Umberto Terracini

Vittorio Emanuele III morì in esilio in Egitto il giorno dopo l’approvazione della Costituzione italiana. Era la fine di dicembre del 1947 e l’Assemblea Costituente, avendo appena concluso le sue attività, aveva dato modo ai deputati di trascorrere le vacanze con i propri familiari.

Fu al ritorno dalle vacanze (nella Seduta del 12 gennaio 1948) che il Presidente dell’Assemblea Umberto Terracini si occupò del modo con cui le istituzioni democratiche e repubblicane avrebbero ricordato il Re appena scomparso.

Come atto iniziale si alzò in piedi, prima che cominciassero i lavori, e commemorò di fronte all’Assemblea – anch’essa in piedi – la scomparsa dell’on. Bruno Bernabei, sindaco di Velletri, eletto tra i repubblicani. Seguirono altre dichiarazioni – tra cui quella del giovane Andreotti – che ne ricordavano la figura.

D’improvviso si alzò l’on. Benedettini, deputato eletto tra le file del partito monarchico, che chiese la parola.

La reazione del Presidente Terracini merita di essere riportata in modo integrale e costituisce un utile insegnamento su cosa significhi, e quali responsabilità abbia, presiedere una istituzione democratica e antifascista.

Benedettini: Chiedo di parlare.

Presidente Terracini: Su quale argomento, onorevole Benedettini?

Benedettini: Ho chiesto di parlare per pregarla di proporre all’Assemblea una proposta: l’Assemblea Costituente, preso atto che un’altissima personalità ha espresso il cordoglio suo personale…

Presidente Terracini: La prego, onorevole Benedettini, lei sta già facendo una proposta. Desidero pregarla di dirmi su quale tema essa verta.

Benedettini: In tema di commemorazioni, credevo doveroso da parte mia di ricordare in questa Assemblea la scomparsa di Vittorio Emanuele III… (Commenti a sinistra)

Presidente Terracini: Onorevole Benedettini, mi perdoni se le faccio osservare che, giustamente, chiunque ha nel proprio cuore una fede e certi ideali, e nutre certi rimpianti, può e deve elevare a questa fede e a questi ideali nel proprio cuore un altare, e che coloro che hanno rimpianti comuni e possono comprendersi fra di loro, possono riunirsi per dare a tali rimpianti voce concorde. Ma onorevole Benedettini, ella mi comprenderà se dico che in questa Aula, nella quale con grande solennità poche settimane or sono la Repubblica ha affermato i propri principi, forse questa voce suonerebbe ingrata anche a coloro dei quali tuttavia potrebbe esprimere il pensiero, perché troppo grave contrasto vi è fra la nuova realtà che abbiamo costruito e quel mondo antico che lei – e gliene do atto con rispetto – ancora rappresenta. Non credo pertanto opportuno darle la parola.

 Alessandro La Monica, ricercatore all’Università di Pisa