poloniaLa scorsa settimana la stampa europea ha analizzato i risultati delle elezioni in Polonia come una sorpresa, esprimendo grande preoccupazione. “Un vento di destra spazza la Polonia”, ha titolato un quotidiano internazionale, riassumendo la reazione europea ai risultati elettorali polacchi. Risultati che hanno implicazioni forti certo per il futuro dell’Europa, ma, più ancora, per il futuro della Polonia stessa. Prima di cercare d’immaginare quali cambiamenti emergeranno dal risultato elettorale e prima di tentare ogni analisi di «gestione del rischio polacco» ricordiamoci il viaggio che la Polonia realizzato negli ultimi tre decenni.

Da vittima di un regime totalitario a membro a pieno titolo della UE e della NATO. Patria del movimento Solidarnosh, la Polonia ha vissuto un enorme progresso sociale ed economico, diventando un modello per molti Paesi dell’Europa orientale e sudorientale. Vedendo l’ex primo ministro Donald Tusk diventare il Presidente del Consiglio europeo nel dicembre 2014, una delle tre più importanti cariche dell’Unione europea, i cittadini della Polonia devono essere stati pieni d’orgoglio. Dopo un lungo cammino, certo con alcuni errori, nel complesso erano riusciti a fare molto meglio di tanti altri Paesi che uscivano da una situazione simile. Prima delle elezioni un osservatore esterno avrebbe scommesso sulla scelta polacca di proseguire la strada intrapresa. Ma gli elettori hanno scelto un’altra via. Tutti, giustamente, si stanno chiedendo «perché?», «Cos’è successo? Di chi è la colpa?». Ma soprattutto, cosa significa questo per il resto dell’Unione europea?

Cosa è successo il 25 ottobre?

Il 25 ottobre 2015 la stragrande maggioranza degli elettori polacchi ha votato per il Partito della legge e della giustizia, che è diventato il primo partito ad avere la maggioranza assoluta in Polonia dal 1989. Prima di ottenere 235 seggi su 460 nel Parlamento polacco, il Partito della legge e della giustizia aveva vinto le elezioni presidenziali del 26 maggio 2015, facendo di Anrzej Duda il sesto presidente polacco dall’elezione del leader di Solidarnosh Lech Wałęsa nel 1990.

Il nuovo Presidente polacco Anrzej Duda, del Partito della legge e della giustizia
Il nuovo Presidente polacco Anrzej Duda, del Partito della legge e della giustizia

Il Partito della legge e della giustizia era sinora soprattutto conosciuto come quello dei gemelli Kaczyński, Lech e Jarosław. Lech, Presidente della Polonia perito nell’incidente aereo di Smolensk nel 2010; Jarosław, primo ministro della Polonia dal 2006 al 2007 e tuttora presidente del partito. Anche se ex primo ministro e Presidente del partito, Jarosław non era candidato. Era Beata Szydlo, parlamentare di 52 anni, la figura di spicco, artefice del successo presidenziale di Anrzej Duda. E sarà lei il primo ministro della Polonia. Ma pur non essendo un candidato, Jarosław Kaczyński resta una figura importante, destinato ad essere, magari nell’ombra, il manovratore.

Non bisogna dimenticare che non è la prima volta che il Partito della legge e della giustizia arriva al potere: aveva vinto le elezioni presidenziale e parlamentari nel 2005, e gestito un governo molto turbolento sino a perdere le elezioni anticipate del 2007 contro la coalizione civica di Donald Tusk. Tra il 2005 ed il 2007 erano il senior partner del governo di coalizione, e ora governeranno da soli.

