Per l’80° anniversario della guerra civile spagnola, l’Associazione Italiana dei Combattenti Antifascisti di Spagna (AICVAS) ha realizzato, assieme ad altre iniziative, il web-documentario La lunga resistenza (prodotto per l’AICVAS dalla Cooperativa Cinefonie di Torino, con il patrocinio e il finanziamento della Presidenza del Consiglio nell’ambito delle iniziative per il Settantennale della Resistenza): un progetto del suo presidente Italo Poma e del regista Luciano D’Onofrio.

Il documentario (visibile gratuitamente sul sito www.lalungaresistenza.it) segue i combattenti antifascisti nella loro battaglia dalla Guerra di Spagna alla Resistenza in Europa e in Italia. Il docuweb si compone di video interviste provenienti dall’archivio AICVAS realizzate a suo tempo ai protagonisti provenienti, di interviste a storici italiani, francesi e spagnoli, di materiale di repertorio e testi scritti. La suddivisione del documentario in capitoli e argomenti, poi, lo rende uno strumento agile e funzionale per la scuola e gli studenti. Italo Poma, presidente dell’AICVAS, è stato per l’occasione intervistato da Patria indipendente.

Italo Poma, presidente dell’AICVAS (da https://www.isgrec.it/wp-content/uploads/2013-10-24-16.19.49.jpg)

Professor Poma, può raccontarci innanzitutto la storia dell’AICVAS (Associazione italiana combattenti volontari antifascisti di Spagna), le attività e le iniziative culturali da essa promosse?

L’AICVAS è nata nel 1937 a Parigi col nome di “Fratellanza Garibaldina”, con il compito di assistere i feriti e le vedove dei caduti. È pertanto la più antica associazione antifascista italiana. Dopo la guerra ha ripreso la sua attività con iniziative di sostegno alla battaglia antifranchista. Contemporaneamente ha avviato un lavoro di schedatura dei volontari e di raccolta di documenti relativi a essi che è in continuo sviluppo e approfondimento: ciò fa del suo archivio il più importante strumento di ricerca esistente in Italia sul volontariato antifascista. In un congresso del 1968 fu deciso di adottare il nome attuale nell’intento di rappresentare tutte le componenti ideali dell’antifascismo. Tra i suoi dirigenti storici annovera personaggi come Francesco F. Nitti, Antonio Roasio, Leo Valiani, Alessandro Vaia e Giovanni Pesce. Scomparsi i protagonisti, l’associazione attualmente è composta da parenti, storici e appassionati di quelle vicende che condividono i valori dell’antifascismo e della lotta per la libertà. L’associazione organizza convegni storici, viaggi della memoria e produce o concorre alla produzione di materiali (libri, audiovisivi, mostre fotografiche ecc.); oltre a ciò conduce un lavoro di ricerca storica tramite i propri ricercatori e in collaborazione con gli Istituti storici della Resistenza. Pertanto è insieme un’associazione di memoria e di ricerca storica.

Prima di parlare de La lunga Resistenza, può delinearci l’importanza storica della guerra civile spagnola nella storia del secolo scorso?

La guerra civile spagnola è una sorta di crocevia della storia del 900 che vede intrecciarsi – e qualche volta contrapporsi tra loro – le grandi aspirazioni ideali secolo scorso. È anche, come molti hanno scritto, l’anticipazione della Seconda guerra mondiale e il momento in cui si sono sperimentate le forme moderne della guerra. Soprattutto è il primo esempio di guerra totale che coinvolge direttamente la popolazione e costringe le persone a schierarsi, a prendere parte attiva anziché subire passivamente gli eventi. Dal nostro punto di vista è anche l’episodio più esaltante di internazionalismo con la partecipazione di volontari di 53 Paesi del mondo, accorsi in difesa della repubblica e a contrastare il nazifascismo.

La lunga Resistenza è un documentario fatto di interviste a ‘testimoni’ e storici, ricco di filmati d’epoca (italiani e spagnoli): può dirci come avete lavorato sulle fonti, dove le avete recuperate?

Il webdoc (visibile liberamente al sito www.lalungaresistenza.it) intende raccontare la lunga battaglia dei volontari antifascisti italiani dalla guerra di Spagna alla Resistenza in Europa e in Italia, battaglia che li ha visti in prima fila nella costruzione di una nuova Europa. Siamo partiti dall’idea di dar voce ai protagonisti, alle loro motivazioni ed esperienze. Avevamo a disposizione una documentazione importante, accumulata nel corso del tempo, che intendiamo valorizzare anche con la realizzazione di una banca dati che stiamo facendo in collaborazione con l’INSMLI già parzialmente visibile in rete (www.antifascistispagna.it). Oltre ai documenti il nostro archivio contiene fotografie originali e schede biografiche, articoli e tanto altro. Abbiamo altresì raccolto un discreto numero di videointerviste realizzate negli anni Novanta a protagonisti ancora in vita che costituiscono l’ossatura di questa narrazione.

