Da https://insurrezionecheviene.files.wordpress.com/2011/01/litalia-ripudia-la-guerra_art-11g.jpg?w=490&h=476
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L’Articolo 11 della nostra Costituzione stabilisce che: “L’Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali; consente, in condizioni di parità con gli altri Stati, alle limitazioni di sovranità necessarie ad un ordinamento che assicuri la pace e la giustizia fra le Nazioni; promuove e favorisce le organizzazioni internazionali rivolte a tale scopo”.

Questo articolo è molto bello e, nell’intenzione dei Padri Costituenti, molto chiaro.

È evidente che il modello previsto dai Padri Costituenti, che uscivano da una disastrosa guerra di aggressione scatenata dal regime fascista e da una guerra di Liberazione che aveva abbattuto quel regime e scacciato l’invasione nazista, era quello di un sistema di difesa finalizzato esclusivamente alla difesa del territorio nazionale per prevenire ulteriori invasioni e sopraffazioni di un altro, sempre possibile, regime dittatoriale.

Se quindi accettiamo questo modello (cosa che dovrebbe essere ovvia, finché non sarà cambiata la nostra Costituzione), sembra proprio che le Forze Armate italiane si siano dotate, o stanno per dotarsi, di un certo numero di sistemi d’arma che con questo modello non hanno nulla a che fare.

Elenchiamo brevemente, senza che l’elenco sia esaustivo, i principali tra questi sistemi d’arma.

La portaerei Garibaldi
La portaerei Garibaldi

Le portaerei

Se lo scopo delle Forze Armate è la difesa del territorio nazionale, è più che evidente che le portaerei non servono a nulla. L’Italia è per sua natura una portaerei naturale e gli aerei che devono difenderla da un’eventuale aggressione (molto improbabile, ma sempre possibile in un mondo instabile come quello odierno) possono operare con una maggiore efficienza e sicurezza dai suoi aeroporti.

Una portaerei serve solo se si vuole operare ben al di fuori dei confini nazionali, in aree lontane più di quella autonomia di 600-700 chilometri che ha ogni aereo da combattimento moderno.

Eppure, l’Italia schiera due portaerei leggere operative: la Garibaldi e la Cavour. Questi vascelli imbarcano entrambi gli aerei a decollo corto o verticale AV-8B americani. Vorrei sottolineare che questo aereo ha solo il ruolo di attacco al suolo, non avendo minimamente le capacità operative per assicurare la supremazia aerea in uno scontro con qualsiasi caccia moderno: non è quindi uno strumento di difesa, ma di offesa.

La Garibaldi, oltre a ruoli di supporto e comando in Somalia e Libano e missioni umanitarie in vari contesti, compiti entrambi che potevano essere svolti anche da vascelli diversi con un costo molto minore, ha infatti lanciato i suoi aerei in 30 missioni di bombardamento nella guerra della NATO contro la Jugoslavia del 1999, 288 in Afghanistan tra il 2001 ed il 2002 e 160 in Libia nel 2011.

La Cavour, pienamente operativa dal 2011 ed attualmente ammiraglia della Marina Militare italiana, ha per ora svolto solo missioni di addestramento e rappresentanza, oltre a compiti di supporto umanitario per i quali poteva essere usato qualsiasi grande vascello, militare o civile.

I costi di costruzione, manutenzione, uso operativo delle portaerei sono enormi.

Ogni AV-8B “Harrier II” Plus imbarcato attualmente su entrambe le portaerei italiane (fino a 36 sulla Cavour, 18 sulla Garibaldi), è costato (a prezzi del 1991) 25,5 miliardi di lire, cioè circa 10 milioni di euro.

Per la Cavour, la costruzione della sola piattaforma è costata circa 900 milioni di euro, cui vanno aggiunti circa 23 milioni di euro per la fornitura di apparati minimi per la navigazione, 35 milioni relativi al supporto integrato ed ulteriori 150 milioni di euro in forniture dei sistemi di comando e controllo, comunicazioni e sistemi d’arma a corto/medio raggio, per un totale di 1.108 milioni di euro. A queste spese poi vanno ad aggiungersi circa 192 milioni di euro per tutti i sistemi d’arma non compresi in quelli precedentemente menzionati per un costo complessivo pari a 1,3 miliardi di euro. Tale somma è stata coperta con fondi ordinari del Ministero della Difesa e di quello dello Sviluppo Economico per una somma di 1.003 milioni di euro suddivisa in stanziamenti pari a 50 milioni di euro fino al 2001, 35 milioni di euro nel 2001, 78 milioni di euro nel 2002, 92 milioni di euro nel 2003, 185 milioni di euro nel 2004, 177 milioni di euro nel 2005, 25 milioni di euro nel 2006, 211 milioni di euro nel 2007, 150 milioni di euro nel 2008. I restanti 297 milioni di euro sono stati stanziati con fondi straordinari del Ministero della Difesa. Naturalmente, a queste cifre vanno aggiunte le spese per il personale (700 uomini per la Garibaldi, 1210 per la Cavour), quelle per il combustibile (i serbatoi della Cavour ne contengono circa 2.500.000 litri, che si consumano tutti in 18 giorni di navigazione a 16 nodi) e per tutti gli altri materiali di consumo.

