Cordenons oggi (da http://www.ciavedal.it/wp-content/uploads/2014/07/copy-panoramicaCordenons.jpg)

Nell’ormai lontano 15 maggio 1921, quando nelle ultime libere elezioni, prima dell’avvento del fascismo, Cordenons espresse una maggioranza relativa socialista, con quell’atto di fiducia alle forze di sinistra anticipava una posizione nettamente antifascista ed una scelta che si sarebbe protratta nel tempo traducendosi in azioni di massa durante la dittatura e in un aperto sostegno al Movimento partigiano.

Alcuni giorni prima di quelle elezioni alcuni suoi cittadini si erano volontariamente uniti alla popolazione di Torre (borgo limitrofo del Comune di Pordenone) che, alzando le barricate, aveva opposto una prima resistenza armata al fascismo insorgente. Nel 1923, nonostante ripetute intimidazioni, gli operai della Cartiera Galvani promuovevano uno sciopero.

Nel 1930 i contadini di Cordenons manifestarono in piazza contro la politica del fascismo in materia di bonifica. Ci fu l’arresto di 20 persone, processate e condannate per «manifestazione sovversiva».

È soprattutto il Cotonificio «Makò» (Cantoni) dove lavoravano oltre 1.000 operai, di cui 700 donne, che diverrà, negli anni 30, il centro dell’attività «sovversiva» e la fucina delle figure migliori dell’antifascismo e del futuro movimento partigiano locale.

Tre operai tessili, tra cui l’assistente Vittorio Carli, furono arrestati nel 1931, processati dal Tribunale Speciale e confinati dal fascismo. La stessa sorte subì più tardi l’ex carabiniere Calcherutti, poi fucilato a Cordenons dai nazifascisti nel settembre ’44.

Questo il ricco retroterra dell’antifascismo cordenonese, che precedette l’epopea partigiana e la corale partecipazione dei cittadini alla Resistenza.

Cordenons (8.000 abitanti nel 1943) ebbe 149 partigiani combattenti, di cui 44 caduti in combattimento e 410 deportati militari e civili. Il principale contributo alla guerra di Liberazione fu senz’altro quello fornito dai lavoratori e lavoratrici delle due fabbriche locali (Cartiera e Cotonificio) e dai contadini.

 

Pubblichiamo la testimonianza di due ex operaie che furono tra le organizzatrici dello sciopero.

Nella Carli (“Dora”)

Al momento della caduta del fascismo (1943) lavoravo alla Filatura «Makò» dove ero entrata nel 1936 all’età di 13 anni.

Nel luglio 1944 organizzammo una manifestazione di donne davanti al Municipio di Cordenons per protestare contro il proclama delle autorità fasciste (obbligo di arruolamento per tutti i maschi nati nell’anno 1925). Mi ricordo che ad un certo punto un giovane partigiano entrò all’interno del Municipio e si fece consegnare i cartellini dell’anagrafe della classe 1925, che furono poi dati alle fiamme sotto il Municipio stesso.

Il vecchio stabile del cotonificio “Makò” oggi (da https://c1.staticflickr.com/9/8078/8360199361_c557064194_b.jpg)

Nell’agosto 1944 si ventilò a Pordenone e a Cordenons l’ipotesi che i tedeschi volessero asportare il macchinario dei cotonifici in Germania. Nei lavoratori del «Makò» serpeggiava un forte malcontento per i ritardi nel pagamento della cassa integrazione aziendale. Fu così che tra il GAP di fabbrica ed il Comando partigiano nacque l’idea dello sciopero generale. Si procedette in questo modo: suddivisione dei volantini ciclostilati alla macchia tra gli operatori incaricati e distribuzione degli stessi accuratamente piegati, nei cassetti e nelle tasche dei grembiuli. Il giorno dello sciopero, fin dalle 5 del mattino organizzammo un «picchetto» di 6-7 donne a circa 200 m. dalla portineria. Lo sciopero riuscì compatto.

Ma su di noi si scatenò la rabbia del nemico e la rappresaglia della direzione aziendale che procedette al licenziamento in tronco di tutte le operaie del picchetto. Solo dopo l’intervento del Comando partigiano la direzione ci convocò in Ufficio per comunicarci che… «venivamo riassunte: che loro non avevano intenzione di licenziarci perché, oltretutto, eravamo tra le migliori operaie e che lo avevano fatto solo perché avevano ricevuto una intimazione dalle “Autorità” fasciste».

Rina Raffin

Partecipai anch’io all’organizzazione dello sciopero. Fu una manifestazione che dimostrò un grande coraggio da parte dei lavoratori. Ricordo che ci fu in tutti noi una carica di entusiasmo ma anche di preoccupazione quando il Comando partigiano ci indicò l’esigenza di indire lo sciopero, anche se sapevamo dei rischi a cui andavamo incontro. L’adesione fu totale, anche se c’era tanta paura, ma la voglia di manifestare la nostra rabbia contra la guerra era tanta che vincemmo la paura. I lavoratori però sapevano benissimo che senza la loro unità non sarebbe stato possibile trovare il coraggio di scioperare. La piena riuscita dello sciopero, qui a Cordenons ma anche negli stabilimenti tessili di Pordenone, non solo servì a far rientrare la ventilata minaccia del trasferimento dei macchinari in Germania, ma ci consentì di prendere coraggio e di incominciare ad organizzarci sindacalmente e politicamente.

Così il 30 aprile 1945, giorno della liberazione di Cordenons, fu anche per noi, come per tutto il Paese, una grande giornata di gioia e di festa….

Da Patria indipendente n. 6-7 del 17 aprile 1994