Wladimiro

C’è sempre un irripetibile stupore davanti alla scomparsa di una persona che conosci, che semmai hai visto qualche giorno o qualche ora prima o comunque ce l’hai davanti agli occhi o al cervello o alle emozioni. Lo stupore davanti all’idea che quella persona lì, proprio lei, non c’è più. Prima esisteva, ora non esiste.

Wladimiro Settimelli è stato a lungo il direttore di Patria, quando il periodico era cartaceo. Dal giugno 2005 all’aprile 2015. Poi, da settembre, Patria si è “trasferita” sul web. Wladimiro è scomparso nella notte fra il 27 e il 28 novembre a 83 anni, dopo una vita da giornalista. Una vita spericolata, in gran parte dedicata a l’Unità, il quotidiano che ha accompagnato diverse generazioni trasmettendo loro, in tanti casi, il fascino del punto di vista critico, la ricchezza delle inchieste, il coraggio dei reportage. Wladi era un fior di professionista, e perciò, in qualche situazione e in tempi pesantissimi, minacciato dai brigastisti, costretto a girare armato di rivoltella, ma sempre dotato di altre due armi ben più efficaci: la leggerezza e l’ironia. Viveva così il suo lavoro e le sue passioni, l’Islam, la fotografia, la scrittura.

Nato a Lastra a Signa, in provincia di Firenze, figlio di un antifascista condannato al confino, respirò antifascismo da quando venne al mondo, fu giovanissimo partigiano, insignito della “Medaglia della Liberazione”, e antifascista rimase per sempre. Era un maestro in senso etimologico, da magis, major, e poi magister, insomma il più grande, il maggiore. E perciò, volente o nolente, insegnava. Certo, a scrivere; certo, a fotografare; certo, a studiare; ma anche ad affrontare le situazioni, gli eventi, con una forza speciale, una forza tranquilla. Era cortese, allegro, riservato; ma anche colto, ricco di esperienza e di contagiosa vitalità. E poi – o forse prima? – era un compagno.

Ed ecco lo stupore. Wladi non c’è più, anche se rimane nella memoria, nella catasta di libri e fotografie e ritagli di giornale che mi circondano nel suo ufficio, nelle annate rilegate di Patria, nelle parole di coloro che lo hanno conosciuto e frequentato per anni e anni, nel saluto di tanti amici e compagni e colleghi durante i funerali a Palazzo Rospigliosi a Zagarolo, nelle lacrime trattenute o non trattenute. Di tante e tanti. Anche dell’Anpi, della sua Presidenza e della Segreteria nazionale: “L’Anpi piange la scomparsa di Wladimiro Settimelli, amato e stimato Direttore di Patria indipendente dal 2005 al 2015. La sua grande professionalità, il suo sapere infinito, il suo autentico e prezioso antifascismo resteranno nel cuore di tutti noi. Ciao caro Wladimiro e grazie per esserci stato”.

A Wladimiro Settimelli dedichiamo questo editoriale, che è la voce dell’Anpi nazionale e la voce di Patria indipendente.

Gianfranco Pagliarulo

Tornerai e ti verrò a cercare

Andrea Liparoto, responsabile nazionale della comunicazione Anpi (dal suo profilo facebook)

Non verrò a salutarti Wladi. Di funerali ne ho piene la memoria e l’angoscia. E poi, mi avresti preferito qui, sono sicuro, al mio posto di “comando” comunicativo. A provare a diffondere un sano antifascismo. Però. Qualcosina devo dirla. Era la fine del 2007. Il mio primo incarico è stato proprio nella redazione di Patria, per dare una mano. Poi la mano me l’hai data tu. Sì, un po’ di mestiere c’era già, ma la sua visione pulita, quella del mettersi dalla parte della storia e non di quello che si ha da commentare su di lei è stato un colpo che mi hai dato. Nelle cose che scribacchio poi non sempre riesco, ma come giro pagina ti vedo lì a fissarmi. Sinceramente, non da rompicoglioni sul piedistallo. Da professionista. Poi, come illuminavi il secondo piano di via degli Scipioni rimane decisamente negli annali di questa Associazione. I racconti in audiovisione, il tono che arrivava oltre qualsiasi confine, le foto della realtà, quella più stronza, nascosta, miserabile, potente. Poi, la tenerezza, l’affetto di quando mi sei stato vicino, al tuo modo, in partecipe punta di piedi, nel dannato periodo in cui ho avuto quell’uno-due di 10 mesi, mia madre e mio fratello volati via. Poi la tua malattia, il mio non esserci stato, l’Anpi incombente, e magari la vigliaccheria di non volerti sapere in quelle condizioni. Le botte dell’incomprensibilità e dell’inaccettazione della fine fanno di questi scherzi.

Oggi.

Tornerai e ti verrò a cercare.

Eh.

Tornerò a leggerti e ad incazzarmi.

Dunque, ci sarai.

Dunque, dove sei finito non lo so e non mi va di saperlo.

Qui c’è un posto infinito.

Come al solito. Come al solito dolore.

Tutti in fila nei sogni e nel mistero.

Ciao Wladi.

