“Revolución”, di David Alfaro Siqueiros
“Revolución”, di David Alfaro Siqueiros

Dopo ben 42 anni il Museo Bellas Artes di Santiago in Cile allestisce la rassegna dal titolo La Exposición pendiente 1973-2015. Orozco, Rivera, Siqueiros, dedicata ai cosiddetti muralisti messicani, autori fra gli anni Venti e Trenta del secolo scorso di una pagina fondamentale della storia dell’arte. La mostra, in origine, doveva essere inaugurata il 13 settembre 1973, tuttavia la sua apertura fu impedita a causa del colpo di Stato delle forze armate di Augusto Pinochet, attuato per rovesciare il governo socialista di Salvador Allende. Durante l’assedio del Palacio de La Moneda il presidente Allende perse la vita, dopo un ultimo discorso alla radio, in cui affermò:

«Lavoratori della mia Patria, ho fede nel Cile e nel suo destino. Altri uomini supereranno questo momento grigio e amaro in cui il tradimento pretende di imporsi. Sappiate che, più prima che poi, si apriranno di nuovo i grandi viali per i quali passerà l’uomo libero, per costruire una società migliore». «Viva il Cile! Viva il popolo! Viva i lavoratori! Queste sono le mie ultime parole e ho la certezza che il mio sacrificio non sarà vano, ho la certezza che, per lo meno, ci sarà una lezione morale che castigherà la vigliaccheria, la codardia e il tradimento».

La rassegna allestita al Museo è perciò un evento importante, che colma un debito culturale lungo oltre quattro decenni; essa fino al 21 febbraio 2016 mostrerà al pubblico 76 opere provenienti dal Museo de Arte Carrillo Gil di Città del Messico, per celebrare il venticinquesimo anniversario del ripristino delle relazioni diplomatiche fra Messico e Cile. Il percorso racconta la poetica di una generazione di artisti noti in tutto il mondo per il loro impegno nel promuovere un’arte sociale e collettiva. «L’esposizione – ha commentato il curatore Carlos Palacios – doveva essere inaugurata due giorni dopo il colpo di Stato, e ovviamente non avvenne mai per le ragioni che sappiamo, per questo è importante. Le opere d’arte sono strumenti di comunicazione e ai tempi non gli è stato permesso di completare il loro scopo». L’esposizione, dunque, è un appuntamento imperdibile per rileggere uno dei momenti salienti della storia del Novecento.

Diego Rivera, Maternità
Diego Rivera, Maternità

Protagonisti dell’evento i “tre grandi”: Diego Maria Rivera (1886-1957), José Clemente Orozco (1883-1949) e David Alfaro Siqueiros (1896-1974). Essi credevano che l’arte dovesse trattare tematiche sociali e infondere fiducia nel progresso. Il Muralismo messicano, infatti, produsse opere politico-ideologiche, con l’obiettivo di creare una nuova identità nazionale. Consapevoli della lezione del Rinascimento italiano e delle avanguardie storiche, questi artisti conoscevano le idee di Marx e Lenin e volevano trasformare l’arte messicana in un vero e proprio movimento di arte sociale. Nel Manifesto per gli artisti d’America, scritto da Siqueiros nel 1921, si proclamava la necessità di «creare un’arte monumentale ed eroica, umana e pubblica, con l’esempio diretto e vivente dei nostri grandi maestri e le straordinarie culture dell’America pre-ispanica».

Rivera, Orozco e Siqueiros erano pittori rivoluzionari e con il pennello promossero «un’arte di lotta, istruttiva, per tutti». Il lavoro dei tre artisti ebbe una forza dirompente, che ottenne riconoscimenti anche negli Stati Uniti, grazie alle riproduzioni che circolavano sui giornali e sulle stampe di settore. E non solo. Grazie a tutta questa attenzione furono numerose le commissioni istituzionali di cui furono protagonisti: Orozco, per esempio, realizzò affreschi alla Nuova Scuola di Studi Sociali di New York nel 1930; Siqueiros a Los Angeles compose i murales per la Scuola e per il Centro d’Arte Plaza nel 1932 e qualche anno dopo aprì nella Grande Mela un laboratorio sperimentale.

José Clemente Orozco, Pancho Villa
José Clemente Orozco, Pancho Villa

Rivera conobbe un maggior successo grazie alle retrospettive dei primi anni Trenta allestite a San Francisco e a Detroit, ma anche grazie ai murales eseguiti per la Borsa Valori e per l’Accademia delle Belle Arti della California. Inoltre, il Museo d’Arte Moderna di New York, dopo aver dedicato la sua prima mostra a Henri Matisse (1869-1954), gli dedicò una grande personale. L’evento fu un successo senza precedenti, che registrò il record di presenze: ben 57mila persone visitarono la rassegna, scoprendo un’arte sociale e umanista, i cui soggetti spaziavano dalle tematiche del lavoro alla presentazione del nuovo paesaggio industriale del Nordamerica. Inoltre, nel 1932 i Rockefeller, la famiglia “petrolifera” più influente del tempo, incaricò Rivera, insieme al muralista catalano José Maria Sert (1876-1945) e all’artista inglese Frank Brangwin (1876-1956), di dipingere nove murales per l’atrio della RCA nel Rockefeller Center di New York.

Nel Manifesto per gli artisti d’America, scritto da Siqueiros nel 1921, si proclamava la necessità di «creare un’arte monumentale ed eroica, umana e pubblica, con l’esempio diretto e vivente dei nostri grandi maestri e le straordinarie culture dell’America pre-ispanica».

Diego Rivera, L’uomo all’incrocio che guarda con speranza e lungimiranza alla scelta di un futuro migliore
Diego Rivera, L’uomo all’incrocio che guarda con speranza e lungimiranza alla scelta di un futuro migliore

Rivera per l’occasione realizzò l’affresco L’uomo all’incrocio che guarda con speranza e lungimiranza alla scelta di un futuro migliore, e inserì nella composizione il volto di Lenin, leader della rivoluzione bolscevica, simbolo della riscossa dei lavoratori. Le reazioni furono molto dure e Rivera fu tacciato di eseguire «scene di attività comunista». Nelson Rockefeller si sentì così in dovere di comunicare all’artista che per molti il ritratto di Lenin poteva risultare offensivo e che sarebbe stato più opportuno sostituirlo con il volto di qualcun altro. Rivera, dopo un’attenta riflessione, rispose che «piuttosto che mutilare la composizione, preferirei la distruzione totale dell’opera». L’artista fu pagato per il suo lavoro e congedato. La parete da lui dipinta fu oscurata, per poi essere distrutta fra il 10 e l’11 febbraio 1934.

Dopo il periodo americano Rivera, Orozco e Siqueiros tornarono a lavorare in America Latina, continuando a promuovere arte pubblica e d’avanguardia. La loro forza espressiva fu modello per le generazioni successive che, ancora oggi, infondono contenuti sociali e politici alle proprie creazioni artistiche.