Al di là delle scelte politiche e militari che si stanno compiendo proprio in questi giorni, ci sono due modi per vivere l’infinita tragedia di Parigi, l’ultimo – per ora – di una serie di massacri compiuti in tutto il mondo dai paranoici militanti del Dāʿish.

Un modo è rappresentato da un episodio avvenuto a Wembley il 17 novembre. È in programma la partita di calcio Inghilterra-Francia. Prima del fischio di inizio, l’intero stadio canta la Marsigliese mentre i giocatori delle due squadre si abbracciano. Il simbolo – come ha giustamente scritto Beppe Severgnini sul Corriere – di un’Europa che esiste e resiste. Ed anche – è ragionevole aggiungere – una gemma di solidale umanità, la parte migliore del vecchio continente, che continua ad ardere a dispetto della crisi, del degrado, degli affari globali, dell’austerità, delle triangolazioni nella vendita di armi, delle guerre ed in primo luogo del nichilismo stragista del sedicente stato islamico. Quella gemma che aveva già brillato qualche mese fa, davanti alle foto del piccolo profugo Aylan, il bimbo siriano annegato davanti alla spiaggia di Bodrum, paradiso turistico della Turchia.

L’altro modo è testimoniato dal titolo di apertura del quotidiano Libero, a massacro di Parigi ancora in corso. Testualmente, “Bastardi islamici”. Un’offesa volgare a circa un miliardo e mezzo di persone che si riconoscono in quella religione, che nella quasi totalità non c’entrano per nulla con la banda di tagliagole dell’IS e che, anzi, sono in grandissima parte combattuti (e spesso ammazzati) proprio da loro.

Questa è la scelta che hanno davanti gli europei: Liberté, Égalité, Fraternité sono, in buona sostanza, il portato più significativo della cultura, della civiltà e della storia continentale. Di quel continente che, però, è stato anche teatro e artefice della più mostruosa carneficina mai avvenuta, la Seconda guerra mondiale, per responsabilità del sonno nazifascista della ragione.

La sfida più difficile, anche in momenti così gravi come quelli che stiamo attraversando, è quella con noi stessi. La vinceremo, forse, ispirandoci a un nostro concittadino, Vittorio Arrigoni, che proprio in Medio Oriente è stato assassinato per la forza dirompente delle sue parole. Quali? Due sole: restiamo umani.