Appena una settimana prima avevo visto a Madrid, al “Reina Sofia”, il grande e celeberrimo quadro di Picasso su “Guernica”, sistemato da solo in una grande stanza. Non mi aveva colpito ed emozionato come pensavo. Ora, invece, camminavo per la strada centrale di Guernica quasi deserta sotto un sole estivo infernale. Sì, questa volta, invece, ero emozionato, confuso, intimidito. Quasi come se, da un momento all’altro, fossi stato costretto a fermarmi davanti agli incendi, ai morti, ai bambini moribondi e avessi sentito i lamenti dei feriti, degli ustionati, e i rumori strazianti delle mucche moribonde che, un attimo prima, riempivano le strade nel giorno del mercato, di quel 26 aprile del 1937.

Ma, ovviamente, non c’era nulla, solo un gran caldo e il cigolio di un’altalena arrugginita per bambini che, nel cortile della vecchia Generalitat rasa al suolo dalle bombe naziste della “Legione Condor” aiutata dall’aviazione fascista, veniva spinta e ancora spinta da un ragazzino tutto ossa e sorrisi. Poco distante, un piccolo cimitero, ma niente altro. Proprio come se a Guernica, centro della Biscaglia e dei Paesi Baschi, tutti avessero voluto dimenticare la guerra civile, gli orrori e le infamie. Ma non era e non poteva essere così. Dunque quel giorno, a Guernica, ero io che mi portavo addosso un vago senso di colpa. Sì, gli italiani, anzi i fascisti italiani di Mussolini, avevano colpito duro e senza pietà durante la guerra di Spagna e nei Paesi Baschi. E anche io, quel giorno, venivo dall’Italia. Certo, dall’Italia antifascista, quella di Gramsci, di Gobetti, di don Minzoni e Matteotti. Quella che poi era andata in Spagna a battersi accanto alla repubblica e contro i fascisti e i nazisti. La “mia Spagna” era, dunque, quella dei fratelli Rosselli, di Palmiro Togliatti e di Pietro Nenni. Quella di Giuseppe Di Vittorio, Luigi Longo, Randolfo Pacciardi, Giuliano Pajetta, Guido Picelli e Vittorio Vidali.

Camminando per la strada principale di Guernica non è stato certo difficile riflettere e ripensare ai giorni della tragedia.

Tutto era cominciato con le elezioni politiche vinte dai partiti democratici e dalle sinistre che avevano subito annunciato una serie di provvedimenti straordinari come la terra ai contadini, la scuola laica, gli aumenti delle paghe, il divieto di licenziare senza giusta causa, il lavoro anche per le donne. L’estrema destra spagnola, colta dal panico, i grandi latifondisti, la Chiesa e la parte più reazionaria del Paese, avevano deciso di passare immediatamente all’azione.

È il 17 luglio del 1936 quando una parte delle truppe spagnole di stanza nelle Canarie e in Marocco decide di ribellarsi al governo di Madrid. Comanda la rivolta il generale Francisco Franco che si rivolge subito a Mussolini e a Hitler per traghettare le truppe, con un vero e proprio ponte aereo, sul territorio metropolitano. La colossale operazione contro un governo legittimamente eletto, viene portata a termine rapidamente. A Madrid e a Barcellona, il governo non coglie immediatamente il pericolo della situazione e si muove con lentezza e indecisione. Le truppe di Franco sono invece decise, ben organizzate e fornite di armi moderne. Quando il legittimo governo distribuisce le armi al popolo, i golpisti sono già entrati in azione con grande violenza e brutalità. All’esercito ribelle si sono affiancate anche la “Falange” (organizzazione simile alle squadracce di Mussolini) e tutta una serie di organizzazioni di destra. Ormai è guerra civile in tutta la Spagna.

