Piero Calamandrei

Che significa la data del 25 aprile? Perché la celebriamo?

Questa data ha due significati: commemorazione del passato, consacrata ai Morti; impegno per l’avvenire, riconfermato dai vivi.

Ringraziamo i Morti che si sacrificarono perché questa data fosse una mèta, la fine del terrore e della vergogna: la conclusione della guerra civile, scatenata dagli squadristi del 1921 e schiacciata dai partigiani del 1945; la cacciata della monarchia traditrice, che per salvarsi vendé la patria ai pugnalatori; lo sprofondarsi della infernale maledizione razzista, che asfissiò la civiltà europea col fumo delle camere a gas; il crollo del militarismo prussiano, banda di carnefici nazisti vestiti da generali.

Ma per i vivi il 25 aprile è un inizio: una data di liberazione e di fiducia umana. In quel giorno, dopo tanto sangue, al disopra di tante rovine, nacque sul mondo una speranza. Negli anni della resistenza clandestina si era provato che uomini di tutti i partiti, purché li unisca la fede nella libertà e nella giustizia sociale, possono fraternamente collaborare per costruire un mondo senza carnefici e senza servi. II 25 aprile segnò l’impegno di continuare nella pace questa collaborazione fraterna.

Oggi, a distanza di sette anni, gli artefici della catastrofe, tornati ai loro posti di privilegio non si contentano della impunità: osano presentarsi come salvatori della patria, essi che furono gli sciagurati colpevoli di tutte le sue rovine; osano arringare il popolo, essi per i quali il popolo doveva essere un gregge di schiavi; osano invocare Trieste, essi che, messisi al soldo dei tedeschi nella folle guerra fratricida, la gettarono in preda allo straniero. E intanto i generali nazisti chiedono armi, per salvar questa Europa che essi ridussero a un campo di concentramento e di macerie.

Uomini della Resistenza, la Resistenza non è finita! Contro questi ritorni, oggi 25 aprile, siamo presenti a rinnovare l’impegno.

Per questi Morti, chi ha fede nella libertà e nella giustizia sociale, è ancora qui a dire «no» a tutte le tirannie e a tutte le guerre: per la pace e per la redenzione umana, combattenti nell’unica lotta feconda e civile, che è quella del lavoro contro la miseria e contro il dolore.

(Patria indipendente N° 4 del 20 aprile 1952)