Beppe Fenoglio. Foto di Aldo Agnelli – Archivio Centro Studi Beppe Fenoglio, Alba

Nel 1968, cinquanta anni fa, usciva per Einaudi la prima edizione de Il partigiano Johnny, a cinque anni dalla morte di Fenoglio. Il romanzo fu rielaborato in modo consistente dal curatore Lorenzo Mondo sulla base di un magma di appunti quasi tutti scritti in inglese con la sutura di due tronconi del romanzo, che parte dal primo imboscamento di Johnny fino alla vigilia della Liberazione. Mondo scelse anche il titolo, “Il partigiano Johnny”. In effetti, il romanzo è una storia autobiografica e non corale della Resistenza, è il romanzo di formazione del partigiano, secondo la definizione del capo comunista Corradi: «Partigiano, come poeta, è parola assoluta, rigettante ogni gradualità».

I giovani che diventarono partigiani a vent’anni, come Beppe Fenoglio, appartenevano a una generazione educata dal regime fascista ai valori della virilità, del militarismo, del nazionalismo ed erano completamente estranei alla politica intesa come partecipazione democratica, come lo stesso Fenoglio racconta. È nella vita di banda che i giovani partigiani hanno avuto la loro straordinaria scuola di vita. L’inizio della vita adulta per quei giovani consisteva in un atto di disubbidienza verso i bandi della RSI, scelta individuale, spesso drammatica, senza riparo di un’autorità superiore. La vita di banda educava non solo a combattere, ma alla solidarietà e alla responsabilità individuale per il bene collettivo in una situazione di guerra, in cui l’imprudenza individuale comprometteva la vita di tutti i compagni. All’attacco il pericolo era totale e al partigiano caduto si giurava eterno ricordo.

Alla sua uscita il romanzo riscosse un grande successo non solo per la scrittura di originale effetto stilistico nella mescolanza di italiano e inglese e nell’uso straordinario di vocaboli e di accostamenti, ma per l’interpretazione antiretorica della Resistenza in quanto storia soggettiva degli avvenimenti vissuti dal protagonista. Molti partigiani non si riconobbero in quella narrazione, ma per i giovani studenti, contestatori della politica dei partiti di sinistra e della Resistenza incompiuta, e influenzati dalle esperienze internazionali delle rivoluzioni cubana e cinese, dalla guerra del Vietnam, dai regimi fascisti in America Latina e in Grecia, diventò un libro di culto.

Lo scontro ideologico-politico di massa degli studenti e degli operai contro il terrorismo fascista, in nome di un antifascismo esistenziale, stimolò anche un nuovo corso storiografico, superando il periodo precedente della memorialistica dei protagonisti (1945-55), il mito patriottico della Resistenza e la stessa impostazione politica di classe della Storia della Resistenza italiana di Roberto Battaglia (1953), mentre l’Istituto nazionale per la storia del movimento di Liberazione in Italia, istituito nel 1949 da Ferruccio Parri, reperiva i documenti partigiani, stimolando studi storici e molte tesi di laurea.

Delle aspirazioni della contestazione giovanile tenne conto Guido Quazza in Resistenza e storia d’Italia (1971), che studiò il rapporto complesso tra antifascismo, Resistenza e fascismo nel corso del 900. Pur considerando centrale il ruolo dei partiti e del CLN, l’impegno degli antifascisti e dei combattenti, Quazza evidenziò la spontaneità della scelta dei giovani non politicizzati e la scuola di democrazia della vita della banda partigiana, sottolineando come le vecchie strutture dell’apparato economico, amministrativo e coercitivo fossero ancora presenti nelle istituzioni repubblicane.

Laurana Laiolo (da http://www.lastampa.it/2016/10/27/asti/ la-fiera-di-san-carlo-a-nizza-compie-anni-e-c-gi-il-luna-park-Uhs5IKnJQbA3EaYOAUcwOO/pagina.html)

Successivamente, per Claudio Pavone, con Una guerra civile. Saggio storico sulla moralità della Resistenza (1991), lo scrittore Fenoglio diventò una fonte di interpretazione dei sentimenti resistenziali.

