Un gruppetto di novelli praticanti del boicottaggio del pensiero ha di recente esercitato la propria virtù in un’aula dell’università di Bologna impedendo al professor Angelo Panebianco, reo di aver espresso in un articolo discutibili convinzioni sulla guerra, di tenere la sua ordinaria lezione per il corso di Sistemi internazionali comparati.

Le immagini e le cronache giornalistiche hanno descritto un quadro che, per fortuna e dovere civile, ha indignato non pochi – compresi quegli studenti che sanno stare al mondo e hanno la buona abitudine dello studio anziché smanie di azioni “esemplari” – e quindi numerosi attestati di solidarietà sono giunti a Panebianco.

Non è mancata ovviamente certa stampa che ha minimizzato, difendendo il gruppetto, ironizzandoci sopra e richiamando a un presunto ordine di “ascolto” il professore. Ora, se non ci si mette chiaramente e responsabilmente d’accordo sul senso delle parole e della storia si rischia di allevare perniciose sottoculture e di rendere un grave disservizio alla democrazia. In quell’aula si è consumata un’aggressione a un’idea, condivisibile o meno che sia, e si è bloccato lo svolgimento del più antico e fondativo atto di civiltà: la trasmissione del sapere. E non ci sono “carezze” ideologiche che tengano e debbano essere sopportate. Non ci sono carrellate di perle d’antagonismo che possano giustificare e reggere l’impianto sfascista di certe azioni. Intorno all’architrave del pacifico convivere nazionale occorre sollecitare, se non pretendere, sintonia e unità. Quindi, giunga anche da qui piena solidarietà ad Angelo Panebianco. E a quella stampa persistentemente nostalgica l’augurio di un po’ di coscienza.