Il 30 luglio 2013, in un’audizione parlamentare, il ministro della difesa Mario Mauro dichiarò che i costi relativi alla portaerei Cavour sarebbero ammontati a complessivi 3,5 miliardi di Euro. Il ministero successivamente precisò che i reali costi della piattaforma navale erano di circa 1,5 miliardi di euro, al netto dei futuri aeromobili F-35 (dei quali parleremo tra poco) e del relativo sistema di supporto logistico.

Anche se non rientra nelle mie competenze specifiche, lasciatemi dire che mi sembrano anche abbastanza inutili, a meno di non ipotizzare un’invasione dell’Italia e la conseguente necessità di liberare i territori occupati con truppe da sbarco, le costosissime “navi da sbarco”, come le operative San Marco e San Giorgio e la futura cosiddetta “nave anfibia umanitaria” che invece si sta dimostrando una portaelicotteri da 2000 tonnellate, dotata dei più moderni sistemi d’arma e dal costo di 1.100 milioni. A questo proposito, vale la pena di ricordare che emerge dai documenti che Marina e Difesa fornirono all’epoca informazioni parziali o distorte sulla vera natura e la vera dimensione del programma ai parlamentari chiamati ad approvare il gigantesco stanziamento da 5,4 miliardi di euro nell’inverno 2014/2015 per il rinnovo della flotta. Si parlò di unità navali economiche e “a doppio uso”, con impieghi di soccorso umanitario e protezione civile, sottacendo dati e caratteristiche tecniche che avrebbero svelato le reali funzioni militari di questi vascelli e preventivando costi inferiori a quelli dei contratti stipulati dopo l’approvazione del Parlamento. 

Il Lockheed Martin F-35 Lightning II (da http://www.amtonline.org/images/userContent/F-35EAFBArrival018.jpg)
Il Lockheed Martin F-35 Lightning II (da http://www.amtonline.org/images/userContent/F-35EAFBArrival018.jpg)

L’F35

Il Lockheed Martin F-35 Lightning II, chiamato anche Joint Strike Fighter-F35, è un aereo multiruolo di 5ª generazione monoposto, a singolo propulsore, a caratteristiche stealth (cioè con limitata eco radar), in teoria utilizzabile per ruoli di supporto aereo ravvicinato, bombardamento tattico e missioni di superiorità aerea.

L’idea che ha portato il Senato americano ad accettare l’idea di bandire una gara per un aereo con queste caratteristiche e poi a deliberarne la produzione, è venuta dal fatto che è sicuramente sbagliato, sia dal punto di vista economico, sia da quello puramente militare, tentare di sviluppare e mettere in linea molti differenti modelli di aerei militari mentre è invece conveniente selezionare i modelli migliori e produrre, in grande quantità, solo quelli. L’idea che ha fatto nascere l’F35 è che il vantaggio sarebbe ancora maggiore se il modello selezionato fosse uno solo, un “multiruolo” capace di svolgere tutte le funzioni del caccia da supremazia aerea, del caccia imbarcato, degli aerei per attacco al suolo e dei bombardieri e che il vantaggio aumenterebbe ancora se poi ad adottare questo aereo non fosse una sola nazione, ma tutta una alleanza.

Il problema è però che oggi gli aerei che svolgono i diversi ruoli, per farli bene, debbono essere estremamente sofisticati e, a mettere insieme tante sofisticazioni, si corre il rischio di fare un inestricabile pasticcio.

L’F35 deve quindi essere supersonico, per svolgere bene il compito di caccia da supremazia aerea, “invisibile” al radar, capace di operare a quote bassissime e di decollare ed atterrare su piste corte ed improvvisate per fare bene quello di supporto aereo ravvicinato per attacco al suolo, con le ali ripiegabili per potere operare da portaerei, avere una grande capacità di carico per essere un bombardiere degno di questo nome. Tutte queste caratteristiche richiedono soluzioni specifiche e a volte contraddittorie, soprattutto dal punto di vista aerodinamico.

