Il professor Luciano Canfora (da https://2.bp.blogspot.com/ -3SUv-cD4fp0/VyMhc7x3f3I/AAAAAAAAU3w /ZZeSwSDAk7gQpXhnqVL-uyonpPsIHEQMQCLcB/ s1600/canfora.jpg)

Luciano Canfora, storico, saggista, docente di filologia greca e latina all’Università di Bari, è considerato tra i massimi esperti del mondo classico. Medaglia d’Oro della Repubblica Italiana ai meriti della scienza e della cultura è autore di un vastissimo numero di libri, l’ultimo è Cleofonte deve morire. Teatro e politica in Aristofane, edizioni Laterza 2017. Lo abbiamo intervistato sullo ius soli e sul concetto di cittadinanza.

 Professor Canfora l’accoglienza degli “stranieri” e il dibattito tra favorevoli e contrari ha precedenti nella storia antica?

Altroché, e aprire agli stranieri ha permesso, per esempio, la nascita e l’espandersi dell’impero romano. A non saperlo sono solo i leghisti. La stessa città di Roma fu fondata da profughi provenienti da varie zone dell’area mediterranea e tra loro c’erano anche persone con qualche “problema con la giustizia”, si direbbe oggi. Lo racconta Tacito nell’XI libro degli Annali, dove fa parlare in Senato l’imperatore Claudio. Rappresentava un autorevole parere, anche se Claudio verrà poi preso in giro da Seneca in una celebre satira. L’imperatore caldeggia la concessione di far sedere in Senato i Galli della regione conquistata da Cesare, cioè non della parte già provincia romana. Per difendere la proposta, ricorda come Roma avesse fatto della cittadinanza allargata il suo punto di forza. Effettivamente, nel I secolo a.C. la tradizione consolidata delle origini riferiva di popolazioni, profughi, sbandati, “relitti umani” che avevano trovato asilo e terra intorno all’agglomerato urbano poi divenuto città e centro dell’impero. In altre parole, affermava che tutto era nato aprendo le porte, diversamente dalle città greche dove le maglie per ottenere la cittadinanza erano strettissime. E, dice Claudio, per questo decaddero, impoverite economicamente e demograficamente prima ancora che culturalmente.

Medaglione aureo con busto e nome dell’imperatore Teodorico (da https://it.wikipedia.org/wiki/Teodorico_il_Grande# /media/File:Teodorico_re_dei_Goti_(493-526).png)

Ci sono altri esempi illustri?

In Italia la discussione sullo ius soli avviata per merito o demerito dei vari Alfano, ha del ridicolo, proprio guardando al passato. La Costituzione della Repubblica romana di Mazzini – siamo nel 1849 – comprende tra i suoi capisaldi il principio del diritto alla cittadinanza a chiunque avesse avuto i natali nel territorio della repubblica. E in precedenza, secondo il codice civile napoleonico, era francese ogni donna o uomo nato in territorio francese. Era semplicemente considerato un atto di civiltà. Per di più così si garantiva un vantaggio alla Francia: un cittadino doveva prestare servizio militare.

Nel linguaggio di alcuni politici contrari all’immigrazione e di organizzazioni dell’estrema destra si richiamano i “barbari” invasori, responsabili della caduta dell’impero romano d’occidente…

Il termine “barbaro” vuol dire semplicemente “persona che non parla il greco”, è un vocabolo onomatopeico. Nel modo in cui viene utilizzato oggi è solo polemico, provocatorio e storicamente inconsistente: un’assurdità senza alcuna base scientifica. Flavio Stilicone, alla fine del IV secolo, era ritenuto il più grande generale dell’impero romano ed era un germano. Arminio, eroe dei tedeschi, simbolo di libertà, che vinse i romani a Teutoburgo, era in precedenza un quadro di vertice delle legioni. Le compenetrazioni durarono secoli e le trasformazioni fanno parte della storia. I cosiddetti “regni romano barbarici” sono frutto dell’incontro tra la struttura amministrativa, burocratica, culturale ecc. romana e le nuove forze. Teodorico, ostrogoto, fu un imperatore romano a tutti gli effetti oltre che un grande legislatore.