Il Partito della legge e della giustizia è spesso descritto come un partito nazionale-conservatore. A livello europeo è un membro del Gruppo conservatore, euro-scettico e anti-federalista «Alleanza dei conservatori e Riformisti europei». L’Alleanza è stata voluta e creata dai Conservatori britannici dopo le elezioni del Parlamento europeo 2009. Il leader attuale è quel David Cameron che si staccò dal Partito Popolare Europeo, garantendosi una breve storia d’amore con gli elettori del Regno Unito finita assai male però a livello europeo, perdendo ogni residua reale influenza nel Parlamento di Strasburgo e, più in generale, nella UE. Il gruppo conservatore ha 75 dei 751 seggi del Parlamento europeo attuale; con 19 membri il Partito della legge e della giustizia è il secondo più grande partito del gruppo. Ma le limitate dimensioni fanno sì che, sinora almeno, la loro influenza a livello europeo sia stata marginale.  

gruppodivisegrad
I quattro Paesi del “Gruppo di Visegrad”, e cioè Polonia, Ungheria, Repubblica Ceca e Repubblica Slovacca. I leader del “Gruppo di Visegrad”, nato nel febbraio 2001 per stabilire e rafforzare la cooperazione fra questi Stati, si sono riuniti di recente a Praga per un vertice straordinario sull’emergenza migranti. Ungheria, Repubblica Ceca e Repubblica Slovacca si sono espressi contro il sistema delle quote (immagine da http://www.luventicus.org/mappe/europa/gruppodivisegrad.html)

Il nuovo governo solleva, inutile nasconderlo, tante domande e paure nella stessa Polonia. Ma anche a Bruxelles e nelle capitali dell’Unione europea, e non solo, ci si pongono molti interrogativi. Se gli osservatori polacchi temono che il nuovo governo di Varsavia potrebbe marginalizzare la Polonia all’interno dell’Unione europea, magari schierandosi contro il potente vicino tedesco, gli europeisti temono che i risultati delle elezioni in Polonia aiutino il Regno Unito e David Cameron a spingere per la rinegoziazione della posizione del Regno Unito nell’Unione europea. Aprendo la porta ad altri, magari alla Polonia stessa, verso quel cammino che conduce ad una maggiore «sovranità» per gli Stati membri a discapito dell’Unione. Altrettanto forte il timore che il nuovo governo polacco cessi di essere un partner costruttivo nella crisi dei rifugiati; e che il suo obiettivo non sia il “più Europa”, ma piuttosto il “più Gruppo di Visegrad”, ovvero quell’insieme di Paesi che oltre a Varsavia raccoglie Ungheria, Repubblica Ceca e Repubblica slovacca. Quasi tutti concordano che il nuovo governo polacco non si precipiterà a fare della Polonia il prossimo membro della zona Euro.

Tutto questo implica che, per il nuovo governo polacco, l’Unione europea non è più il luogo politico in cui cercare le soluzioni ai problemi nazionali, europei e mondiali, ma piuttosto il luogo d’origine di tali problemi. O comunque la realtà politica che non fa che aggravarli. La domanda principale, a questo punto, è: «ma come si arrivati al 25 ottobre?».

Negli ultimi tre decenni la Polonia ha fatto «le cose giuste». Con l’aiuto di Solidarnosh ha smantellato il regime oppressivo diventando un simbolo della lotta per i valori democratici. Con l’aiuto dell’Unione europea e della NATO ha trasformato la propria società ed economia diventando parte vitale del club delle democrazie liberali occidentali.

Negli ultimi anni gli osservatori politici hanno provato a spiegare la crescita dell’estrema destra e dell’euro-scetticismo nei Paesi dell’Unione europea come una conseguenza, o un sintomo, di problemi diversi (spesso temporanei). La spiegazione classica è legata alla stagnazione economica ed alla paura per lo stato sociale. Il prossimo paragrafo cercherà di scoprire se questo è anche il caso in Polonia.

La colpa è dell’economia!