Per cercare di trovare una sintesi almeno accettabile, i progettisti hanno fatto i salti mortali, ma l’impossibile non si può fare.

Ne è venuto fuori un aereo estremamente complicato, di costo enorme che cresce di anno in anno (attualmente circa 180 milioni di dollari per ogni esemplare), e, in definitiva, che non funziona.

Infatti, per risparmiare peso, nella versione imbarcata (quella che è prevista anche per la portaerei italiana Cavour) il gancio d’attacco alla fune elastica che frena la corsa all’appontaggio si è fatto troppo debole e si spezza quando la fune va in tensione. Per risparmiare spazio per far posto a tutti i marchingegni necessari alle varie funzioni, il seggiolino eiettabile espelle il pilota con una traiettoria che lo ucciderebbe per il “colpo di frusta” all’osso del collo, ma, soprattutto, il software del calcolatore di bordo, il “cervello” di ogni aereo moderno, è talmente complicato che non si riesce a farlo funzionare. Solo per elencare alcuni dei problemi, il computer non riconosce come sue le parti di ricambio dell’aereo che sostituiscono quelle originali di quando l’aereo è stato costruito, non si accorge se l’aereo supera la sua velocità massima né sa prevedere cosa può succedere in questo caso, spesso non ferma gli accessi non autorizzati al sistema informatico, non riesce a distinguere quanto siano veramente danneggiate le parti che non funzionano bene, e, anche se sembra una barzelletta, spesso i piloti debbono chiamare telefonicamente il servizio d’assistenza della ditta costruttrice, perché il computer non riesce a gestire i dati di pianificazione della missione. Questo per tacere di problemi “minori”, come il fatto che i serbatoi ausiliari di carburante si scaldano troppo e compromettono la capacità di usare il combustibile che contengono, che una paratia che fa parte della sezione portante della fusoliera tende a spezzarsi da sola dopo 4.000 ore di volo, che il motore ha consumi eccessivi e prestazioni limitate, che l’esercizio per il periodo di vita previsto costerebbe 1.500 milioni di dollari per ogni esemplare, ecc.

Mentre si cerca di risolvere questi problemi, e ogni modifica ne fa nascere altri anche peggiori, e il costo dell’aereo cresce ogni anno, gli Stati Uniti cercano in ogni modo di non fare cancellare i contratti alle nazioni alleate che avevano ordinato l’F35, ma già alcune li hanno disdetti.

Invece l’Italia continua a confermare l’acquisto, anche se ha ridotto a 15 il numero di esemplari effettivamente ordinati, dai 90 aerei previsti inizialmente, con un costo totale di 13 miliardi di euro. Tuttavia, sui restanti 75 esemplari non sembra essere stata ancora presa una decisione definitiva.

In cambio, ha ottenuto 900 posti di lavoro nell’impresa subappaltatrice italiana che costruisce alcune parti degli aerei che saranno esportati in Europa. Sembra che nessuno abbia calcolato che se l’ordine venisse cancellato per patente mancata qualità del prodotto, con quanto si risparmierebbe solo sui 15 esemplari confermati (due miliardi e 700 milioni di dollari) si potrebbe dare a ciascuno di quei lavoratori una liquidazione di 3 milioni di dollari: forse i lavoratori la preferirebbero.

Rimane poi di nuovo il fatto che l’F35, come caccia per la supremazia aerea, anche se funzionasse, farebbe abbastanza pena e non sarebbe in grado di reggere al confronto con i moderni caccia russi, cinesi ed anche con l’europeo Eurofighter, tanto è vero che, per questo ruolo, gli USA hanno già pronto un altro aereo, l’F22.

Quindi, di nuovo, questo aereo è solo un mezzo di offesa, anche con capacità nucleari, e rimane da dimostrare quindi quanto un aereo di questo tipo a disposizione dell’aeronautica militare italiana sia compatibile con l’articolo 11 della nostra Costituzione.

