cover - come eravamoAttraverso racconti individuali, Marco Rovelli ha raccolto varie storie partigiane, da parte di ragazzi, tra i 14 e i 23 anni, degli anni Venti del secolo scorso. Il più delle volte, prima che da una convinzione ideologica, la decisione di salire in montagna o di imbracciare un fucile fu guidata dall’istinto, dalla necessità o dal caso. Nel tempo, quelle scelte segnarono profondamente i singoli protagonisti, perché i venti mesi dall’8 settembre 1943 al 25 aprile 1945, costituirono per ognuno di loro una radicale trasformazione esistenziale.

Le testimonianze, in presa diretta, di chi c’era allora, sono state suddivise in gruppi di storie: le prime dalla valle lunga, le altre dalle pianure, dalle montagne, con un dittico di una particolare serie di racconti.

La Val d’Ossola che diede vita, per quaranta giorni, a una repubblica partigiana, fu un crogiuolo di esperienze. Come quella di Arialdo che passò, quasi inavvertitamente, da essere un “ragazzo della via Paal” alla lotta di Liberazione: direttamente dalle sassate con i coetanei sul fiume, dalle scalate a pareti, dagli allenamenti nella palestra della Gioventù Italiana del Littorio (Gil). Il primo gruppo partigiano della zona fu a Verbania e organizzò “Radio Intra Libera” dagli scantinati della casa di un giovane elettrotecnico.

Tra le tante, c’è la storia di Paolo che racconta perché, a sedici anni, si unì ai partigiani: “Avevamo idee elementari. Anzitutto fu la questione patriottica-risorgimentale”.

Libero, classe 1924, operaio di Villadossola, soldato nel ’43, tornato dopo l’8 settembre, riprese a lavorare alla Metallurgica Ossolana. Ricorda oggi quel periodo: “Sono giovane e mi piace girare per i paesi; in una festa a Cardezza trovo gente che conosco e che fa il partigiano e comincio a fare la staffetta; porto informazioni, bombe a mano, quello che capita”.

Particolare è il racconto di Giordano, nato a Pistoia nel 1925. Il papà era un ferroviere dall’età di sedici anni, perseguitato dai fascisti, perché nel 1920 aveva partecipato al grande sciopero del sindacato dei ferrovieri. Con difficoltà, per le scarse condizioni economiche della famiglia, riesce a studiare. Comincia così ad apprezzarsi culturalmente, grazie a suo zio, fratello del padre, che è uno che legge. È lui a passargli il primo vero libro di educazione politica: “Il tallone di ferro” di Jack London. Giordano si entusiasma per quella lettura. E da allora, rinunciando ad altri svaghi, investe i pochi denari che raggranella in libri. Nel 1941 esce per Bompiani la raccolta di letteratura “Americana”, a cura di Elio Vittorini, importante nel processo di progressiva sprovincializzazione della cultura italiana. Ma il libro che lo impressiona di più è “Furore” di Steinbeck: quel proletariato agricolo, e la prospettiva delle lotte attraverso gli scioperi.

Per Carlo il papà era stato una guida. Aveva fatto la grande guerra, nell’artiglieria da montagna: “Aveva passato anche lui le sue giornate balorde. Era contro la guerra. Era contro il fascismo”. Ed è stato piuttosto naturale per Carlo andare con i partigiani, dopo aver ricevuto la cartolina che lo chiamava alle armi con i repubblichini, nel maggio 1944.

Ivano compì diciott’anni il 2 aprile 1944, abitava con i genitori e un fratello a Cremona: faceva il tornitore in un’officina. A convincerlo alla montagna è un collega del padre. Queste le prime istruzioni ricevute: al mattino alle sei in stazione a Cremona, fare il biglietto per Torino Porta Nuova; a destinazione nell’atrio c’è uno con La Stampa in tasca. Ci saranno altri giovani. Non dire nulla, fare gruppetti di quattro, e seguirlo a distanza. Da Porta Nuova, in tram, fino a Porta Susa, e di lì in treno fino a Condove, poi a piedi in montagna, sopra Avigliana. Con il nome di Lupo, Ivano è aggregato alla 17a Brigata Garibaldi. Dopo due settimane è nella 42a, a Chianocco, sopra Bussoleno.

Personaggi ritrovati e racconti registrati. Un libro da leggere tutto di un fiato.