La Polonia, la sua economia e la sua popolazione, hanno tratto il meglio dall’adesione all’Unione europea ed alla NATO. Con una popolazione di 38 milioni, la Polonia – secondo la Banca mondiale – aveva un PIL pro capite nel 1990 di circa 1.700 dollari. Quattordici anni più tardi, dopo anni di riforme economiche, democratizzazione ed i negoziati di adesione dell’Unione europea, il PIL pro capite è quadruplicato, 6.600 dollari nel 2004. Nei primi dieci anni di appartenenza all’Unione europea il PIL è arrivato a 14.500 dollari. Oggi la Polonia è, in termini di PIL, la settima più grande economia di Unione europea e la ventesima più grande nel mondo. Dal 2008 al 2014 la sua economia è cresciuta del 23,8%, con un’aspettativa di crescita per quest’anno di oltre il 3%.

Ragazze polacche in abiti tradizionali
Ragazze polacche in abiti tradizionali

L’occupazione è cresciuta dal 51,7% del 2004, quando la Polonia entrò nell’Unione europea, al 61,7% del 2014, senza contare che nel bilancio 2007-2013 dell’Unione europea, le sovvenzioni per la Polonia ammontavano a quasi 68 miliardi di euro, ovvero il maggiore beneficiario tra i Paesi dell’Unione europea.

Sarebbe difficile sostenere che la Polonia si trovi in un periodo di stagnazione economica; al contrario il Paese è considerato un esempio, l’unica economia dell’Unione europea che non è stata colpita dalla recessione provocata dalla crisi finanziaria.

Ma allora come si spiega che un Paese che ha beneficiato così tanto dall’adesione all’Unione europea sia diventato euro-scettico?

A detta di molti, la prima ragione è da cercare nelle promesse elettorali del Partito della legge e della giustizia. Abbassamento dell’età pensionistica, sostegno mensile per ogni neonato, blocco dell’apertura di nuovi supermercati stranieri, una nuove legge sulle banche, per “risolvere il problema” di chi ha contratto prestiti in franchi svizzeri. Se realmente poste in essere, tutte queste misure rallenteranno la crescita economica della Polonia e danneggeranno l’immagine del Paese tra gli investitori. Ma sono preoccupazioni a medio termine, che sembrano parlare poco alla «pancia» degli elettori.

La Coalizione civica, uscita perdente dalle elezioni, aveva sostenuto un approccio diverso, provando a vincere le elezioni con argomenti di «buon senso», elencando quanto fatto finora. E, senza successo, cercando di spiegare perché, sulla lunga distanza, le facili promesse del Partito della legge e della giustizia non fossero «il meglio» per la Polonia ed i suoi cittadini. Ma in un Paese con uno stipendio medio di 700 euro, molto – forse troppo – vicino ad una molto più ricca Germania, le promesse fatte dal Partito della legge e della giustizia hanno avuto miglior eco.

Un altro motivo spesso citato per spiegare la scelta euroscettica e di destra degli elettori è la stanchezza, l’essere stufi di partiti autoreferenziali che hanno perso il collegamento con «la gente». Il prossimo paragrafo cercherà di scoprire se questo è anche il caso della Polonia.

La colpa è dei partiti!

Nell’agosto 2014, quando Donald Tusk lascia l’incarico di primo ministro per diventare il Presidente del Consiglio europeo, la leadership di partito e del governo è ripresa da Ewa Kopacz, che ha guidato la Coalizione civica da allora, nelle sconfitte di maggio ed ottobre 2015.

Ewa Kopakz, ex Primo Ministro della Polonia, la grande sconfitta delle ultime elezioni (da http://www.polskieradio.pl/5/3/Artykul/1429138,Ewa-Kopacz-Wladyslaw-Bartoszewski-byl-ambasadorem-pojednania)
Ewa Kopakz, ex Primo Ministro della Polonia, la grande sconfitta delle ultime elezioni (da http://www.polskieradio.pl/5/3/Artykul/1429138,Ewa-Kopacz-Wladyslaw-Bartoszewski-byl-ambasadorem-pojednania)

La Coalizione, o Piattaforma civica è spesso descritta come un partito liberal-conservatore e cristiano-democratico. Il partito si posiziona come un partito politico di centro-destra noto per le sue posizioni pro-europee. A livello di Unione europea è membro del Partito Popolare Europeo. Il suo fondatore ed ex presidente, Donald Tusk, è l’attuale Presidente del Consiglio europeo.

