Un momento del presidio

Sabato 11 maggio, alle 11 del mattino, le associazioni democratiche e antifasciste di Forlì e più in generale della provincia di Forlì-Cesena si sono date appuntamento nella piazza centrale della città, dedicata a Aurelio Saffi: forlivese, mazziniano, combattente per il Risorgimento e, tra le altre cose, triumviro della Repubblica Romana del 1849. Nella medesima piazza sorge il sacrario delle vittime e dei martiri della seconda guerra mondiale: testimonianza imperitura della Resistenza che vi lascia un altro tragico e luminoso ricordo: quattro partigiani, Adriano Casadei, Silvio Corbari (comandante del battaglione omonimo del quale condivideva la guida col testé citato Casadei), Arturo Spazzoli e Iris Versari, sorpresi dai tedeschi, a seguito della delazione di una spia italiana, furono uccisi (a onor del vero Versari, ferita, attese impavida l’arrivo dei nemici, fulminò il primo, quindi si suicidò), i loro corpi poi esposti dai nazifascisti, appesi a quattro lampioni di quella piazza. Uno dei tanti episodi della strategia del terrore voluta da Kesserling, che insanguinò i territori lungo la linea Gotica e l’Italia più in generale.

L’intervento di Emilio Ricci, vicepresidente nazionale Anpi, accanto il presidente Anpi Forlì-Cesena, Gianfranco Miro Gori

Forlì, non lo si dimentichi, è a pochi chilometri da Predappio, città natale di Mussolini, ed è il luogo dell’apprendistato politico, socialista, del futuro dittatore che, quando vi tornava – dopo il suo clamoroso cambio di casacca, divenuto capo del governo –, parlava dal balcone principale del palazzo comunale che s’affaccia proprio su piazza Saffi.

Da queste premesse risulta di una chiarezza cristallina la ragione per cui abbia destato scalpore e ferme proteste il gesto del ministro dell’Interno, a Forlì in veste di segretario della Lega in piena campagna elettorale. Che è uscito sul suddetto famigerato balcone, rivolgendosi alle sette/ottocento persone presenti in piazza.

Un gesto che una città di salde tradizioni democratiche e antifasciste non poteva lasciar passare sotto silenzio.

Così dodici associazioni della città e della provincia (in rigoroso ordine alfabetico: Ami, Anpi, Arci, Associazione Luciano Lama, Barcobaleno, Cgil, Fondazione Lewin, Città aperta, Istituto storico della Resistenza, Libera, Udi, Udu) hanno lanciato un appello al quale hanno aderito altre venti associazioni, al fine di raccogliersi in piazza Saffi davanti al sacrario per affermare che il rancore, l’odio e la paura non passeranno e affermare i valori democratici antifascisti della Costituzione.

Dopo il saluto del sindaco Davide Drei, che ha messo in risalto la tradizione democratica e l’importante ruolo di Forlì nella Resistenza, alcuni interventi di rappresentanti delle associazioni forlivesi hanno sollecitato un’idea di memoria rivolta al presente e al futuro, nonché la necessità della mobilitazione per la difesa dei diritti universali e la centralità dell’educazione a partire da quella storica.

Ha concluso Emilio Ricci, vicepresidente nazionale dell’Anpi, tracciando il quadro della congiuntura attuale e sottolineando come sia necessaria un’ampia mobilitazione contro le politiche discriminatorie del governo (leggi decreto sicurezza in essere e quello proposto) e la difesa dei diritti. Ha altresì, sul piano storico, messo in evidenza l’ambiguità del concetto di guerra civile e la fatale capziosità di frasi come “Mussolini ha fatto anche cose buone” che tendono a sfumare i crimini del fascismo e del dittatore.

Gianfranco Miro Gori, presidente del comitato provinciale Anpi Forlì-Cesena