Giovanni Ponchio è docente di storia e filosofia e vicepreside presso l’Istituto Don Bosco di Padova, giornalista pubblicista e Presidente del Consorzio Biblioteche Padovane Associate.

cittadinanzaChe ruolo ha la scuola nella formazione non solo di bravi studenti ma anche di attenti cittadini?

La scuola svolge un ruolo fondamentale nella formazione del cittadino, a partire dalla scuola materna. La normativa scolastica italiana, infatti, prevede che al termine dell’obbligo scolastico gli studenti abbiano sviluppato precise “competenze chiave” di cittadinanza, come per esempio collaborare e partecipare in un gruppo, comprendendo i diversi punti di vista e gestendo la conflittualità, valorizzando le proprie e le altrui capacità, nel riconoscimento dei diritti fondamentali degli altri. Ma non solo, i ragazzi devono anche essere autonomi, responsabili e attivi nella vita sociale, riconoscere diritti e bisogni propri e altrui, le opportunità comuni, i limiti e le regole; per fare tutto questo è necessario altresì che gli alunni sappiano, specie ai tempi di internet e wikipedia, acquisire ed interpretare le informazioni criticamente l’informazione, valutandone l’attendibilità e l’utilità, distinguendo fatti e opinioni. A dire il vero si tratta di competenze che non si finisce mai di apprendere e sviluppare, non a caso – infatti – le “competenze sociali e civiche” fanno parte dell’apprendimento permanente individuato dall’UE nel 2006.

Ma affinché tali competenze non restino buone intenzioni sulla carta, ma vengano davvero apprese e sviluppate, occorre che la didattica sia efficace, e ciò avviene quanto maggiore è il coinvolgimento emotivo dell’alunno. Per questo bisogna tradurre l’educazione alla cittadinanza non in una sequenza di nozioni, ma in una esperienza concreta e personale che coinvolga: la possibilità di confrontarsi con gli altri e di comprendere le loro modalità comunicative, i loro codici di comportamento; la capacità di comunicare in maniera assertiva, di stabilire relazioni, di superare i conflitti mediante il negoziato; la capacità di ricercare e selezionare informazioni, definendone la gerarchia e interpretandole.

Lo studio della Costituzione, in particolare, si inserisce cronologicamente bene nel programma di storia del quinto anno, lo stesso in cui molti ragazzi diventano maggiorenni. Perché è importante non tralasciare lo studio e la Costituzione? Come riesce, tutto ciò, ad arricchire ed attualizzare il programma scolastico, in nome del quale spesso invece molto viene tralasciato?

La Costituzione è il centro del programma di storia del Novecento in Italia, perché essa costituisce la sintesi dei valori nati dalla Resistenza militare, etica e politica contro il nazifascismo e a un tempo la premessa ineliminabile della vita repubblicana che va studiata almeno sino alla fine del secolo. Come si può comprendere la storia italiana del XX secolo senza la Costituzione?

scuolaChe cosa fanno (o dovrebbero fare) le scuole, non solo all’interno dei programmi e dell’orario scolastico, ma anche attraverso incontri ad hoc in vista di importanti scadenze civiche, come per esempio i referendum?

La scuola deve fornire ai giovani strumenti per comprendere la realtà in cui vivono. È un servizio che nessun altro mezzo di comunicazione o agenzia educativa può dare. Per questo ogni occasione pubblica può essere utilizzata: le votazioni amministrative o politiche, i referendum abrogativi o istituzionali, i dibattiti su temi civici, come quello – stando alla nostra realtà locale – sul nuovo ospedale di Padova, ad esempio.

Tali approfondimenti per essere efficaci hanno bisogno di tempo e non possono occupare il poco che l’orario ordinario dedica alla storia e all’educazione alla cittadinanza. Occorre aprire spazi d’incontro pomeridiano nei quali realizzare laboratori di cittadinanza attiva, a partire da due condizioni: l’interesse degli alunni e la valenza pratica, etico-politica del tema. Così, per esempio, al Don Bosco qualche anno fa, l’analisi del titolo V della Costituzione si è conclusa con il gioco di ruolo – interamente realizzato dagli studenti – di un Consiglio Comunale, con la discussione di un argomento amministrativo tra maggioranza ed opposizione.  Lo scorso anno, la riflessione sui temi ambientali e su adeguate politiche funzionali ai principi della Costituzione ha portato al confronto sul referendum “delle trivelle”. Ora il referendum sulle modifiche alla Costituzione consente di approfondire il rapporto tra la prima e la seconda parte della Carta, di evidenziare in quale modo la Costituzione reale abbia nel tempo tradito quella legale ed infine di analizzare i contenuti della riforma; abbiamo già ipotizzato i primi incontri per la fine del mese di ottobre.

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Come è bene proporre simili iniziative e come è possibile scongiurare il rischio di passare dall’informazione rispettosa dell’intelligenza e della libertà dei ragazzi alla “propaganda”?

È evidente che ogni insegnante possiede un proprio punto di vista sui temi di carattere civile e politico (sarebbe preoccupante, anzi, se li ignorasse). Il suo atteggiamento non può dunque essere neutro, ma deve tuttavia essere onesto; il docente deve usare un linguaggio chiaro, leggere e spiegare i contenuti in discussione, proporre agli studenti le varie soluzioni attraverso un’argomentazione, avvalendosi anche di esperti esterni.

Come sono stati, secondo la sua esperienza, l’interesse e la risposta degli alunni ai percorsi e alle iniziative sulla cittadinanza attiva?

I laboratori pomeridiani erano e restano a partecipazione volontaria e solitamente sono riservati agli studenti degli ultimi anni. I risultati in termini di partecipazione di questi ultimi anni sono incoraggianti, perché vi partecipa circa un terzo degli alunni del triennio. Quanto all’interesse, i questionari, somministrati agli studenti sul gradimento delle proposte didattiche della scuola, mostrano che i corsi pomeridiani di educazione alla cittadinanza sono quelli che ottengono i punteggi più alti.