Carlo Rosselli, di “Giustizia e Libertà” è tra i primi a comprendere che l’aiuto all’antifascismo spagnolo doveva essere pronto e immediato e coniò una frase rimasta famosa: “Oggi in Spagna, domani in Italia”. Poi organizza una prima colonna di volontari per andare a combattere. In tutta Europa e nel mondo è il momento delle grandi scelte: o dalla parte di Franco, con Hitler e Mussolini, o dalla parte della giustizia e dell’antifascismo. I comunisti italiani hanno già inviato la centuria “Gastone Sozzi” che verrà inquadrata nel celeberrimo e famoso “V Reggimento” del quale diventerà comandante il comunista italiano Vittorio Vidali. Ma da tutta Europa e da Paesi lontanissimi, è tutto un accorrere in difesa della Repubblica spagnola e contro i fascisti e i nazisti. Arrivano volontari dagli Stati Uniti, dalla Francia, dall’Unione Sovietica, dall’Inghilterra, dal Portogallo, dal Belgio, dall’Olanda, dalla Svezia, dalla Scozia, ancora dall’Italia e persino dalla Cina e dall’India. È un gigantesco moto spontaneo che mobilita scrittori, attori, pittori, piloti, ex rivoluzionari, anarchici, comunisti, socialisti, repubblicani di mezzo mondo. Tanti, tantissimi sono famosi e celebri: Pablo Neruda, Ernest Hemingway (che scrive il notissimo “Per chi suona la campana”), George Orwell, l’attore Errol Flynn, in cerca di avventure, e decine di altri, tra i quali Robert Capa e Tina Modotti. Ad André Malraux viene addirittura affidato il comando dell’aviazione repubblicana e insieme a lui si leva in volo, per contrastare l’aviazione nazista e fascista, un personaggio che ancora nessuno conosce: Antoine de Saint-Exupéry forse con il suo “Il Piccolo principe” già in tasca.

L’aviazione nazista e fascista bombarda Barcellona, Madrid e ogni città in mano al governo legittimo, provocando centinaia di morti e feriti. I piloti nazisti, con l’aiuto “devoto” dei colleghi fascisti, devono sperimentare, per la prima volta, la tecnica del bombardamento a tappeto e lo fanno, appunto, su Guernica. La situazione generale è comunque difficilissima per il governo legittimo: mancano le armi, gli aerei, i carri armati e l’artiglieria. Gli uomini di Franco vengono invece riforniti regolarmente persino via mare da Hitler e Mussolini. Solo a questo punto l’Unione Sovietica decide di aiutare i repubblicani con rifornimenti di armi di ogni genere. Ma accade anche che l’intervento dell’URSS e di Stalin si porta dietro una serie di dolorosissime divisioni tra gli uomini della sinistra: comincia la caccia ai trotzkisti, agli anarchici e gli scontri con i compagni del Poum (il Partito operaio di unificazione marxista) sono durissimi. A Barcellona, per le strade, ci si spara tra compagni e vengono anche allestiti tribunali che condannano a morte. Franco e i suoi uomini occupano, intanto, città e villaggi, portando a termine vendette e stragi incredibili. Sono loro che massacrano migliaia di prigionieri, in particolare i comunisti. Uccidono e fanno sparire il corpo anche del poeta Garcia Lorca e di tanti altri intellettuali spagnoli che si battevano per la Repubblica. Gli anarchici, dal canto loro, non esitano un istante a fucilare preti, suore e frati e ad incendiare chiese e monasteri: la Chiesa è un nemico di classe – dicono – e deve essere spazzata via.

Nel frattempo, con la speranza di un qualche compromesso, vengono ritirati gli uomini delle Brigate internazionali che sfilano, tra canti e lacrime, per le strade di Barcellona. Sono momenti di intensa partecipazione e commozione.

Sono intanto nati, sia tra i golpisti e i legittimisti della Repubblica, i grandi miti di tutta la guerra di Spagna: a sinistra quello di Dolores Ibarruri, la “Pasionaria” che non smette mai un solo giorno di incitare i compagni alla lotta, insieme a Juan Negrin, capo del governo legittimo. Nessuno dimentica mai di citare anche la grande vittoria delle truppe legittimiste contro i fascisti a Guadalajara. A destra, si punta invece sull’assedio dell’Alcazar, sull’uccisione dei sacerdoti e delle suore e sull’«ateismo assassino» delle sinistre.

La dolorosa fine del potere legittimo arriva presto e i combattenti repubblicani si avviano sconfitti verso la Francia del Fronte popolare con lunghe e tragiche marce. Invece che accolti, verranno internati in campi improvvisati. Hitler e Mussolini, dunque, potranno continuare a dilagare per l’Europa senza che le democrazie decidano di intervenire.

Il 1° aprile del 1939, la Repubblica si arrende formalmente e Franco farà sfilare le sue truppe a Madrid, salutandole con la mano levata come i fascisti e i nazisti. In testa alle “falangi” spagnole, marciano, appunto, italiani e tedeschi.

Wladimiro Settimelli, giornalista, già direttore di Patria Indipendente


1936-1939: la guerra antifranchista in Spagna

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