Probabilmente sarebbe ingiusto imputare le recenti sconfitte elettorali solo ad Ewa Kopacz. Dal 2007 in poi la piattaforma civica ha visto una perdita significativa di sostegno popolare, perdendo circa la metà dei suoi elettori tra il 2007 ed il 2015. 6,7 milioni di voti nel 2007, 5,6 milioni nel 2011, solo 3,6 milioni di voti nel 2015. La Piattaforma ha perso circa un terzo dei seggi in Parlamento: da 209 a 138 su 460.

Tutto questo durante il sopra citato progresso economico della Polonia. E l’aumento dell’influenza polacca in Europa e nel mondo.

Accanto al già citato Donald Tusk, c’erano due altre figure politiche di spicco che appartengono alla piattaforma civica e che simboleggiano l’aumento dell’influenza polacca in Europa. Il primo è Jerzy Buzek, ex primo ministro polacco e presidente del Parlamento europeo da luglio 2009 a gennaio 2012. E poi l’ex ministro degli esteri, Radosław Sikorski.

Negli ultimi otto anni, la Polonia è diventata un partner forte della Germania. La prova più recente di questa partnership è stato il voto della Polonia a favore dell’introduzione dei «contingenti» di rifugiati. Voto contrario a quello degli altri Paesi del gruppo di Visegrad (Ungheria, Repubblica Ceca e Repubblica slovacca).

Un’analisi probabilmente troppo semplicistica del risultato elettorale della piattaforma civica suggerisce che gli elettori non hanno tanto voluto premiare il Partito della legge e della giustizia quanto punire la piattaforma civica, insoddisfatti per l’alto numero di scandali che hanno colpito la coalizione nell’anno precedente alle elezioni. Un semplice sguardo al di là delle mere percentuali, però, suggerisce una conclusione diversa. I voti della Piattaforma civica sono piuttosto andati a due partiti «ribelli», il Kukiz 15, fondato dal cantante rock dell’ultra destra Paweł Kukiz, che ha ottenuto l’8,7%, e Nowoczesna, fondata dall’economista liberale Ryszard Petru che ha ottenuto il 7,7%.

Il Partito della legge e della giustizia non ha visto un incremento sostanziale dei voti negli ultimi tre anni, è passato dai 5,1 milioni di voti del 2007 ai 5,7 milioni del 2015, mentre i due partiti «ribelli» di recente costituiti hanno racimolato ben 2,4 milioni di voti.

Altro elemento da non sottovalutare è la legge elettorale polacca, che, vista la frammentazione dei voti nel 2015, ha portato il Partito della legge e della giustizia ad avere 235 seggi con 5,7 milioni di voti. Nel 2007, pur avendo ottenuto 6,7 milioni di voti (ovvero un milione in più) la piattaforma civica ottenne solo 209 seggi in Parlamento. Oltre alla dispersione dei voti tra varie liste, si nota anche un aumento degli elettori registrati a cui corrisponde un maggiore astensionismo. Nel 2007 votarono 16,1 milioni di elettori su 30,6 milioni di aventi diritto. Nel 2010 il numero di elettori registrati fu lo stesso, ma i votanti scesero a 14,3 milioni (diminuzione significativa degli elettori effettivi di 1,8 milioni). Nel 2015 il numero degli elettori registrati è aumentato, ma a tale aumento non è corrisposto un incremento significativo dei votanti.

Il che significa che gli elettori pro-europei sono, di fatto, o rimasti a casa o hanno optato per la novità, quei partiti «ribelli» di cui sopra. È un’importante lezione per altri partiti politici centristi pro-europei dell’Unione europea. Il che ci porta al terzo motivo possibile per il cambiamento del 25 ottobre: il partito dei ribelli.