Da http://www.antimafiaduemila.com/images/stories/loghi_tm/base-aviano-lavori-nucleare.jpg
Da http://www.antimafiaduemila.com/images/stories/loghi_tm/base-aviano-lavori-nucleare.jpg

Le bombe nucleari italiane

A proposito di armamento nucleare, conviene sempre ricordare che l’Aviazione Militare italiana ha già in dotazione diverse decine di bombe termonucleari americane B61 nella base di Aviano, che i Tornado che stazionano in questa base sono modificati per portarle sull’obiettivo ed i loro piloti addestrati alla manovra per sganciarle (che è molto diversa da quella impiegata per le bombe convenzionali). Anche se queste atomiche possono essere usate solo dopo che il comando NATO ne abbia sbloccato un congegno di sicurezza di cui sono dotate, queste armi nucleari sono italiane e nessuno sembra avere notato il fatto che questi ordigni violano patentemente non solo l’Articolo 11 della Costituzione (dato che non si possono ragionevolmente prevedere occasioni di usare una bomba atomica per difendere la Patria da un’invasione), ma anche il Trattato di non proliferazione delle armi nucleari, ratificato dall’Italia. Quanto ci costi mantenere questi ordigni sul territorio italiano, pagandone la onerosa manutenzione, la sorveglianza e l’addestramento dei piloti qualificati a lanciarle, non è mai stato detto, ma certamente non sono spiccioli. Quello però che è stato detto è che l’Italia ha accettato, pagandolo non si sa quanto, l’aggiornamento tecnico di queste atomiche.

L’AC 130 U "Spooky", la “cannoniera volante”. (Dd http://3.bp.blogspot.com/-OoYYHXheo_4/Tab2ilzEYtI/AAAAAAAABC8/fEIR-4AMnM8/s1600/SpectreAC130_Mildenhall_06.04.2011%25284%2529.jpg)
L’AC 130 U “Spooky”, la “cannoniera volante”. (Dd http://3.bp.blogspot.com/-OoYYHXheo_4/Tab2ilzEYtI/AAAAAAAABC8/fEIR-4AMnM8/s1600/SpectreAC130_Mildenhall_06.04.2011%25284%2529.jpg)

La “cannoniera volante”

Il prototipo di questo aereo (denominato in codice “Puf il drago magico”) fu impiegato dagli USA già nella guerra del Vietnam. Si trattava di un velivolo da trasporto C130 «Hercules», modificato aprendo 4 portelli su ciascun lato della fusoliera. Da ognuno di essi, operava un cannoncino «Vulcan» a canne rotanti, con rapidità di tiro di 2000 colpi al minuto. È stato stimato che, intervenendo da una quota di 500 m su di un villaggio o una colonna di soldati, fosse in grado di uccidere quasi 5.000 persone in 5 minuti. Per questo motivo, in miei precedenti lavori, l’ho classificato come un’arma di distruzione di massa.

Un modello sostanzialmente simile è stato impiegato dall’USAF durante la campagna «Restore Hope» (“Riaccendi la speranza”) in Somalia nel 1995. La “Cannoniera volante” si è poi evoluta nell’AC 130 U “Spooky”. Il nuovo modello, impiegato nella seconda fase del conflitto in Afghanistan, si differenzia dal precedente nell’armamento, che ora è costituito da un cannone da 30 mm a canne rotanti, da un cannone da 40 mm anticarro e da un obice da 105 mm, tutti montati sul lato sinistro, in modo da poter tenere sotto il proprio fuoco un punto fisso sul terreno, mentre l’aereo gli gira intorno. È stata inoltre potenziata l’avionica e le contromisure per poter sostenere anche una certa, limitata, azione antiaerea ostile. Infatti, data la bassa velocità, la vulnerabilità e la bassa quota operativa, quest’arma era praticamente impiegabile solo contro avversari completamente privi di copertura antiaerea, quindi, in pratica, contro popolazioni civili o forze irregolari male armate.

Molte nazioni hanno in produzione aerei simili o ne stanno sviluppato prototipi. Tra queste, purtroppo, c’è anche l’Italia, che si prepara anche ad esportarli su scala mondiale.

L’Alenia Aermacchi MC-27J Spartan (da https://upload.wikimedia.org/wikipedia/commons/8/85/Alenia_C-27J_%28Pratica_di_Mare%29.jpg)
L’Alenia Aermacchi MC-27J Spartan (da https://upload.wikimedia.org/wikipedia/commons/8/85/Alenia_C-27J_%28Pratica_di_Mare%29.jpg)

Prodotto dalla Alenia Aermacchi, l’MC-27J è una piattaforma multiruolo che si basa sull’aereo da trasporto tattico C-27J Spartan (versione militare dell’ottimo aereo da trasporto G222) in servizio in svariate forze aeree, aeronautica militare italiana compresa.

