Walter Gropius (da https://www.telegraph.co.uk/content/dam/books /2019/03/16/TELEMMGLPICT000000898460 _trans_NvBQzQNjv4BqXW61vz_ 3bSmK0KpgrSXHYbKrhyY3A1QQe7U3gjeOfyk.jpeg?imwidth=1400)

Il 2019 è un anno importante per le arti: il Bauhaus, la scuola di architettura, design, artigianato e arte fondata da Walter Gropius (1883-1969) a Weimar nel 1919, compie cento anni. Il Bauhaus è stata la prima scuola democratica che, con il suo operato, ha condizionato l’estetica fino ai giorni nostri, divenendo il simbolo dell’epoca moderna.

Viene fondata in una Germania sconfitta e devastata dalla fine della prima guerra mondiale, quando alcuni intellettuali si interrogano sulla condizione del proprio Paese e oppongono all’irrazionalismo politico un razionalismo critico e culturale. È un vero e proprio atto di difesa verso la catastrofe storica appena subita. In questo clima di incertezza e miseria, il giovane e promettente architetto Gropius decide di avere una parte attiva nella ricostruzione, costituendo un’istituzione di cui avrebbe dovuto giovarsi non soltanto la Germania ma il mondo intero. Pochi gli anni di attività del Bauhaus, quattordici, nei quali tuttavia si imprime un cambiamento autentico e durevole nel tempo. Tre le sedi della scuola: Weimar (1919-1925), Dessau (1925-1932), Berlino (1932-1933).

L’obiettivo di Gropius è ambizioso: fornire alle nuove generazioni gli strumenti pratici e intellettuali necessari per costruire una società evoluta e questo attraverso la fondazione di una scuola di arte e design capace di portare avanti anche un’azione di riforma sociale. L’opportunità di realizzare il suo progetto si concretizza quando gli propongono di assumere la direzione di un istituto a Weimar, la città in cui, da poco, è stata firmata la costituzione democratica del Paese. Con la fusione di due scuole, l’Istituto superiore di belle arti e la Scuola di arti applicate del Granducato di Sassonia, Gropius prende la direzione di quella che sarà da lui chiamata Staatliches Bauhaus in Weimar; per l’occasione, chiama a partecipare al progetto gli artisti più influenti del momento: Kandinsky, Klee, Albers, Moholy-Nagy, Feininger, Itten. Gropius è convinto che il luogo dell’artista è la scuola, dove può svolgere il suo compito sociale, cioè l’insegnamento.

Bauhaus, stampa

Come racconta lo storico Giulio Carlo Argan, “La Bauhaus è stata una scuola democratica nel senso pieno del termine: appunto per questo il nazismo, appena arrivato al potere, l’ha soppressa (1933). Era fondata sul principio della collaborazione, della ricerca comune fra maestri e allievi, parecchi dei quali sono ben presto diventati docenti. Oltre che scuola democratica, era scuola di democrazia: il concetto era che una società democratica (cioè funzionale e non gerarchica) sia una società che si autodetermina, cioè si forma e sviluppa da sé, organizza ed orienta il proprio progresso. Progresso è educazione, strumento dell’educazione è la scuola; dunque la scuola è il seme della società democratica”.

E la forma della società è la città: il nome Bauhaus è infatti formato dalle parole tedesche Bau (costruzione) e Haus (casa). In questa concezione, costruire la città vuol dire anche realizzare un’idea nuova di società, in cui i cittadini vivono civilmente: il giusto criterio per attuare questa dimensione è il razionalismo del pensiero e delle forme. La progettazione deve così determinare la forma razionale, che sarà poi declinata e sviluppata attraverso l’industria. Progettare lo spazio razionalmente vuol dire progettare l’esistenza sociale: “La progettazione – chiarisce Argan – deve essere attività sociale, di gruppo, interdisciplinare: è una garanzia della serietà del lavoro, ma anche della sua intrinseca democraticità”.

Con un programma di studi innovativo, il Bauhaus vuole stimolare ogni studente a capire le proprie potenzialità artistiche, per partecipare alla creazione di una società in cui l’arte e l’artigianato concorrono alla realizzazione di un’opera d’arte totale. Per il Bauhaus quello che conta è l’opera d’arte unitaria, “la grande architettura”, in cui non c’è una linea di demarcazione fra l’arte monumentale e quella decorativa: “Architetti, scultori, pittori – scrive Gropius nel programma del Bauhaus – noi tutti dobbiamo tornare all’artigianato! Non esiste infatti un’arte professionale. Non c’è alcuna differenza sostanziale fra l’artista e l’artigiano. L’artista è un artigiano a livello superiore. Impegniamo insieme la nostra volontà, la nostra creatività, la nostra inventiva nella nuova costruzione del futuro, la quale in una sola forma sarà tutto, architettura, scultura e pittura, e da milioni di mani di artigiani si innalzerà verso il cielo come un simbolo cristallino della nuova fede”.

Bauhaus Dessau

La nuova “fede” del modernismo auspicata da Gropius si è rivelata quanto mai produttiva: cavalcando l’onda del consumismo globale, l’estetica razionale e moderna del Bauhaus è stata d’ispirazione per molti prodotti di consumo, dal maggiolino Volkswagen alle gonne a matita degli anni Sessanta del secolo scorso, passando per le lampade Anglepoise. E gli oggetti prodotti dal Bauhaus sono diventati iconici in tutto il mondo: la sedia Wassily disegnata da Marcel Breuer, l’infusore per il tè di Marianne Brandt, la lampada MT8 di William Wagenfeld e Carl Jacob Junker, il set di quattro tavolini impilabili di Josef Albers, la maniglia di Gropius solo per citarne alcuni.

Sedia Wassily di Marcel Breuer

Il Bauhaus, quindi, rappresenta un punto di svolta nelle vicende della storia del design e dell’architettura, divenendo un momento decisivo della cultura moderna. Riflettendo la crisi della società tedesca fra le due guerre, il Bauhaus si pone verso la società come uno strumento di riforma. Uno strumento così innovativo da aver attirato l’odio di Adof Hitler che, non appena ne ebbe la possibilità, decise di chiudere la migliore scuola di arte e design allora conosciuta. Non contento, quattro anni dopo, il capo nazista fece allestire una mostra dal titolo Entartete Kunst (Arte degenerata) e ordinò ai suoi di rimuovere tutte le opere d’arte prodotte dopo il 1910 da artisti come Kandinsky, Klee, Kirchner.

Le idee di progettazione del Bauhaus, fortunatamente, sono sopravvissute alla barbarie nazista, e anzi sono state alla base della nascita del design industriale e grafico, andando ad influire sull’estetica di quasi tutti gli aspetti della nostra vita quotidiana. Le opere del Bauhaus sono così importanti da essere state dichiarate, nel 1996, patrimonio dell’umanità dall’Unesco.

Francesca Gentili, critica d’arte