Primo De Lazzari -BociaNome di battaglia “Bocia”. Leggo ora un suo capitoletto dal volume Io sono l’ultimo, lettere di partigiani italiani, a cura di Stefano Faure, Andrea Liparoto, Giacomo Papi. Quando scrive “Era metà aprile del ’45. La Brigata Nera di Mestre (XVIII Bartolomeo Asara) vuole catturare lo studente per distruggere il gruppo di ragazzi da lui organizzato mesi prima a Marcon e dintorni. Molti sanno chi è lo studente, ma nessuno parla, nessuno fornisce indicazioni ai militi”. E poi racconta di quello studente finito nella lista dei ricercati e dei suoi persecutori, successivamente processati come criminali di guerra. E ancora scrive degli amici di quello studente. E conclude: “Diciassettenne scolaro, in quell’aprile, lo studente ero io”.

Nome di battaglia “Bocia”, all’anagrafe Primo De Lazzari. Se n’è andato il 15 febbraio, qualche mese prima dei suoi novant’anni di schiena dritta, da quando scelse – allora – il senso della sua vita.

La sua biografia: nasce a Mestre (Venezia) il 23 giugno 1926, giornalista e dirigente della FGCI e dell’ANPI. Col nome di battaglia di “Bocia” era stato giovanissimo partigiano combattente nella Brigata Garibaldi “Erminio Ferretto” e organizzatore del Fronte della Gioventù di Eugenio Curiel.

Dopo la Liberazione De Lazzari ha fatto parte della Direzione della Federazione Giovanile Comunista Italiana e fu segretario regionale della FGCI per il Veneto. È stato Consigliere nazionale ANPI, Vicepresidente dell’ANPI Roma-Lazio e dirigente delle attività per la Memoria storica nelle scuole.

Redattore capo della rivista culturale Conoscersi, è stato uno dei redattori della rivista dell’ANPI Patria Indipendente ed ha scritto numerosi saggi sulla guerra di Liberazione in Italia e all’estero, a cominciare da quello, uscito nel 1977, sulla Resistenza cecoslovacca.

Nel 1981, De Lazzari, ha pubblicato con l’editore Teti Eugenio Curiel. Al confino e nella lotta di liberazione. Con l’editore Mursia ha stampato, nel 1996, una Storia del Fronte della Gioventù nella Resistenza.

cover pdlPrimo continuava a collaborare con Patria Indipendente.

Dunque il “Bocia” ci ha lasciato. In questo numero di Patria Indipendente è ospitata l’intervista ad Anna Assandri, 23 anni, presidente della sezione ANPI di Silvano d’Orba, in provincia di Alessandria. Non c’è più il combattente diciassettenne della Resistenza; c’è la ragazza piemontese che si propone un nuovo dialogo antifascista con le giovani generazioni. Un passaggio di testimone, e di testimoni del tempo. Primo – credo – ha vissuto intensamente, come tutti coloro che hanno scelto il senso della propria vita. E ha vissuto tutte le epoche del suo percorso. Dalla Seconda guerra mondiale al Medioriente in fiamme. Dalla Resistenza alla grande crisi. Del suo tempo è stato quindi testimone attivo, protagonista. Insomma, uomo a trecentosessanta gradi, con la sua specifica e irripetibile umanità. Determinata e riservata, mi è parso. Volitiva e silenziosa. Perché, pur essendo un eccellente oratore, non si perdeva mai nelle parole. Al punto – ha scritto la sua carissima Serena D’Arbela, nostra collaboratrice – che “ci ha lasciato per sempre, in silenzio, come al solito”.

E se n’è andato. Dove, dipende dai punti di vista, dalle concezioni del mondo, dal credo religioso di ciascuno. Certamente ora è in un Pantheon degli umani laico e sobrio, dove riposano i tanti come lui. Quelli che in quegli anni persero la vita sotto le bombe o le torture dei nazifascisti. Quelli che sono scomparsi nei decenni successivi per l’ineluttabile legge che ci fa finiti e provvisori. Quelli, come lui, con la schiena dritta. Il Pantheon della Repubblica democratica nata dalla Resistenza. No, no, nessuna retorica sia chiaro: solo la verità dei fatti che attestano che senza Primo, senza i partigiani, senza quella lotta armata e civile, culturale e sociale, non avremmo avuto il dono di un Paese che, nonostante tutto, si mantiene libero perché ancorato alla Costituzione.

A Primo siamo debitori. A quello che ha fatto. A quello che ha scritto. Vita e opere, si dice. È così. I suoi volumi sono – ancora – una testimonianza di vita, a cominciare da Ragazzi della Resistenza, introdotto da Massimo Rendina, e Le SS italiane, con prefazione di Arrigo Boldrini. Lì dentro come in uno specchio apparivano i giovani di quegli anni: da una parte quelli che avevano scelto di combattere per la libertà e l’eguaglianza, dall’altra coloro – italiani – che giurarono fedeltà ad Adolf Hitler. Partigiani e repubblichini. Se li legga, quei volumi, chi ancora ha la mezz’idea di mettere tutti sullo stesso piano, o chi immagina una Repubblica “terza” rispetto a fascisti e antifascisti, o chi infine pensa che tutto ciò sia “il passato” perché è sordo e cieco. Senza mai sentire, senza mai vedere il ritorno delle idee, delle organizzazioni e delle pratiche più o meno naziste e fasciste che stanno inquinando tanta parte dell’Europa.

Scriveva “Mario”, Pietro Tajetti

Qualcuno voleva impedirti

che altri uomini, altre donne, altri bambini

vivessero in un mondo diverso

fatto di lavoro, di benessere, di felicità

non so se oggi si possa dire

che tutto si sia realizzato,

ma i sogni restano

e quelli nessuno potrà toglierteli

vecchio partigiano.

Sì, Primo. I sogni restano. E nessuno potrà toglierteli, vecchio partigiano. Né a te, né ad altri. Perché i tuoi sogni, “Bocia”, i sogni di uno studente ricercato dalla Brigata Nera, sono oramai diventati i nostri sogni.

Pubblichiamo un video postato su Youtube da Maridarbi l’8 aprile 2012: l’incontro di Primo con gli studenti e le sue appassionate considerazioni. Di Primo De Lazzari avevamo già parlato con l’articolo pubblicato il 16 ottobre 2015 (questo il link: http://www.patriaindipendente.it/persone-e-luoghi/profili-partigiani/primo-de-lazzari-bocia-un-ragazzo-della-resistenza/)