Gad Lerner

Pubblichiamo su Patria l’intervista di Adriana Comaschi a Gad Lerner uscita su L’Unità il 23 aprile. Le parole di verità di Gad Lerner dissipano le nebbie delle polemiche dei giorni precedenti e mettono a nudo le responsabilità di chi ha voluto una ingiustificata e pretestuosa rottura proprio alla viglia del 25 aprile.

 

Cosa non torna negli attacchi all’Anpi?

«Credo che si macchi di una gravissima responsabilità storica chi rompe un’alleanza naturale, quella tra gli ebrei italiani perseguitati e chi ha fatto nascere la Resistenza. Chi si è assunto questa responsabilità gioca con disinvoltura con dei valori fondanti della nostra Repubblica».

Non è la prima volta che si rompe…

«Già da qualche anno soffro a causa di questa reazione identitaria da parte dell’ebraismo italiano, che ha imposto una separazione degli ebrei dagli altri cittadini nella celebrazione del 25. A Roma poi quest’anno, per la prima volta, si è scelto di tenere due appuntamenti separati e di delegittimare – ma non ci riusciranno naturalmente – l’Anpi. Credo sia offensivo nei confronti delle centinaia di ebrei partigiani, che a partire dal 1943 si sono sacrificati per la libertà di questo Paese, con due anni almeno di anticipo sull’arrivo della Brigata ebraica – 5mila ebrei residenti in Palestina e inquadrati nell’esercito britannico – a Taranto».

Una responsabilità della comunità ebraica romana dunque?

«È a Roma che tutto ciò è accaduto. Si importa una logica tutta mediorientale, una sfida tra grossolane e grottesche ricostruzioni storiche: quella per cui i palestinesi di oggi devono essere considerati eredi diretti del filonazista Gran Muftì di Gerusalemme, così come dall’altra parte Israele sarebbe una realtà estranea ai valori della Resistenza antifascista.

Una guerra in miniatura, la scimmiottatura di una tragedia vera – quest’anno sarà passato mezzo secolo dalla guerra dei sei giorni -, fatta strattonando il 25 aprile che invece deve essere la festa di tutti i cittadini italiani. Come è stato per più di mezzo secolo: io, ebreo italiano, ho sempre sfilato il 25 felice di farlo dietro i gonfaloni dei partigiani, dei movimenti politici, da ultimo dietro quello del Pd. Solo di recente qualcuno ha iniziato a portare in corteo le bandiere palestinesi, che non c’entravano nulla, e per reazione altri hanno escogitato il contrappunto (tutto italico) della Brigata ebraica. Quando è apparsa, perché avrei dovuto separarmi dagli altri antifascisti?

Tanto è vero che quello striscione è stato subito adoperato da forze politiche – vedi Forza Italia – che non partecipavano abitualmente alla manifestazione del 25 aprile, per entrarvi. Usare la Brigata Ebraica come paravento protettivo, non so se in modo consapevole o meno dai portavoce delle comunità ebraiche, l’ho trovato una forzatura della Storia molto nociva».

Chi diserta il 25 dell’Anpi riconduce tutto agli attacchi subiti in questi anni in corteo dalla Brigata ebraica…

«Non assolvo né giustifico chi ha insultato chi sfilava con la Brigata ebraica, è fin troppo ovvio il diritto a manifestare pacificamente. Chi ha aggredito e insultato mi fa due volte male, come militante democratico antifascista e come ebreo che vuole bene a Israele: gran parte della mia famiglia vive lì, so cosa significano guerra e terrorismo sulla pelle delle famiglie molto più di tanti chiacchieroni.

E non credo che quello che è successo faccia il bene di Israele».

Una ricucitura è possibile?

«Temo che a Roma si sia perseguita la rottura e che ci sia un’anima settaria e identitaria dentro la leadership, nella componente maggioritaria della comunità ebraica romana: vedo molto compiacimento all’idea di due appuntamenti separati e contrapposti, lo si è voluto.

Si vogliono costringere i cittadini e gli ebrei romani a scegliere da che parte stare, io se il 25 aprile fossi a Roma non avrei dubbi nel partecipare alla manifestazione dell’Anpi come faccio da quando sono ragazzo come faccio da quando sono adolescente. Ma vogliono farmi sentire uno che andando dall’Anpi tradisce la sua appartenenza ebraica: rispondo che migliaia di ebrei italiani si sono impegnati a formare le Brigate partigiane e a fare la Resistenza. Onoro i 41 caduti della Brigata ebraica ma trovo umiliante e indegno volerli contrapporre alle centinaia di ebrei italiani caduti partigiani.

Senza distinzioni: a quell’epoca in Italia c’erano le leggi razziali, gli unici posti in cui gli ebrei non erano discriminati erano le brigate partigiane, lì erano uguali agli altri».

Matteo Orfini, presidente del Pd

Dunque non condividi la linea del Pd romano?

«No, ha tenuto un atteggiamento opportunistico, si è lasciato intimidire e ha derogato al principio di mettere al primo posto valori condivisi, come antifascismo e memoria della Resistenza. Il 25 aprile non si può spezzettare in base ad appartenenze identitarie, religiose».

Ieri eri a Milano con Pisapia, Cuperlo e Orlando, protagonista di un botta e risposta con Renzi sulla possibile affluenza alle primarie…

«Da tempo lavoro con Pisapia, l’intenzione comune è di impegnarsi dentro e fuori dal Pd per mantenere vivo uno spirito di coalizione e la possibilità per il popolo del centrosinistra di presentarsi ancora unito, qualunque sia il sistema elettorale, davanti alle sfide enormi che il paese deve affrontare. Per questo motivo mi sono candidato, come Orlando mi ha chiesto, con la sua mozione, lo trovo coerente con la mia partecipazione al Campo progressista di Pisapia. Considero le primarie un fondamento indispensabile e prezioso, certo la situazione è deteriorata: c’è molta sfiducia, molti se ne sono già andati… sto girando l’Italia per preparare sei reportage, «Operai», che andranno in onda la domenica sera su Rai tre a partire dal 7 maggio, sulla condizione del lavoro dipendente oggi e sulla nuova questione sociale: le lacerazioni che trovo, il senso di retrocessione, le divisioni interne al mondo del lavoro sono tali che le diatribe sulle primarie mi paiono assai modeste, rispetto ai problemi che abbiamo davanti».

Dal centrosinistra a Grillo: i sondaggi lo premiano anche dopo le spaccature sulle liste per le amministrative e altre difficoltà, qual è lo stato di salute del M5s secondo te?

«Credo che Grillo abbia il vento in poppa, che non siano soltanto i sondaggi ma le aspettative diffuse di una sua vittoria ad accompagnare un processo egemonico, ormai ci sono svariati spezzoni del potere italiano, economico e giornalistico che stanno già adeguandosi a una futura stagione grillina. Temo che siamo stati facili profeti quando abbiamo detto che la vittoria del No al referendum alla fine sarebbe stata incassata prima di tutto da Grillo e dal suo Movimento. Che volendo prendere tutto e tutti ora ha lanciato anche la più odiosa delle campagne: vedo Di Maio che parla di “taxi del mare” riferito ai volontari che cercano di salvare le vite dei migranti, vuol dire cavalcare gli istinti più nefasti, le paure, l’ignoranza offendendo un’azione di salvataggio che ci ha onorati sia con il volontariato sia con la Marina Militare. Ci dice di un Grillo pigliatutto, che non promette niente di buono e che dovrebbe sollecitarci a tenere unita una sinistra che invece ha questa tendenza a frantumarsi».