Lo storico utilizzò le fonti degli archivi, ma anche della memorialistica e della letteratura. Affrontando i temi fondamentali del saggio – la scelta, la violenza, la ricostruzione dell’identità nazionale, la rifondazione della politica, i contrasti ideologici e militari tra le formazioni partigiane – fece ampie citazioni di brani di Beppe Fenoglio per porre a confronto, da un lato, l’organizzazione militarizzata e la concezione della guerra patriottica in senso anticomunista degli Autonomi e, dall’altro, la democrazia orizzontale della banda garibaldina, ispirata dalla lotta di classe, con il denominatore comune dell’odio per i fascisti traditori dell’Italia. Il libro di Fenoglio diventò così il “romanzo storico” della Resistenza.

Ma la storia del romanzo è più complessa. Dal riordino delle carte fenogliane a cura di Maria Corti, risultò che lo scrittore aveva già scritto tutto il testo di Johnny quando pubblicò nel 1959 Primavera di bellezza, che era solo una parte del tutto. Dopo le polemiche suscitate in ambiente partigiano dai racconti Ventitré giorni della città di Alba (1952), Fenoglio, consapevole dei giudizi problematici contenuti nel romanzo, accettò il consiglio dell’editore Garzanti di spezzare la storia. Così concluse “Primavera di bellezza” facendo morire Johnny in uno scontro con i fascisti.

Beppe Fenoglio, attestato di partigiano combattente

Lo scrittore, in una lettera a Calvino nel gennaio 1957, aveva espresso l’intenzione di pubblicare un «libro grosso dal 1940 al 1945», facendo iniziare la storia di Johnny dall’esperienza di studente universitario di provincia deluso e aspirante scrittore, che diventava partigiano nella II Divisione autonoma Langhe e ufficiale di collegamento nel Monferrato con le truppe inglesi. Nel 1978, fu quindi pubblicata una prima edizione critica (3 vol. e 5 tomi) con il titolo Ur Partigiano Johnny. Rispetto al romanzo pubblicato da Mondo, in “Ur” prevale il tratto autobiografico, diaristico e nel tomo primo c’è la storia reale di Fenoglio partigiano durante la sua permanenza in Monferrato. Nel 1992 uscì una seconda redazione critica a cura di Dante Isella, Romanzi e racconti, e nel 2015 Gabriele Pedullà ha pubblicato la narrazione completa del “romanzo grosso”, ideato da Fenoglio con il titolo Il libro di Johnny. Il testo integrale ha “un’architettura elementare”, che si regge sulle memorie trasfigurate dalla creatività letteraria, senza un vero e proprio intreccio, dove è lo stesso Johnny ad attribuire valore agli avvenimenti a cui prende parte, un romanzo epico con un ritmo lento e solenne sull’esempio di Omero e della letteratura inglese epica di Melville e Milton.

Laurana Lajolo, docente e scrittrice


Per approfondire: D. Lajolo Ulisse, Classe 1912, 1945; P. Chiodi, Banditi, 1946; G. Pesce, Soldati senza uniforme, 1950; A. Gobetti, Diario partigiano, 1956; R. Battaglia, Storia della Resistenza italiana, Einaudi, 1953; Leo Valiani, Dieci anni dopo 1945-1955. Saggi sulla vita democratica italiana, 1955; B. Fenoglio, Il partigiano Johnny, Prefazione di L. Mondo, Einaudi, 1968; G. Quazza, Resistenza e storia d’Italia, Feltrinelli, 1971; B. Fenoglio, Ur partigiano Johnny, a cura di John Meddemmen, traduzione di Bruce Merry, Einaudi, 1978; Claudio Pavone, Una guerra civile. Saggio storico sulla moralità della Resistenza, Bollati Boringhieri, 1991; B. Fenoglio, Romanzi e racconti, postfazione di Dante Isella, Einaudi, 1992; B. Fenoglio, Appunti partigiani 1944-45 a cura di L. Mondo, Einaudi, 1994; B. Fenoglio, Lettere 1940-1962 a cura di L. Bufano, Einaudi, 2002; S. Favretto, Fenoglio verso il 25 aprile narrato e vissuto in “Ur partigiano Johnny”, prefazione di Edoardo Borra, Falsopiano, 2015; B. Fenoglio Il libro di Johnny, a cura di Gabriele Pedullà, Einaudi, 2015.