Propongo anche, e ovviamente, ai lettori di Patria la mia lettera pubblicata su Il Fatto Quotidiano del 25 maggio scorso. L’ho scritta spinto da urgente e un po’ indignato moto di chiarimento. Non siamo noi non partigiani e iscritti e dirigenti dell’ANPI degli “occupanti” o magari degli agenti partitici, come piacerebbe a certi detrattori giornalistici e ahinoi istituzionali, bensì persone ben consapevoli e responsabili del lascito diretto dei partigiani. Ho provato a descrivere tutto questo. Ad maiora.

 

Gentile Direttore,

mi chiamo Andrea Liparoto, ho 43 anni, non sono un partigiano “vero” ma dal 2011 sono un componente della Segreteria Nazionale dell’ANPI. Un fatto del tutto normale derivante dalla scelta che le partigiane e i partigiani fecero nel Congresso di Chianciano del 2006 quando, consci della loro inesorabile scomparsa, decisero di aprire le porte dell’Associazione anche ai non combattenti per non far disperdere l’immenso patrimonio di valori e principi fondativi della Resistenza.

Da allora porto sulle mie spalle un non facile carico di responsabilità che sostengo e conduco supportato da un continuo confronto coi partigiani, tra cui, in primis, Carlo Smuraglia, Presidente Nazionale, e quindi da studio, coscienza viva, e massima, seria attenzione a tutti gli accadimenti politici e sociali del nostro Paese. Tanti come me, anche molto più giovani, si muovono oggi nell’ANPI, fanno iniziative e si formano alla profondità e all’ampiezza del pensare, alle buone pratiche democratiche insomma ad una direzione di vita e impegno in chiara sintonia con la lezione di civiltà e moralità delle nostre “madri” e dei nostri “padri” oltreché sotto la loro guida. Non abbiamo dunque occupato l’ANPI, come sento e leggo da più parti, siamo stati delegati a perpetuarne forza d’ideali e interazione costituzionalmente produttiva con le Istituzioni e il Paese tutto.

Ho partecipato alla ormai nota riunione del 21 gennaio scorso dove il Comitato Nazionale ANPI deliberò l’adesione dell’Associazione ai Comitati referendari per il no alla riforma del Senato e per il sì alla correzione della legge elettorale “Italicum”. Una scelta frutto di un confronto che si è concluso con la condivisione di un dato di grande preoccupazione rispetto alla manomissione in atto di due principi fondamentali della Carta: il bilanciamento dei poteri e il diritto di rappresentanza dei cittadini in Parlamento. Non abbiamo inventato alcuna posizione ideologica o ideologizzata, semplicemente ci siamo allineati all’antica cura della Costituzione e del presidio dei suoi pilastri che ha caratterizzato l’intera esistenza dei protagonisti della Guerra di Liberazione. Abbiamo fatto il nostro dovere statutario. Nulla di nuovo e di particolarmente sconvolgente. Né tantomeno nulla che abbia prodotto divisioni e spaccature nella nostra Associazione come continuo a vedere recitato sulla stampa. L’ANPI è oggi unita e salda, sono lì ad attestarlo i numeri dei recenti Congressi provinciali e del Congresso nazionale.

Una modesta posizione di dissenso rispetto alla linea è più che comprensibile in un contesto pluralistico come il nostro; e non incide certamente nei rapporti interni che restano sempre fraterni. Sarebbe molto auspicabile che si riuscisse a riportare il doveroso dibattito su un tema delicato per antonomasia, come la riforma della Costituzione, su binari di responsabilità, rispetto, effettiva informazione e magari competenza. Le cittadine e i cittadini hanno diritto alla comprensione piena del tema, e alla possibilità di scegliere in totale libertà e coscienza. Sono loro i primi ad essere stufi del corrente circo delle menzogne, degli attacchi, delle improvvisazioni disperate e dei personalismi. Non dimentichiamoci mai che il primo avversario resta per tutti l’astensionismo.

Grazie

Andrea Liparoto

Segreteria nazionale ANPI (Associazione Nazionale Partigiani d’Italia)