Federica Angeli (da http://js.agora24.it/wp-content/uploads/2016/12/federica-angeli.jpg)

Lido di Ostia, una sorta di paesone – ma è Comune di Roma – più o meno dominato, dicono, da famiglie di storia mafiosa e criminale. Il Municipio è commissariato da tempo. C’è il lungomare, preda della speculazione, ribattezzato per la circostanza il lungomuro. I tentacoli criminali da tempo hanno afferrato anche la spiaggia, “beach”, appunto, rifugio dei romani (e non solo) accaldati dalla canicola della Capitale. Quest’estate le squadracce di CasaPound, per la circostanza denominate ronde, hanno provveduto a cacciare i venditori ambulanti. Poi la campagna elettorale, il sostegno di Roberto Spada ai neofascisti, il voto. Nei giorni scorsi l’aggressione  alla troupe di “Nemo”. A seguito, sabato 11 novembre, la manifestazione contro la violenza e le mafie promossa dalle associazioni civiche del borgo romano, con l’adesione del Comune di Roma e dell’Anpi. All’iniziativa ha partecipato la sindaca di Roma Virginia Raggi, Emilio Ricci a nome dell’Anpi nazionale e Fabrizio De Sanctis a nome dell’Anpi provinciale di Roma, di cui è presidente. Giovedì 16 novembre, sempre ad Ostia, in piazza Anco Marzio, nuova iniziativa, questa volta promossa dalla Federazione Nazionale della Stampa Italiana e da Libera. Aderisce ancora l’Anpi che partecipa con Carla Nespolo, presidente nazionale, Andrea Liparoto, responsabile della comunicazione Anpi, Gianfranco Pagliarulo, direttore di Patria Indipendente.

Intanto c’è chi ad Ostia vive e da tempo combatte, con le armi dell’informazione, criminalità, mafia e violenza, pagandone il prezzo. È una giornalista, si chiama Federica Angeli.

 

Non le chiedete se c’è la mafia a Ostia. Perché con la soffocante presenza della mafia sul litorale romano Federica Angeli, giornalista di Repubblica, ci fa i conti da anni. Vive sotto scorta dal luglio del 2013, in seguito alle minacce ricevute per aver testimoniato su uno scontro a fuoco sotto le finestre di casa sua che vedeva coinvolti personaggi di spicco della criminalità locale. È andata dai carabinieri e ha raccontato quello che aveva visto. Qui, in questa striscia di Roma adagiata sul mare, denunciare e testimoniare è atto di straordinario coraggio. E altamente pericoloso. Sufficiente per finire nel mirino dell’antistato. Ancora prima le inchieste della cronista sul racket degli stabilimenti balneari le erano costate pesanti intimidazioni. A lei e alla sua famiglia.

Non chiedetele se c’è la mafia ad Ostia, perché Federica Angeli vi risponderà che c’è, eccome. E pure se non parla siciliano, non usa lupare o coppole, questa mafia autoctona permea di sé il territorio e inquina le istituzioni. Il 5 novembre nel X Municipio capitolino – sciolto due anni fa per infiltrazioni mafiose – CasaPound ha superato il 9 per cento: il 19 novembre ci sarà il ballottaggio tra la candidata grillina e quella del centrodestra e quei voti fanno gola. Anche se nessuno a parole li vuole. Tanto più ora, dopo l’arresto di Roberto Spada, fratello del capoclan Carmine, che ha mollato una testata al giornalista Rai, Daniele Piervincenzi, colpevole di essersi presentato davanti alla palestra di Spada a Nuova Ostia per chiedergli dei suoi legami con i cosiddetti fascisti del terzo millennio. Il gip che ha convalidato l’arresto nell’ordinanza di custodia cautelare in carcere emessa ha riconosciuto l’aggravante del metodo mafioso.

«Ostia è diventata come Corleone e Scampia, territorio dei clan», dice Saviano. È così davvero?