È colpa degli outsiders!

Il Kukiz 15 è un movimento politico di destra fondato nel maggio 2015 da un musicista punk Paweł Kukiz. Kukiz è un cantante, attore e musicista nato nel 1963. Nel maggio 2015, alle elezioni presidenziali, ha ottenuto il 21% dei voti. Gli osservatori lo descrivono come un attivista “anti-sistema”. Nel 2005 e nel 2007 Kukiz sosteneva la piattaforma civica, ma nel 2015 la descrive come il “partito di truffatori”. Diventa un sostenitore del collegio uninominale all’inglese ed attacca i partiti al potere accusandoli di essere una élite di “oligarchi corrotti”.

Il cantante, attore e musicista Pawel Kukiz, fondatore del partito di estrema destra Kukiz 15, che alle elezioni del 25 ottobre ha ottenuto l’8.8% dei voti
Il cantante, attore e musicista Pawel Kukiz, fondatore del partito di estrema destra Kukiz 15, che alle elezioni del 25 ottobre ha ottenuto l’8.8% dei voti

Il 25 ottobre il Kukiz 15 ottiene l’8,8% dei voti, 1,3 milioni di polacchi votano per Paweł Kukiz.

Altro «partito ribelle party» è il Nowoczesna, o «partito moderno», fondato anch’esso nel maggio 2015. Il suo fondatore è un economista liberale Ryszard Petru, nato nel 1972. Politicamente attivo dagli anni 90, Petru è stato Assistente parlamentare prima di lavorare come economista alla Banca mondiale e poi consulente per il sistema bancario.

Il 25 ottobre il Nowoczesna ottiene il 7,7% dei voti da 1,1 milioni di elettori. A livello europeo il partito spera di diventare un membro dell’Alleanza dei liberali e democratici per l’Europa.

Se Nowoczesna non è una minaccia per la democrazia, Kukiz 15 è certamente un partito di estrema destra e fortemente euroscettico. Il che ci porta alla quarta possibile spiegazione: un fallimento dell’Unione europea.

polonia-ueÈ colpa dell’Unione europea!

Sembra difficile sostenere che il 25 ottobre gli elettori polacchi hanno votato a destra perché arrabbiati con l’Unione europea. O perché volevano fare a meno dell’Unione europea. Tuttavia, il risultato delle elezioni è che il Partito della legge e della giustizia, che è un partito conservatore ed euro-scettico, ha ottenuto la maggioranza assoluta in Parlamento polacco. I paragrafi precedenti hanno cercato di dimostrare che il risultato elettorale è stato il frutto di una combinazione di elementi, dalla frammentazione dei voti all’affluenza alle urne, senza dimenticare il fascino delle promesse populiste del Partito della legge e della giustizia.

La campagna elettorale si è occupata ben poco dell’Europa, più centrata su problemi economici o politici interni, dalla modifica delle circoscrizioni elettorali ai rimborsi dei prestiti in franchi svizzeri, dagli ormai consueti insulti al governo in carica alla critica delle lentezze burocratica e degli scandali passati.

Il che ci porta ad una conclusione importante: la «rivoluzione» del 25 ottobre non vede le sue origini nelle posizioni antieuropee dei vincitori, ma piuttosto nell’incapacità del governo e della Coalizione civica a spiegare e capitalizzare gli ottimi risultati ottenuti collaborando con l’Europa e traendone i massimi benefici possibili, sia dal punto di vista economico sia nell’immagine internazionale del Paese.

Sarebbe a questo punto facile elencare l’ascesa dei partiti politici di estrema destra in altri Stati membri dell’Unione europea. Si potrebbe iniziare da Finlandia o Austria, continuando con Ungheria e Francia. L’esperienza di Francia o Austria potrebbe portarci a concludere che i problemi dell’Unione europea, la paura per lo stato sociale o le migrazioni sono stati motivi dominanti per l’ascesa di partiti di estrema destra ed euro-scettici anche in Polonia. Ma proprio il caso della Polonia, se osservato più da vicino, dimostra che ogni Paese possiede dinamiche proprie non necessariamente generalizzabili.

