Carlo e Nello Rosselli in Inghilterra nel 1931 (da https://www.lastampa.it/2017/06/04/cultura/carlo-e-nello-rosselli-le-radici-indispensabili-della-nostra-democrazia-dSjR5dGRI2iqULxo8RYArI/pagina.html)

Ci sono oltre 100.000 persone e le note della Settima sinfonia di Beethoven ad accompagnare il viaggio estremo di Carlo Rosselli e suo fratello Nello, ammazzati la sera del 9 giugno 1937 a Bagnoles de l’Orne.

A farli fuori a revolverate e pugnalate sono i terroristi fascisti della Cagoule francese (Comitè Secret d’Action Rèvolutionnaire) che, stretta una sacra alleanza con il regime italiano, e, forte di collegamenti internazionali e di una potente rete di spionaggio, sta sviluppando una campagna di sangue intesa a colpire l’antifascismo italiano in esilio e a scardinare il governo del Fronte Popolare francese per allineare Parigi al fronte nazifascista italo-tedesco.

Di viaggi, Carlo Rosselli ne aveva fatti tanti, a partire da quello di fine luglio 1929 che lo vide, clandestino in fuga da Lipari, dove era confinato, cercare asilo in terra di Francia; ma il viaggio verso la Spagna in armi per difendere la Repubblica dal golpe dei generali era forse quello più caro al suo cuore.

Perché per Carlo Rosselli, la guerra di Spagna, cui la formazione antifascista da lui stesso fondata, Giustizia e Libertà, partecipò con generosità e determinazione, rappresentava il paradigma perfetto, e la prova generale, dell’insurrezione che avrebbe dovuto vedere insorgere l’Europa e l’Italia contro il fascismo insignitosi l’anno precedente dei titoli imperiali.

La bandiera di Giustizia e Libertà

La partecipazione di Carlo Rosselli alla guerra di Spagna, e le sue parole all’indomani della vittoria delle formazioni internazionali sui legionari d’Italia a Guadalajara, fu quella che più fortemente lo mise in luce, decretandone la condanna a morte.

Nel mirino del fascismo italiano, Rosselli lo è già perlomeno dall’ottobre 1925.

L’assassinio di Matteotti ha segnato il punto di non ritorno e, scrive Rosselli è il tempo di “resistere malgrado le armi della milizia, malgrado l’impunità assicurata ai delinquenti, malgrado tutti i decreti che possono venire firmati dal Re”, e di partecipare quindi in prima persona alla redazione e alla distribuzione del bollettino clandestino Non mollare (22 numeri).

La fase di ogni possibile contrasto legale è conclusa: dal 1925 fascismo e antifascismo si devono fronteggiare in una lotta che non è solo quello contro la dittatura ma contro “l’altra Italia”, che alla dittatura ha garantito radici e sostegno.

Nel solco del pensiero di Piero Gobetti, Rosselli legge nel fascismo non soltanto la criminale reazione di classe (“col solo interesse di classe il fascismo non si spiega”, Carlo Rosselli in Socialismo Liberale) ma l’emersione cieca e violenta dei vizi strutturali di un Paese che, mancato il grande appuntamento europeo con la riforma protestante, raramente conosce l’etica rigorosa della responsabilità e il respiro di una religione laica e civile, ma piuttosto si autoconsegna al credo del trasformismo, e sciacqua la propria cattiva coscienza nell’adorazione della mediazione e nella ricerca dell’unanimismo che liquefa e appanna idee e differenze.

“Il fascismo va innestato sul sottosuolo italico, e allora si vede che esso esprime vizi profondi, debolezze latenti, miserie del nostro popolo, ahimè di tutto il nostro popolo”, scrive Rosselli, e, proprio lui, che già in Italia si era sentito “un po’ straniero, quasi facente parte di un popolo, di una razza, di una civiltà diversa” (cit. Carlo Rosselli), non si arrende all’esilio e dall’esilio continua a scrivere e a tessere i fragili fili di una Resistenza morale e militare, consapevole che la storia non ha il tempo dei giorni o delle settimane, ma quello lungo delle generazioni.

“Abbi la forza e il coraggio di sentirti solo”, gli aveva scritto sua madre pochi mesi dopo l’evasione da Lipari. Così noi oggi forse abbiamo il dovere di attingere a questa esortazione. Abbiamo bisogno di solitudine e di silenzio per capire che la vittoria non si identifica con la ragione, il successo non equivale al valore, e che è necessario sapere nuotare controcorrente, ponendo in salvo oltre ogni confine le ragioni della nostra identità che, oggi, prende come propria bandiera le parole con cui Carlo Rosselli definiva i militanti di Giustizia e Libertà “sono antifascisti perché il pensiero non può essere fascista, perché l’intelligenza non può sacrificarsi all’irrazionale. Sono antifascisti perché la dignità non può tollerare la visione del tiranno e della folla incatenata o ubriaca che sfila tristemente in parata o osanna” (Carlo Rosselli, Action y caracter).

Annalisa Alessio, vice presidente Comitato provinciale Anpi Pavia