messaggero-usticaSenza il bisogno di verità dei familiari delle vittime, rischiava di restare una strage invisibile. A 36 anni dalla sera del 27 giugno 1980, sulla strage di Ustica, sulla morte di 81 persone, di cui 13 bambini, a bordo dell’aereo civile DC 9 Itavia inabissatosi nel mar Tirreno, l’Associazione dei Parenti con la Presidente, Daria Bonfietti, chiede di «concludere il cammino verso la verità».

Perché, frutto di lotte dolorose, alcune certezze si sono fatte strada e la vicenda giudiziaria ha messo dei punti fermi. E in questo anniversario, il nuovo appello dei familiari delle vittime è rivolto soprattutto al Governo, per un doppio impegno, e agli storici.

«Le bugie inghiottirono la verità, proprio come l’aereo era sprofondato in fondo al mare – prosegue la Presidente dei familiari delle vittime –. Un cedimento strutturale, si disse, la tragica ovvietà che gli aerei cadono. E il dolore dei parenti fu avvolto da un colpevole silenzio. Poi le voci di pochi e l’impegno dell’Associazione svegliarono le coscienze, seguì una grande mobilitazione dal basso, pur tra difficoltà di ogni tipo, anche le indagini della Magistratura presero finalmente vigore».

Il giudice Rosario Priore
Il giudice Rosario Priore

Come stabilì nel 1999 la sentenza del giudice Rosario Priore, l’aereo di vacanzieri partito da Bologna e diretto a Palermo fu abbattuto per un atto di guerra, “una guerra di fatto, non dichiarata”: «Nel 2007 il Presidente emerito della Repubblica, Francesco Cossiga, ha esplicitamente parlato di responsabilità dei francesi per un loro attacco non riuscito a Gheddafi e questa affermazione ha fatto formalmente riaprire le indagini».

Presumibilmente, purtroppo, neppure i giudici della Procura di Roma, ai quali è affidata l’ennesima indagine, riusciranno a chiarire l’esatta dinamica di quanto accadde nei nostri cieli tra Ustica e Ponza, e a dare un nome alla nazione, ai piloti, ai caccia coinvolti. Documenti e materiali non ci sono più. Di tutto ciò sono ben consapevoli quanti persero i loro cari. «Dopo le distruzioni operate dai militari in Italia, gli elementi definitivi ci possono venire soltanto dalla collaborazione internazionale – spiega la Presidente Bonfietti –. Ribadiamo dunque che questo deve essere il grande impegno del nostro Governo».

I resti del DC 9 assemblati nell’hangar di Pratica di Mare (http://wwwra.ansa.it/webimages/img_457x/2015/4/8/7f8e4f20af23c15cf88e1e1c4cd627e7.jpg)
I resti del DC 9 assemblati nell’hangar di Pratica di Mare (http://wwwra.ansa.it/webimages/img_457x/2015/4/8/7f8e4f20af23c15cf88e1e1c4cd627e7.jpg)

Ma in questi tre decenni, le ambiguità, le omissioni, le “persistenti opacità” che avvolsero i fatti di cui ha parlato in occasione della ricorrenza il Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, non hanno colpito solo i parenti dei morti. Sparizioni di fascicoli, depistaggi, occultamenti, decessi sospetti di eventuali testimoni, hanno fatto di Ustica uno dei più grandi misteri nella storia dell’Italia repubblicana, un intrigo internazionale e una profonda ferita nella democrazia italiana. I troppi segreti di Stato hanno incrinato la fiducia dei cittadini nelle istituzioni.

«La vicenda deve essere inserita nella storia complessiva del nostro Paese e dunque l’impegno deve passare agli storici – insiste Bonfietti –. Una ricerca adeguata della verità non può limitarsi alle inchieste giornalistiche, non può accontentarsi degli esiti giudiziari e nemmeno delle ricostruzioni delle Associazioni delle vittime».

È la storia italiana a doversi misurare con gli eventi accaduti a Ustica. Nell’edizione di quest’anno della rassegna “Il Giardino della Memoria”, tra le molteplici iniziative e gli spettacoli promossi fino al 10 agosto, si terrà il convegno “Il bisogno di verità, la Direttiva Renzi”.

Il provvedimento che nel 2014 obbligò i ministeri e tutte le amministrazioni dello Stato a declassificare e a rendere pubblici i dossier relativi agli anni della strategia della tensione, era stato fortemente voluto dalle associazioni che riuniscono i familiari delle vittime, anche di Ustica. E molte erano le attese. Denuncia Daria Bonfietti, pur prendendo le distanze da ogni polemica: «Ad oggi emerge drammaticamente che la stragrande maggioranza dei carteggi versati fa riferimento ad indagini successive agli eventi e non a documentazione prodotta nel periodo stesso di interesse». Inoltre a declassificare i documenti sono le stesse amministrazioni. Più volte studiosi e associazioni dei parenti delle vittime hanno lamentato la macchinosità e i differenti criteri adottati dai vari ministeri nel versamento agli archivi di Stato dei documenti desecretati. Materiali che riguardano uno dei periodi più cupi della storia italiana, la lunga stagione stragista ripetuta a Piazza Fontana a Milano (1969), Gioia Tauro (1970), Peteano (1972), alla Questura di Milano (1973), in Piazza della Loggia a Brescia (1974), sull’Italicus (1974), a Ustica e alla stazione di Bologna nel giro di una manciata di settimane dell’estate 1980, fino alla strage di Natale del Rapido 904 (1984).

Per la prima volta, a Bologna, con il convegno “Il bisogno di verità” realizzato in collaborazione con “l’Istituto per la Storia e le Memorie del ’900 – Parri Emilia-Romagna”, depositario dell’Archivio dell’Associazione dei Parenti si è creata un’occasione di incontro. Presidenza del Consiglio (presente il sottosegretario Claudio De Vincenti), archivisti, storici, familiari delle vittime potranno confrontarsi. 

Daria Bonfietti, presidente dell'Associazione Parenti delle Vittime della strage di Ustica, (da http://letteradonna.it/wp-content/blogs.dir/3037/files/2016/06/Daria-Bonfietti1-600x450.jpg)
Daria Bonfietti, presidente dell’Associazione Parenti delle Vittime della strage di Ustica, (da http://letteradonna.it/wp-content/blogs.dir/3037/files/2016/06/Daria-Bonfietti1-600×450.jpg)

«Per diventare protagonista, come dovuto, la Storia deve poter contare sulla disponibilità completa delle fonti – afferma Daria Bonfietti –. Vogliamo partire dalle intenzioni del Governo che può esplicitare le sue “finalità”, gli strumenti che si è dato, le indicazioni che ha fatto pervenire alle Amministrazioni».

La morte di 81 persone a bordo di un aereo civile riguarda tutti. Il relitto del DC9 Itavia recuperato a 3.700 metri di profondità e conservato a Bologna, nel museo per la Memoria di Ustica, è un monito all’intera collettività, sui rischi che corre uno Stato democratico quando imbocca il sentiero tortuoso e nebuloso del segreto, invece della via maestra di verità e giustizia.