Secondo quanto dichiarato dalla società costruttrice italiana a Defense News, “il velivolo rappresenta la soluzione ideale per le nazioni focalizzate sul controllo delle frontiere e la lotta al terrorismo”.

L’MC-27J, rispetto alle costose controparti, offrirebbe le stesse capacità, ad un prezzo inferiore (ma anche qui non sono spiccioli: circa 60 milioni di dollari ad esemplare). L’MC-27J utilizza kit modulari che gli operatori possono facilmente installare o rimuovere a seconda del profilo di missione richiesto ed ogni tipo di configurazione può essere predisposto entro 60 minuti. Il velivolo è dotato di sensori elettro-ottici avanzati e cannoni a tiro rapido GAU-23 da 30 mm, a guida di precisione, gli stessi che equipaggiano attualmente le cannoniere AC-130 americane.

Sempre secondo le dichiarazioni della ditta produttrice, “L’aereo vola ben al di sopra dei 10.000 piedi, quindi al riparo dal fuoco nemico di terra. La sua precisione è assicurata dalla suite di bordo, totalmente integrata. L’autonomia di otto ore, ci consente di sostare sull’area operativa per il tempo necessario richiesto per completare la missione. … Le sue ridotte dimensioni la rendono una piattaforma ideale per il supporto armato alle operazioni ombra dei reparti speciali”.

L’Aeronautica Militare italiana ha una flotta di 12 C-27J Spartan e Alenia ha proposto di aggiornare tre di questi velivoli alla versione “cannoniera volante”. Ci chiediamo se l’Aeronautica vorrà dotarsi anche di questa arma, che non sembra proprio progettata per ripudiare “la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali”.

Quindi, gli esempi portati, anche se parziali, dimostrano come le Forze Armate si sono dotate, o stanno per dotarsi, a costi esorbitanti, di un certo numero di sistemi d’arma che non hanno nulla a che fare con il modello di difesa previsto dalla Costituzione.

Tuttavia, ricordiamo che, con una interpretazione della Costituzione che sarebbe opportuno discutere, la Direttiva Ministeriale che fissa i compiti delle Forze Armate stabilisce che essi sono, tra gli altri:

– operazioni rivolte alla tempestiva tutela degli interessi vitali nazionali, ovunque essi siano compromessi, in forma autonoma o quale parte di una più ampia coalizione internazionale;

– operazioni rivolte a garantire la difesa collettiva (Articolo 5 NATO);

– operazioni di imposizione della pace (peace enforcing).

Questi compiti sono ben più di eufemismi per sostenere che ormai non è più vero che “L’Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali”.

In queste condizioni, diventa essenziale che le Forze Armate dispongano di portaerei, navi da sbarco, bombe atomiche e cannoniere volanti (ma neanche in questo caso dell’inutile F35) e che la società debba pagarne i costi con tagli alla sanità, alle pensioni, all’istruzione, alla ricerca.

E quello che è più preoccupante è che, se non verrà respinta la revisione costituzionale sulla quale voteremo il 4 dicembre, a decidere se siano leciti o no, nei futuri casi specifici, la “tutela degli interessi vitali nazionali, ovunque essi siano compromessi”, la “difesa collettiva” che ci viene chiesta dalla NATO e la partecipazione alla ”imposizione della pace” in questo o quel Paese straniero che ci viene chiesta da questo o da quello (sempre meno dall’ONU, che ormai si limita sempre più solo a vidimare il fatto compiuto), sarà un uomo solo al comando: il nuovo articolo 78 della Costituzione proclama infatti: «La Camera dei deputati delibera a maggioranza assoluta lo stato di guerra e conferisce al Governo i poteri necessari». Sulla guerra, quindi, ormai senza eufemismi, decide la sola Camera eletta con la nuova legge elettorale che dà la maggioranza assoluta a una minoranza fedele al Presidente del Consiglio, con buona pace della lettera e dello spirito dell’Art. 11 della Costituzione nata dalla Resistenza.

 

Per saperne di più:

 

Su questi temi e sul modello di difesa italiano si svolgerà a Roma l’11 dicembre alle 16:30 presso la sede CGIL di via Buonarroti 12, Sala Fredda (I piano) il convegno dal titolo: “L’Italia, la Costituzione repubblicana e la guerra”. https://www.facebook.com/events/1585708955071366/

 

Vito Francesco Polcaro, scienziato dell’Istituto di Astrofisica e Planetologia spaziale (Istituto Nazionale di Astrofisica), e membro del Centro per l’astronomia e l’eredità culturale dell’Università di Ferrara