Ma se l’euro-scetticismo del Partito della legge e della giustizia non ha giocato un ruolo importante nella campagna elettorale, non significa che non avrà alcun impatto sull’Unione europea. Il prossimo paragrafo cercherà di concludere questa analisi ipotizzando l’impatto delle elezioni polacche sul futuro dell’Unione europea.  

La Polonia è cambiata: e adesso?

La prima interpretazione dei risultati del 25 ottobre è stata unanime: l’ennesimo colpo all’Unione europea. Se nelle righe precedenti abbiamo cercato di dimostrare che gli elettori polacchi non hanno intenzionalmente cercato di mordere la mano che li nutriva, così come non hanno improvvisamente dimenticato i benefici che l’adesione all’Unione europea ha portato, è chiaro che gli strascichi della crisi greca ed il problema impellente dei flussi migratori incontrollati hanno di fatto influito sull’interpretazione dei risultati.

I gemelli Lech e Jarosław Kaczyński, fondatori del Partito della legge e della giustizia. Lech, allora Presidente della Repubblica, è morto nell’incidente aereo di Smolensk nell’aprile 2010 (da http://www.remocontro.it/2015/05/25/polonia-ultra-destra-leredita-populista-dei-gemelli-kaczynski/)
I gemelli Lech e Jarosław Kaczyński, fondatori del Partito della legge e della giustizia. Lech, allora Presidente della Repubblica, è morto nell’incidente aereo di Smolensk nell’aprile 2010 (da http://www.remocontro.it/2015/05/25/polonia-ultra-destra-leredita-populista-dei-gemelli-kaczynski/)

Anche se l’Euro-scetticismo non ha giocato un ruolo significativo per gli elettori polacchi, le posizioni politiche del nuovo governo della Polonia favoriranno i fautori della “meno Europa”. Se sotto la guida del movimento civico la Polonia, pur non essendo entusiasta del progetto tedesco sulla distribuzione di quote di migranti, è andata contro il gruppo di Visegrad votando a favore delle quote, il nuovo governo spingerà per legami più stretti con questo gruppo, indebolendo l’intesa con la Germania e la conseguente posizione di solidarietà europea.

La Polonia del Partito della legge e della giustizia sarà particolarmente attenta agli sviluppi in Europa orientale e vedrà la Russia come una minaccia esterna. Sarà un forte alleato del Regno Unito e David Cameron guadagnerà un prezioso sostenitore nel cammino contro le limitazioni della sovranità nazionale.

Una prima conseguenza a livello internazionale già si è vista nell’ambito della lotta ai cambiamenti climatici. Nell’ultima settimana di ottobre il Presidente del Partito della legge e della giustizia, Duda, ha posto il veto all’estensione del protocollo di Kyoto del 1997, impedendo all’Unione europea di approvarne l’estensione e privando la Polonia dei sostanziali introiti economici che le venivano dal redditizio commercio delle quote di emissioni.

L’Unione europea, ed i partiti democratici degli Stati membri, non possono non far tesoro dell’esperienza polacca, che racchiude quel mix di populismo, egoismo nazionale ed autoreferenzialismo che sembrano dilagare in varie situazioni locali. Solo se sapranno evitare gli errori polacchi potranno sperare di mantenere un’Unione Europea forte, baluardo contro le derive a destra e gli illogici egoismi.

Anna Ibrisagic, già Parlamentare europeo per due legislature, membro della Commissione affari esteri, oggi Consulente in politica europea per vari governi

Filippo Giuffrida, giornalista, Presidente dell’ANPI Belgio e membro del Comitato Esecutivo della FIR