In epoca fascista si coltivò il mito della “romanità”…

Beh, nel Ventennio il culto della romanità aveva carattere imperialistico e la visione “aperta” rimase ovviamente nell’ombra; anzi, alcuni giuristi, tra i quali anche una persona di valore quale Pietro De Francisci, divenuto ministro del governo Mussolini, criticarono con durezza l’imperatore Caracalla perché, all’inizio del III secolo, con un celebre editto aveva accordato la cittadinanza a tutti gli abitanti da un capo all’altro del territorio. Oggi la ricerca storica discute se la coralità dell’ordinanza riguardasse sia i centri urbani sia le campagne, ma questo è un aspetto diverso della questione. Di certo riguardò masse molto estese di popolazione, il massimo allargamento – da questo punto di vista – in tutta la millenaria storia imperiale romana. Ricordiamo che allora la cittadinanza assicurava privilegi oltre ai doveri. Negli anni delle leggi razziali, De Francisci accusava Caracalla di “aver reso impura la razza”. Peccato che i romani fossero tutto, ma non certo “puri”.

Marco Aurelio Severo Antonino Pio Augusto, noto con il soprannome di Caracalla, imperatore romano dal 198 al 217 d.C. (da https://it.wikipedia.org/wiki/ Caracalla#/media /File:Caracalla_MAN_Napoli_Inv6033_n04.jpg)

Nel 2018 ricorrono gli ottant’anni dell’approvazione delle leggi razziali in Italia; nell’antichità esistevano “ideologie” razziali?

Sì, teorie usate sempre a scopo bellico. I greci si sentivano “superiori” al mondo iranico, cioè la Persia, e non ammettevano che la cultura e l’arte persiana fossero state le prime, in assoluto, a comparire sulla penisola ellenica. Nei fatti, poi, le città greche in lotta tra loro correvano a chiedere aiuto alla Persia. Gli egiziani definivano i greci “bambini” perché la loro era una civiltà più antica.

Come valuta la proposta di legge sulla cittadinanza ora al Senato basata sulla frequentazione di cicli scolastici, lo ius culturae?

È una limitazione, una stravaganza della normativa in cantiere in Italia, però non è chiaro se rimarrà così. Qualunque essere umano nato qui dovrebbe essere considerato appartenente al nostro corpo civico. I filtri, i diaframmi, sono ambigui anche sul piano giuridico. Che esame si dovrebbe superare, una prova di lingua? Al tempo dell’Unità quasi tutti i contadini meridionali non conoscevano l’italiano. La formula ius culturae è confusa e pretenziosa, non so chi l’abbia inventata.

Il Governo sta pensando alla fiducia…

Lo farà solo se riterrà di averne effetti positivi a livello elettorale. Finora sull’immigrazione si è fatto un gran marasma concettuale tra ingresso indiscriminato di persone in fuga da guerre e povertà e il riconoscere i diritti di chi è nato e cresciuto in Italia. Il risultato è che la destra userà l’argomento anti-migranti per rastrellare voti nelle zone più oscurantiste e nevrotizzate del Paese.

In Austria il partito di Sebastian Kurz ha vinto puntando sul rifiuto dell’immigrazione…

Se ricorda, nella civilissima Romagna lo scorso anno due paesini hanno alzato le barricate per negare l’ospitalità a un pugno di profughi. Eppure si tratta della provincia di Ferrara, la terra dei Finzi-Contini. In Austria, con l’eccezione di Vienna, il razzismo ha grande presa. Il nome Kurz fa molta assonanza col capitano Kurtz di Apocalips now, interpretato da Marlon Brando. A ridosso della frontiera con l’Italia, al Brennero, esiste già un binario parallelo alla linea ferroviaria e gli austriaci si sono arrogati unilateralmente il diritto di fermare i treni e fare controlli a campione, rimandando indietro gli immigrati. Il nostro Governo tace su un arbitrio assoluto. Nel luglio scorso, l’Austria aveva annunciato di voler schierare l’esercito lungo il valico, ma in seguito alle nostre rimostranze fu costretta a fare un passo indietro. Ora, temo, se Kurz diverrà Cancelliere – e lo diverrà – il blocco totale al confine sarà operativo. In fondo si replicherà ciò che la Francia ha già fatto nel 2015 a Ventimiglia.