Cosa può dirci dei “volontari” fascisti dalla parte di Franco? Si rendevano conto che combattevano contro un governo legittimo? Ne ha mai incontrati o intervistati? Esiste un loro “narrazione”?

I “volontari” fascisti (che spesso non erano tali, come risulta dalle testimonianze storiche), non avevano la minima idea di che cosa fosse un governo legittimo: chi rifiuta e disprezza la democrazia non attribuisce alcun valore al concetto di legittimità come noi lo intendiamo. Inoltre l’appoggio della chiesa spagnola alla ribellione dei generali e il concetto di “crociata anticomunista” forniva loro una giustificazione ideologica.

Io non ne ho mai incontrati e tanto meno intervistati, ma in proposito è appena uscito uno studio approfondito sui prigionieri fascisti di Guadalajara scritto da Leonardo P. D’Alessandro (Guadalajara 1937, ed. Carocci). C’è una narrazione coeva di parte fascista dovuta ai numerosi giornalisti italiani che accompagnarono il corpo di spedizione fascista, il più noto dei quali è Indro Montanelli. Pressoché inesistenti le memorie successive; ma fra queste il caso più interessante è quello di Davide Lajolo che fu volontario del CTV (Corpo Truppe Volontarie) e ne scrisse due volte, una prima volta da fascista (Bocche di donne e di fucile) e una seconda volta da antifascista (Il voltagabbana).

Davide Lajolo (da http://static.wixstatic.com/media/fb2f1e_e9dc0088cb5f4e55aa40d9d507ec9fe9.jpg_srz_230_221_85_22_0.50_1.20_0.00_jpg_srz)

Si può dire che la guerra di Spagna sia stata l’elaborazione dell’antifascismo europeo e che il battaglione Garibaldi sia stato il centro di questa elaborazione? Quali erano le caratteristiche politiche di questo antifascismo? E chi erano questi volontari? Quali erano le motivazioni che li portarono a difendere la repubblica, erano tutte da ricondurre all’ideologia comunista oppure c’era anche altro?

La guerra di Spagna fu certamente il momento fondante dell’antifascismo, non dimentichiamo che la politica del Fronte Popolare fu sperimentata proprio in Spagna e il suo principale propugnatore in seno all’Internazionale Comunista, Palmiro Togliatti, andò in quel Paese come consigliere del governo spagnolo. Inoltre la presenza di personalità come Carlo Rosselli e Pietro Nenni segnala una tendenza unitaria che si affermò primariamente nell’antifascismo italiano. Gli uomini e le donne italiane che si recarono in Spagna erano degli esuli, dei migranti che vedevano in Spagna la possibilità di partecipare a una grande esperienza di popolo e di realizzazione di una società più libera e giusta. Per gli italiani c’era anche un bisogno di riscatto morale e la consapevolezza che lì si giocavano i destini del mondo, che bisognava battersi per impedire il dilagare del nazifascismo. C’era anche in loro il bisogno di sentirsi protagonisti attivi e forse anche un po’ di spirito di avventura, infatti le loro vite furono spesso molto avventurose, delle vere e proprie epopee.

Quanto e cosa deve la Resistenza italiana all’esperienza spagnola di alcuni suoi uomini?

Nella Resistenza non solo in Italia ma anche in Francia, Belgio e Jugoslavia, il ruolo dei combattenti di Spagna fu importantissimo. Non solo perché avevano esperienza militare e di lotta clandestina, ma perché avevano imparato a costruire dal basso un esercito popolare. Non pochi furono gli italiani che fecero la Resistenza prima in Francia e poi in Italia. Nelle brigate Garibaldi molti dei comandanti furono loro: pensate a Longo, che fu l’ispettore generale delle Brigate Internazionali in Spagna e il comandante in capo delle brigate garibaldine in Italia. Ma, insieme a lui, nel comando generale c’erano Francesco Leone, Antonio Roasio, Giuliano Pajetta, Alessandro Vaia, Ilio Barontini: tutti erano stati comandanti nella Brigata internazionale. Ad essi va aggiunto Leo Valiani, che fu il rappresentante di Giustizia e Libertà nel CLN Alta Italia. Aggiungerei che dall’esperienza spagnola, persino dai suoi errori, questi uomini avevano ricavato un abito mentale che li portava a evitare il settarismo e a ricercare il dialogo con chi la pensava diversamente da loro, altrimenti non avrebbero potuto prendere la direzione di un movimento, come quello della Resistenza, che era in gran parte composto da giovani privi di esperienza politica.