Il criminologo Giulio Vasaturo, studioso all’Università La Sapienza di Roma dei fenomeni di violenza politica, spiega il braccio teso nel saluto nazista di Anders Behring Breivik, non appena giunto in tribunale. Infatti il terrorista di estrema destra condannato a 21 anni di carcere per aver ucciso 77 persone nel luglio 2011, 8 a Oslo con un’autobomba e 69 giovani laburisti sull’isola di Utoya, ha fatto causa alla Norvegia per “trattamento disumano” e ha definito “tortura” la sua condizione di detenzione.

«Non è raro che in soggetti con problemi psichiatrici e fragilità emotiva ci sia un richiamo strumentale ai gesti e ai simboli dell’ideologia nazista. Quei riti e quei gesti vanno a colmare un vuoto: adottare una dottrina autoritaria e di forza è tipico di alcuni profili psicologici. L’ideologia nazista permette loro di giustificare e legittimare la carica aggressiva e violenta, manifestazione di una frustrazione intima e inconscia». 

Anders Behring Breivik (da http://static.independent.co.uk/s3fs-public/styles/article_large/public/thumbnails/image/2016/03/15/17/web-Breivik-gesture-2016.jpg)
Anders Behring Breivik (da http://static.independent.co.uk/s3fs-public/styles/article_large/public/thumbnails/image/2016/03/15/17/web-Breivik-gesture-2016.jpg)

Quel saluto è la provocazione di un folle o un gesto coerente e razionale?

«Il nazismo stigmatizza ed etichetta i deboli ed essendo una dottrina orientata alla xenofobia, al razzismo, all’odio delle minoranze, consente di dare una motivazione politica del tutto strumentale alla violenza. Persone come Breivik hanno una conoscenza molto sommaria dell’ideologia adottata: sono affascinati dai gesti e dai simboli del nazismo. È un fenomeno che, seppur in modo molto differente, conosciamo bene anche da noi. Negli stadi certe espressioni di violenza delle curve sono un richiamo farneticante all’ideologia neofascista e nazista in ottica identitaria: per provare ad accomunare un gruppo sociale, gli ultras, che manifesta aggressività come reazione a una frustrazione individuale e collettiva. Generata dall’isolamento sociale e culturale oltreché, in tempi recenti, dalla crisi economica generalizzata». 

Una commemorazione della strage sull’isola di Utoya, dove il nazista sterminò 69 ragazzi che partecipavano a un campus organizzato dalla sezione giovanile del Partito Laburista Norvegese (da http://www.ilsussidiario.net/img/_THUMBWEB/breivik-utoya-norvegia-oslo_thumb400x275.jpg)
Una commemorazione della strage sull’isola di Utoya, dove il nazista sterminò 69 ragazzi che partecipavano a un campus organizzato dalla sezione giovanile del Partito Laburista Norvegese (da http://www.ilsussidiario.net/img/_THUMBWEB/breivik-utoya-norvegia-oslo_thumb400x275.jpg)

Dunque il nazismo offre una sorta di alibi politico alla violenza provocata dalla frustrazione sociale?

«Il nazismo è il modello tipico con cui determinate sottoculture fronteggiano le frustrazioni. In Italia, in passato, sono già accaduti fatti molto simili per motivazione a quelli compiuti da Breivik. Negli anni 70 e 80 l’organizzazione Ludwig – formata da una coppia di giovani, Wolfang Abel e Marco Furlan – uccise almeno 15 persone, soprattutto in Veneto e Lombardia. Furono omicidi seriali ed efferati. Le vittime erano omosessuali, tossicodipendenti, prostitute, monaci, ammazzati in nome dell’ideologia nazista, come affermavano i loro volantini di rivendicazione. Anche alcune forme di spontaneismo armato dell’eversione nera, sempre negli anni 70, sono riconducibili a manifestazioni di frustrazione. Va ricordato anche il caso del Circeo, senza dimenticare che addirittura criminali autori di reati comuni hanno rivendicato le loro azioni richiamando la matrice culturale neonazista».

Breivik può divenire un modello?

«Dal punto di vista criminologico, Breivik è un omicida di massa, cioè un individuo che in un unico contesto emozionale ha commesso una pluralità di omicidi con un’unica modalità esecutiva. Si è riscontrata in lui una anestesia emotiva, un’indifferenza verso le vittime e, al contempo, un’esaltazione per quanto compiuto, scagionando se stesso come difensore dell’Occidente contro l’Islam. L’ideologia nazista prevede la possibilità di massacrare e annientare il diverso. Dichiararsi nazisti è stato, e potrebbe essere anche in futuro, per soggetti sadici con forte carica aggressiva latente, un facile pretesto per motivare atti di violenza inaudita».