Il clima e l’aria che si respira è esattamente quello. Su Facebook, dopo la mia denuncia, ho ricevuto insulti e minacce di ogni tipo. In un commento c’era scritto: “Hai voluto la notorietà, ma la notorietà ha un prezzo. Che lo spettacolo abbia inizio”, ed erano citati i nomi dei miei figli. E non era la prima volta che se la prendevano con loro. Un giorno Carmine Spada si è presentato sotto casa mia e ha fatto il segno della croce ai miei bambini. Qui la gente ha paura. Danno fuoco ai negozi, se non ti pieghi al loro volere te la fanno pagare. Non c’è nulla di diverso da Scampia, solo parlano romano. Per la magistratura giudicante di Roma il 416 bis – come ci racconta la sentenza di primo grado su Mafia capitale (ma ancora prima era accaduto con la Banda della Magliana, ndr) – viene riconosciuto solo se si parla un accento del sud. Ma non c’è bisogno di sentenze passate in giudicato per vedere il racket, l’usura, gli affari sporchi.

Aprile 2016: il Corriere della sera titola: “Mafia a Ostia, guerra tra clan Colpo agli Spada: dieci arresti” (da http://images2.roma.corriereobjects.it/ methode_image/2016/04/12/Roma/Foto%20Roma%20- %20Trattate/5001308-U430405527677778wH- U43170660458698zmG-1224×916@Corriere-Web- Roma-593×443.jpg)

La testata di Roberto Spada a un giornalista, e davanti alle telecamere, rappresenta un salto di qualità della criminalità organizzata? Il segno, comunque, di una impunità, della riaffermazione che in quel territorio chi comanda sono loro?

Quello è il modo in cui questa gente va avanti su quel territorio, quando non è un colpo di pistola, o una tanica di benzina davanti la porta di casa per avvertirti. Non c’è stata un’escalation, quella è la normalità a Ostia. Io ho colto due significati nella testata al collega di “Nemo”: la prima è l’idea dell’impunità che hanno costoro. Aggredire una persona davanti ad una telecamera accesa dà proprio la misura di come non abbiano timore delle conseguenze. L’altra cosa che registro è tuttavia una debolezza di questi personaggi rispetto al fatto che sono ormai troppo esposti ai riflettori.

«Roberto Spada non è un esponente di CasaPound. Con lui non condividiamo nulla, se non una sua presenza ad una festa per bambini in piazza 18 mesi fa. Non rispondiamo certo delle sue azioni e la violenza è sempre deprecabile» ha detto Simone Di Stefano prendendo le distanze dall’aggressione agli inviati di “Nemo”. Le sue argomentazioni ti sembrano convincenti?

L’alibi di chi dice, come fa Di Stefano, “in fondo Spada è incensurato, in fondo ha partecipato ad una festa”, è una scusa infantile. Sui manifesti di CasaPound che hanno tappezzato Ostia c’erano l’uno accanto all’altro il logo della palestra della moglie di Spada e la tartaruga di CasaPound. Era un segnale, era un messaggio. Se organizzi una festa come CasaPound e metti il tuo simbolo vicino a quello di Spada, stai dicendo alla gente che quelli sono i tuoi referenti sul territorio. La seconda cosa importante da sottolineare è che non ci si può trincerare dietro il fatto che Roberto Spada fosse incensurato, perché dalle ordinanze risulta essere il reggente dell’omonimo clan. Se una cosa così la so io che sono giornalista e so riconoscere se una persona è estranea al clan o meno – perché, attenzione, non tutti quelli che portano il cognome Spada sono affiliati al clan – a maggior ragione aveva l’obbligo di saperla il candidato di CasaPound, Luca Marsella.

Un’immagine del lungomare di Ostia, ribattezzato da alcuni “il lungomuro” (da https://2i6kb72qca2z2iuxn42vec1h-wpengine.netdna-ssl.com/wp-content/uploads/2016/06/DSC_0049-360×240.jpg)

Marsella non è il primo e il solo esponente della destra neofascista ad avere rapporti con Spada. Queste relazioni pericolose vengono da lontano. E c’è da pensare che abbiano portato benefici agli uni come agli altri.

Nel 2012 l’allora leader di CasaPound Ferdinando Colloca (che quest’anno è stato condannato in primo grado per corruzione con l’aggravante del metodo mafioso) aveva costituito una società con Armando Spada per togliere un lido balneare, l’Orsa Maggiore, al concessionario che l’aveva ottenuta regolarmente, il tutto con la complicità di un dirigente municipale. Quello che ha portato oggi questo sodalizio sono i voti. E tanti. Nel seggio di Ostia in cui votano gli Spada – ad Ostia Nuova – CasaPound ha preso il 18 per cento. Vuol dire che l’endorsement pubblico che ha fatto Roberto Spada per Marsella nei giorni precedenti le elezioni ha avuto il suo coronamento nelle urne.