Ti ho voluto un gran bene

Wladimiro nel 2016 è stato insignito dal Ministero della Difesa della “Medaglia della Liberazione”, simbolo di gratitudine verso tutte le partigiane e i partigiani viventi, in occasione del 70° della Liberazione (da https://www.ilmamilio.it/c/comuni/3859-e-scomparso-wladimiro-settimelli-il-cordoglio-del-comune-di-zagarolo.html)

Colleghi de l’Unità

Maestro inarrivabile di scrittura

Pietro Spataro (sul suo profilo facebook)

È morto stanotte, nella sua casa di Zagarolo, Wladimiro Settimelli, una delle colonne portanti de l’Unità. Wladimiro è stato un grande giornalista, inviato di punta ha raccontato i più grandi fatti di cronaca, dall’alluvione di Firenze al terremoto dell’Irpinia. Fotografo e appassionato di fotografia è stato un cultore delle immagini e ha conservato nel suo archivio privato scatti importanti della storia d’Italia. Wladimiro era una bellissima persona. Per chi, come me, è arrivato a l’Unità alla fine degli anni settanta fu un maestro inarrivabile di scrittura. Ma era soprattutto, con quel suo grande sorriso e quella sua leggerezza, uno straordinario compagno di viaggio in quella straordinaria comunità che è stata l’Unità. Un abbraccio ai familiari. Ciao, Wlad.

Si rideva sino alle lacrime

Vincenzo Vasile (sul suo profilo facebook)

Ciao Wladimiro, quella sera all’Eur sotto al Fungo ridemmo fino alle lacrime dopo l’intervista più pazza, l’unica – per te maestro e per me discepolo che forse prometteva – a quattro mani, con uno che entrava e usciva dalla stanza con gli occhi sempre più lucidi, e ci parlava a macchinetta nella notte per quattr’ore di banchieri di papi di mafiosi di piduisti di borse sparite ma non troppo e di cardinali e di donne, quattr’ore con il divieto di registrare, le mani doloranti per gli impossibili appunti, la cena in villa con sei o sette intestatari di mandati di cattura, condanne e chissà che sulle coscienze. L’ha impiccato lui a Londra sotto il ponte? Chi ricatta, e perché? Che ci facciamo noi qui… senza parlarci l’indomani scrivemmo metà e metà, quattordici cartelle sette tu e sette io, e non c’era – magicamente – una ripetizione. Poi ricordo quella volta che ti intervistai per la Tv sull’Anselmi, la P2 e corteggiavi l’autrice, Vladi non ti distrarre, va bene Vincenzino che mi chiedevi, dov’eravamo rimasti? Eravamo rimasti che: c’è l’hai ancora il camper parcheggiato a Zagarolo, e adesso bado all’Anpi, e metto a posto le fotografie, con quell’astuta leggerezza, quei profondi sorrisi, che non sei riuscito a insegnarci perché si può regalare tutto, ma non la passione e la vita. Si rideva sino alle lacrime con te e con Mauro, ora mi sono rimaste le lacrime

Armato di pistola

Michele Anselmi (da www.alganews.it)

“(…) Volevo bene a Wladimiro: perché sapeva giocare con la vita anche quando la vita gli dava ferocemente contro; perché possedeva quel piglio toscanaccio che gli permetteva di sfotticchiare allegramente un po’ tutti a l’Unità; perché scriveva benissimo: reportage, cronache e commenti; perché professava, militando nell’Anpi, un antifascismo coerente ma non acritico; perché sfoderava un garbo speciale con le donne.

Ricordo quei fetidi “anni di piombo” durante i quali ogni giorno veniva alla redazione di via dei Taurini, guidando la sua elegante Citroën Diesse, armato di pistola, per difendersi in caso di agguato brigatista. Era finito nel mirino dei terroristi rossi come altri colleghi del giornale: Nino Ferrero, Sergio Criscuoli, Giovanni Fasanella… Non gli piaceva, s’intende, ma doveva farlo. E lo fece senza tanto lamentarsi. Aveva una famiglia di cui occuparsi e tante cose ancora da scrivere e fotografare”.

Un gatto sorridente

Roberto Roscani (da www.strisciarossa.it)

(…) Wladimiro Settimelli si muoveva nella redazione de l’Unità come un gatto sorridente, felpato, sempre a suo agio, con le sue scarpe scamosciate e i suoi maglioni a coste larghe, con la sigaretta in bocca (allora si poteva). Scriveva velocemente con una prosa pungente e attenta, chiacchierava con piacere delle cose che lo appassionavano di più: la fotografia, l’islamismo, la storia, quel giornale in cui era entrato giovanissimo e di cui conosceva vizi e virtù. Dai vecchi della redazione era considerato quasi un ragazzaccio, dai più giovani uno zio di quelli da cui c’è da imparare anche per questo suo modo così rilassato di raccontare. Ma il suo essere rilassato non era certo disincanto, ché lui di passioni e di arrabbiature ne aveva da vendere. L’ultima (quasi una medaglia da appuntarsi sul petto) era stata la denuncia per diffamazione che gli era arrivata dal boia nazista Priebke per gli articoli che aveva scritto durante il suo processo. Lui il pianificatore e l’esecutore delle Fosse Ardeatine voleva 100 milioni da l’Unità e da Settimelli perché quegli articoli erano ingiuriosi. Roba da non credere.

Talento e giacca comoda

 Jolanda Bufalini (suo commento al post di Pietro Spataro che annunciava la scomparsa di Wladimiro)

Wladimiro portava il suo talento come una giacca comoda. Non con modestia non con arroganza semplicemente in quel modo come si porta qualcosa di caldo che dà piacere in una giornata di tramontana come queste che se lo sono portato via. Un abbraccio forte a tutti coloro che ne sentiranno la mancanza.