenco delle ricorrenze festive». L’inserimento del 25 aprile tra le solennità civili e non più, così com’era successo per gli anni precedenti, tra le festività nazionali diventa il punto dolente sia nel dibattito parlamentare che nelle reazioni degli ex partigiani che vedono in questo il tentativo di diminuire il valore della Resistenza. Ma da questo momento solo il 2 giugno avrà l’appellativo di Festa Nazionale.

Nella riunione del 22 settembre 1948 della I Commissione (Affari della Presidenza del Consiglio e dell’Interno) del Senato della Repubblica, l’onorevole Piero Montagnani, senatore per il Pci nella circoscrizione di Milano, afferma di «…concordare con il progetto del governo circa il mantenimento della distinzione tra feste nazionali, giorni festivi a tutti gli effetti civili e solennità civili. Ritiene tuttavia che sarebbe opportuno includere il 25 aprile (anniversario della liberazione) non già tra le solennità civili, bensì tra le feste nazionali, essendo, quella del 25 aprile 1945, una data che ha condizionato e creato i presupposti di tutto il successivo evolversi della vita democratica italiana».

E sempre Piero Montagnani nella riunione del 30 settembre della stessa commissione ritorna sul problema ed osserva che «…l’art. 1 del disegno di legge prevede due feste nazionali e, precisamente, il 4 novembre, anniversario della vittoria della guerra 1915-1918 e il 2 giugno, festa della Repubblica. In linea di principio gli sembrerebbe più opportuno, così come avviene in altri Paesi, che la Festa Nazionale fosse una sola, e che per l’Italia si celebrasse il 2 giugno.

In linea subordinata e qualora si volesse accedere al principio della pluralità delle feste nazionali, riterrebbe indispensabile includervi anche il 25 aprile, anniversario della liberazione, poiché questo giorno rappresenta il punto di arrivo della ultraventennale lotta del popolo italiano contro la dittatura fascista ed al tempo stesso il punto di partenza di tutta la successiva storia d’Italia, che ha reso possibile l’evento del 2 giugno. D’altra parte l’inserire il 25 aprile nella categoria dei giorni festivi a tutti gli effetti civili, potrebbe assumere l’aspetto di una diminuzione dell’importanza di tale ricorrenza, in quanto per gli anni 1946 e 1947 fu dichiarata Festa Nazionale».

Il primo ottobre 1948, il disegno di legge, dopo essere stato approvato dalla prima commissione permanente del Senato, viene presentato alla Camera dei Deputati dove si approva il disegno di legge n. 132 discusso il 6 aprile, il 4 e 25 maggio.

In quest’ultima discussione il 25 aprile oltre che essere inserito tra i giorni festivi, viene ancora ricordato come anniversario della nascita di Guglielmo Marconi.

Va ricordato per inciso che, in occasione del 25 aprile 1955, Erminio Martini, ministro della pubblica istruzione, invita ancora gli insegnanti a ricordare il genetliaco di Guglielmo Marconi.

Finalmente la legge 27 maggio 1949 n. 260 mette ordine.

L’unica Festa Nazionale è quella del 2 giugno mentre il 25 aprile viene inserito tra i giorni festivi con obbligo (art. 4) da parte delle autorità competenti dell’imbandieramento degli edifici pubblici.

È un segnale preciso degli equilibri che all’indomani delle elezioni politiche del 1948 si sono strutturati tra le forze politiche. La sinistra, messa ormai all’opposizione, si deve accontentare, anche sul piano della commemorazione, dello spazio angusto di una festività civile.

In occasione del decennale viene promulgata la legge n. 402 del 3 maggio 1956 che prevede lo stanziamento di fondi a favore del Ministero della Pubblica Istruzione per la pubblicazione di un volume sulla resistenza e di un opuscolo, pure sulla resistenza, da distribuire nelle scuole e per la concessione per cinque anni di borse di studio a favore degli orfani dei caduti in guerra e nella lotta di liberazione. Questo nonostante la circolare del ministro Ermini.

Come si vede il percorso della ricorrenza del 25 aprile è stato sempre irto di difficoltà, (…) ed ha subìto attacchi al suo significato più vero e profondo.

(da Patria Indipendente n. 3 del 31 marzo 2005)