Aprile 1949: a Parigi si svolge il primo Congresso mondiale per la pace. La partecipazione è notevole: oltre duemila delegati provenienti da 72 Paesi arrivano nella città francese con l’intento di accogliere, dopo la barbarie della guerra, il messaggio della cultura antifascista e della politica antimperialista. Molte le personalità presenti, dal premio per la fisica Frédéric Joliot-Curie al pittore Henri Matisse, dal poeta Pablo Neruda allo scienziato Albert Einstein. Nella delegazione italiana guidata da Pietro Nenni, ci sono Elio Vittorini, Renato Guttuso, Salvatore Quasimodo, Natalia Ginzburg e Giorgio Einaudi. Molti gli assenti: se gli Usa impediscono la partenza ai delegati nipponici, la Francia nega i visti di ingresso all’Unione Sovietica, alla Bulgaria, alla Polonia, all’Ungheria, alla Cina, alla Corea e alla Mongolia.

Il Congresso segue di qualche settimana la firma del Patto Atlantico (l’alleanza militare in senso antisovietico fra l’Europa occidentale e gli Stati Uniti) e chiede a gran voce, fra l’altro, “l’interdizione dell’arma atomica e di tutti i mezzi di distruzione di massa degli esseri umani” e il rispetto della carta dell’ONU.

L’evento è impreziosito dal suo manifesto, ideato dallo spagnolo Pablo Picasso, in quel momento il più grande artista al mondo, membro del Partito comunista francese. L’artista, per l’occasione, realizza una delle sue più belle litografie: una colomba bianca, simile a quelle che vedeva da piccolo raffigurare da suo padre, anch’esso artista, e che diventa ben presto il simbolo universale della pace. Nello stesso anno, Picasso diventa padre di una bambina, che l’artista e la madre, la pittrice francese Francoise Gilot, chiamano Paloma, colomba in spagnolo.

Pablo Picasso con una colomba (Parigi, 1945)

Picasso, negli anni, realizzerà numerose altre figure di colombe, che verranno esibite in tutto il mondo come manifesto di pace. Tuttavia, la raffigurazione della colomba ha origini molto più antiche: nella Bibbia, Libro della Genesi, si racconta che Noè, per capire se le acque del Diluvio si fossero ritirate dal suolo, fa uscire dall’Arca prima un corvo – che non tornerà mai indietro – e poi una colomba, che al contrario tornerà da lui portando buone notizie. Quando la colomba rientra sull’Arca, infatti, ha in bocca un ramoscello di ulivo, segno che la terra è ormai asciutta e che per l’umanità c’è ancora speranza. La colomba, in questo contesto, ricorda quindi che Dio ha fatto pace con l’umanità peccatrice.

Anche nelle culture extrabibliche, poi, la colomba è simbolo dell’amore, della purezza e della semplicità. Frequente nelle catacombe e nei sarcofagi, l’immagine dell’uccello è fra i simboli più diffusi dell’iconografia cristiana.

Noè e la colomba col ramo d’ulivo (fine del XII secolo, inizio del XIII, Monreale, Cattedrale di Santa Maria Nuova)

È però solamente grazie a Pablo Picasso che la colomba diventa un simbolo laico tanto potente da essere riprodotto e riconosciuto ovunque.

L’artista spagnolo decide di disegnare la colomba con precisa coscienza politica, come spesso era solito fare. Non era la prima volta, infatti, che Picasso usava la pittura per sostenere la pace e la causa antifascista: nel 1937 come reazione ai bombardamenti nazifascisti sulla città basca di Gernika-Lumo aveva dipinto Guernica (dello stesso autore e Collovini:, vero e proprio manifesto contro la brutalità della guerra. Sempre in quell’anno, l’artista, in una intervista pubblicata sul New York Times, aveva affermato: “Desidero anche ricordarvi che ho sempre creduto e credo ancora che gli artisti, i quali vivono e lavorano nell’ambito dei valori spirituali, non possono e non devono rimanere indifferenti a un conflitto in cui sono in gioco i più alti valori dell’umanità e della civiltà”. È per Picasso impossibile rimanere indifferenti ai crimini della guerra e, durante tutta la sua vita, si schiera, affermando con la sua arte i valori della pace e della democrazia.

La colomba di Picasso del 1949

Nell’ottobre 1944, inoltre, Picasso aveva dichiarato sull’Humanité, organo del Partito comunista francese: “La mia adesione al Partito comunista è la conseguente logica di tutta la mia vita, di tutta la mia opera. Perché, sono fiero di dirlo, non ho mai considerato la pittura come un’arte di puro piacere, di distrazione. Io ho voluto, col disegno e col colore, dato che queste sono le mie armi, penetrare sempre più avanti nella conoscenza del mondo e degli uomini, affinché questa conoscenza ci liberi tutti ogni giorno di più. […] Sì, io ho coscienza d’aver sempre lottato, con la mia pittura, da vero rivoluzionario”. E da vero rivoluzionario Picasso difende la ragione della pace, sostenendo che nessuna causa è più nobile di quella di “contribuire a salvare il mondo dal fascismo e dalla guerra”.

L’arte di Picasso penetra così intensamente nella nostra coscienza che non possiamo fare a meno di guardare la colomba da lui disegnata e nobilitarla a simbolo universale. La sua grafica, nel tempo sempre più stilizzata ed esibita in numerosi congressi, si è resa messaggera: è un segno di speranza contro l’imbarbarimento umano, è un auspicio verso i parlamenti affinché scelgano la via della pace e un incoraggiamento all’umanità a sostenere la fratellanza. La colomba di Picasso da semplice disegno si è trasformata così in cultura che grida a gran voce: “Prima di tutto la pace”.

“Io – dice l’artista nel 1958 – non faccio discorsi. Io parlo con la pittura. Le guerre condotte contro il popolo sono sempre gravide di fascismo. […] Vorrei che la mia opera aiutasse gli uomini a scegliere dopo averli obbligati a riconoscersi, secondo la loro autentica vocazione, in una delle mie immagini. Tanto peggio per chi, essendo costretto a riconoscersi nei mostri della guerra, sarà ancora tanto debole da non saper cambiare strada”.

Noi, donne e uomini del XXI secolo, possiamo far nostro il simbolo della colomba e, come incoraggia Picasso, non essere deboli, impegnandoci nella costruzione di una società più giusta, grazie alla cultura della pace. Dobbiamo cercare di vivere in armonia, al di là della fede personale, del colore della pelle, imparando ad includere ed apprezzare le differenze. Si tratta di intraprendere una strada coraggiosa e piena di ostacoli, primi fra tutti il pregiudizio e l’omologazione. Alla pace è dedicato l’articolo 11 della Costituzione italiana. La pace è un progetto di cambiamento, una sfida a cui partecipare con coscienza e ostinazione, rifiutando ogni forma di violenza, la peggiore delle quali è la guerra.

Francesca Gentili, critica d’arte