L’affermazione di CasaPound è un dato preoccupante. Non credi sia troppo consolatorio però ascriverlo solo alle frequentazioni di Marsella e camerati e che la pericolosità dell’estrema destra sia anche nella sua capacità di costruire consenso sociale?

Assolutamente sì. Ci sono dei rapporti delle nostre intelligence che analizzano i fenomeni della destra e hanno notato da tempo come vi sia stata una virata dell’estrema destra verso il sociale. Le occupazioni delle case, la distribuzione dei viveri ai poveri ne sono gli esempi più eclatanti. Questo spostamento di linea è potuto avanzare perché negli atteggiamenti della sinistra c’è stato un po’ il mollare la presa. Io giro le periferie di Roma e posso dire che la sinistra nei quartieri degradati, nelle zone dove il disagio sociale è forte e drammatico, non è più percepita come il soggetto del cambiamento e del riscatto. CasaPound è andata ad occupare questo vuoto ed oggi la destra, l’estrema destra, è vista come la forza cui appoggiarsi nella disperazione e nel deserto dello stato sociale. E naturalmente lo fa soffiando sul fuoco dell’intolleranza e del razzismo.

Per risalire questa china?

C’è una sola cosa da fare: la sinistra deve scendere dal palcoscenico della politica politicante e tornare ad essere una cosa vera, a parlare con la gente, abbandonando una volta per tutte le discussioni sterili e i tatticismi che non portano da nessuna parte.

Subito dopo l’arresto di Spada i social sono stati inondati da messaggi di solidarietà non al picchiato, come ci si aspetterebbe, ma al picchiatore. La violenza è il convitato di pietra della Rete?

I social sono una piazza importante per l’ostentazione del potere di questi clan, che utilizzano Facebook per sia per autopromuoversi che per mandare messaggi trasversali. Sicuramente fa meno male di una testata ma fa comunque impressione vedere 1000 like a un post di Spada.

Il giornalista Enrico Mentana con Simone Di Stefano, segretario di CasaPound (da http://www.secoloditalia.it/files/2017/09/cp-mentana-670×274.jpg)

Alla sede nazionale di CasaPound, a Roma, hanno bussato in queste settimane volti noti del giornalismo. Mentana e Formigli, per dire, non hanno certo lesinato i complimenti al partito di Iannone e Di Stefano. Lo sdoganamento dell’estrema destra – quella dei pugni e delle cinghiate – passa pure per i media?

Io sono d’accordo che si faccia informazione su questi movimenti. Bisogna far vedere la realtà, che comunque si muove a prescindere dal fatto che la raccontiamo o meno. La responsabilità è di chi politicamente non si oppone alle pratiche e all’agire dell’estrema destra, non certo giornalistica.

Tra pochi giorni Ostia va al ballottaggio. Non trovi singolare che il tema della mafia e della criminalità sia stato quasi espunto dalla competizione elettorale? Si è parlato più della viabilità e delle buche che del malaffare.

I Cinque stelle hanno scritto un dossier su di me, denunciandomi come collusa con i mafiosi di Ostia. È stato un assist incredibile al clan Spada. Per quel che riguarda la destra gli scandali sono avvenuti nella giunta di destra che ha preceduto quella del Pd. L’attuale candidata presidente faceva parte di quella giunta. Evidentemente non si era accorta del cancro che corrodeva l’amministrazione. La verità è che rompere gli schemi a Ostia è difficilissimo. Nessun potere ha interesse a che cambi veramente quel territorio. All’ombra del lungo muro che hanno eretto da 40 anni e che blocca il libero accesso al mare, i balneari del Lido di Roma possono gestire i loro affari. Sono diventati i padroni del mare. Non è criminalità organizzata, certo, ma è violare i diritti dei cittadini, è privatizzare, di fatto, la cosa pubblica.

Che vuol dire vivere sotto scorta?

Vuol dire rinunciare alla propria libertà di movimento. Vuol dire spiegare ai propri figli perché la mamma non può uscire senza prima aver avvisato la scorta. Vuol dire vincere ogni giorno la paura. Una cosa la voglio dire: hanno condizionato la mia libertà di muovermi, non certo la mia libertà di pensare, di sognare che tutto questo un giorno finirà.