cover - TerradiLiberta“Una popolazione povera, provata da anni di guerra, semplice ma ricca di profonda umanità, accolse con animo fraterno ogni fuggiasco, italiano o straniero; vide in loro gli oppressi, i bisognosi, spartì con loro il pane che non c’era, visse quei mesi duri, di retrovia del fronte di guerra con vero spirito di resistenza, la resistenza alle barbarie”. (Carlo Azeglio Ciampi, Presidente emerito della Repubblica)

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Carlo Azeglio Ciampi

In queste pagine, tra le tante storie di uomini e di donne nell’Abruzzo della seconda guerra mondiale, c’è il ricordo di Vincenzo Pistelli – giovane barbiere del Campo di concentramento di Fonte d’Amore, che organizzò con altri protagonisti l’evasione di prigionieri inglesi dall’ospedale – insieme a quelli di Michele Del Greco e di John Furman.

Michele Del Greco ad Anversa degli Abruzzi, il 22 novembre 1943, fu catturato dai tedeschi e, un mese dopo, fucilato. Era un pastore che in diverse occasioni aveva dato asilo e da mangiare a una cinquantina di ex prigionieri in fuga. John Furman, prigioniero di guerra a Chieti, il 23 settembre 1943 riuscì a fuggire dal Campo di concentramento di Fonte d’Amore. Con l’aiuto di due ragazzi e della famiglia di un certo Peppino, fu rifocillato e ospitato.

Il libro, curato da Maria Rosaria La Morgia (giornalista Rai) e dallo studioso Mario Setta, è una antologia di storie di quei drammatici tempi in Abruzzo. Vicende poco note al grande pubblico, qui ricostruite e dedicate a Roger Absalom, storico inglese che è stato ufficiale alleato durante la campagna d’Italia. Questa la sua testimonianza: “Il fenomeno dell’assistenza spontanea era generalizzato in tutta la regione abruzzese. Sulla base di statistiche desumibili dai documenti conservati negli archivi di Washington si può calcolare un coinvolgimento di decine di migliaia di persone nell’assistenza, sempre più rischiosa, agli ex prigionieri alleati, fuggiti dai Campi di concentramento dopo l’8 settembre”.

I campi di internamento in Italia. Nel riquadro a sinistra in alto, i campi in Abruzzo
I campi di internamento in Italia. Nel riquadro a sinistra in alto, i campi in Abruzzo

Nel 1943, al momento dell’armistizio, erano 72 i campi sparsi in varie parti d’Italia per i prigionieri alleati, con 80.000 internati. Più di 40.000 riuscirono a fuggire quasi subito. I tedeschi setacciarono i territori circostanti, catturandone la metà. Gli altri riuscirono a sopravvivere. Senza sostegni esterni sarebbero stati ripresi. Trovarono, invece, persone che li aiutarono a superare le linee nemiche o a nascondersi. Quasi tutti i soccorritori erano pastori e contadini che i fuggitivi avevano incontrato per caso.

Nella presentazione del libro, Nicola Mattoscio (Presidente della Fondazione “Pescarabruzzo”) riporta un calzante pensiero di Guido Calogero: “…L’umile popolo di pastori e di contadini abruzzesi dette allora al mondo una prova di civiltà, che non dovrebbe essere dimenticata, accanto alle altre offerte dai partigiani e dai politici…la sua era una rivolta anonima, morale, disinteressata”. Mattoscio ricorda anche che sull’Abruzzo insistevano alcuni collaboratori che presero attivamente parte alle azioni di salvataggio. Verso i campi di prigionia di Badia, Fonte d’Amore, Chieti, agirono comandanti e vice comandanti che liberarono e s’impegnarono a proteggere gli ex internati. I sentieri della Maiella, che dal versante sulmontino passavano per Guado di Coccia fino a raggiungere Taranta Peligna e poi Casoli, furono varcati da uomini di sicuro affidamento. Grazie a loro, tra gli altri, si mise in salvo il Presidente emerito della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi. Un sentiero giustamente valorizzato, in questi anni, dall’attività promossa dagli autori di questo libro, come “Sentiero della Libertà”.

Nell’introduzione, Elena Aga Rossi scrive che molti racconti riguardano il primo impatto tra il fuggiasco, senza alcun punto di riferimento, bisognoso di tutto e nello stesso tempo convinto di essere tra nemici e di rischiare di essere consegnato subito ai tedeschi e la gente del luogo che, invece, lo accoglie come se fosse un amico, si prodiga per dargli subito del cibo e dei vestiti. Indicativa è l’esperienza di John Furman, che nel suo libro (“Non aver paura”) ricorda di avere vagato a lungo per la periferia di Sulmona prima di farsi vedere ed è così accolto da una famiglia che lo tratta come ospite di riguardo. Queste scene si ripetono a ogni nuovo incontro. John Verney si chiede come mai tutti si prendessero cura di lui, visto che “non c’era niente da guadagnare. Tutto da perdere”.

In Abruzzo, soprattutto le donne hanno ricoperto un ruolo importante quasi sempre determinante. Come nel caso di Maria Di Marzio che, denunciata per avere ospitato sette stranieri, all’arrivo dei tedeschi che la minacciavano con il fucile puntato sul petto, continuò a negare. Poteva essere uccisa; per fortuna i tedeschi rinunciarono e se ne andarono.

La lapide a Pietransieri, frazione di Roccaraso, a ricordo dell’eccidio
La lapide a Pietransieri, frazione di Roccaraso, a ricordo dell’eccidio

Oltre alle testimonianze sui prigionieri troviamo nel libro episodi che ricordano la violenza tedesca contro la popolazione, con distruzioni e incendi di paesi, razzie e rastrellamenti. Rispetto alle stragi effettuate dai tedeschi sulla Linea Gotica, soprattutto nell’estate 1944, quelle precedenti sulla Linea Gustav sono poco conosciute. Come l’eccidio, senza un’apparente ragione, degli abitanti di Pietransieri: morirono 128 civili, quasi tutti donne, vecchi e bambini. Virginia Macerelli, allora bambina, riuscì a sopravvivere benché ferita, protetta dal corpo della madre. Fu salvata due giorni dopo da alcune donne.

Nel libro è ricordato Lionel Wigram che riuscì a organizzare un raggruppamento di resistenti abruzzesi, denominato “Wigforce”, primo nucleo della Brigata Maiella, che riuscì ad aggregarsi al II Corpo polacco e fu l’unica formazione partigiana che continuò a combattere fino alla liberazione di Bologna, a fianco degli Alleati.

Anche molti ebrei trovarono ospitalità da parte delle famiglie abruzzesi. Ne sono testimonianza i ricordi dei confinati e dei fuggiaschi: da Ginzburg a Finzi-Contini, dalla famiglia Modiano ai Fuà, a Beniamino Sadun che, con la madre, si nascose a Scanno, in compagnia dell’amico Carlo Azeglio Ciampi.

Il volume si conclude con un’interessante intervista a Carlo Troilo, figlio di Ettore, fondatore della Brigata Maiella, e poi Prefetto di Milano, e con il ricordo del giovane Donato Ricchiuti, della Brigata Maiella, morto durante uno scontro con i tedeschi.