cover rapporto Svimez-2015Il “Rapporto SVIMEZ 2015 sull’Economia del Mezzogiorno” (il Mulino, 2015) traccia un quadro lucido e, al contempo, impressionante della situazione in cui versa il Mezzogiorno che, sia per estensione territoriale che per popolazione (venti milioni) rappresenta circa un terzo dell’intero Paese.

I dati presentati nel “Rapporto” – riferiti al periodo 2008-2014 – illustrano crudamente la condizione in cui versa il Sud d’Italia, mettendo anche in evidenza l’aumento del divario rispetto al Centro-Nord.

Anzitutto un’economia in recessione ininterrotta.

Nel periodo esaminato il PIL ha avuto una contrazione del 13.0%, quasi il doppio di quella del Centro-Nord e gli investimenti nell’Industria in senso stretto (vale a dire esclusa l’edilizia) hanno subìto un vero e proprio crollo: – 59.3% rispetto a -17.1% nel Centro-Nord.

Dal canto suo il mercato del lavoro ha subìto un vero e proprio tracollo.

Si sono persi circa 600.000 posti di lavoro su un totale nazionale di poco più di 800.000, il che vuol dire che il 75% dell’intera perdita nazionale si è concentrata nel Sud. Inoltre questa perdita ha riguardato in prevalenza i giovani nella fascia di età fra 15 e 34 anni (192.000 posti in meno) con il tasso di occupazione che è sceso a minimi storici: 26.6% contro il 47.0% del Centro-Nord.

Da http://www.comunisti-italiani.it/wp-content/uploads/2015/02/sud_mezzogiorno-560x313.jpg
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Infine, la condizione sociale non è mai stata così grave.

Tra il 2001 e il 2014 si è verificato un vero e proprio esodo: 744.000 persone sono emigrate verso altre regioni; di queste la gran parte (526.000) sono giovani tra i 15 e i 34 anni, di cui la metà (205.000) sono laureati. È questo che si intende quando si parla di “fuga dei cervelli”, un depauperamento di risorse umane che si sono formate nel Sud ma vanno a giovamento del Centro-Nord.

Alla ripresa dell’ondata migratoria si è aggiunto un tracollo delle nascite, in quanto ormai nel Sud il tasso di natalità è negativo, ossia vi sono più decessi che nascite. Ciò significa che in proiezione a cinquanta anni da oggi la popolazione del Mezzogiorno passerà dagli attuali 20 milioni a circa 17 milioni, determinando un invecchiamento complessivo della società.

Accanto a questi fattori di natura socio-economica si deve poi tener conto delle cosiddette condizioni di contesto, vale a dire di quell’insieme di fattori quali il gravame della criminalità organizzata, l’inefficienza della pubblica amministrazione, la collusione tra politica e affari e la carenza di cultura civica, la cui presenza costituisce un enorme freno alla possibilità di dispiegare le risorse disponibili.

Di fronte ad un simile quadro, che non può che definirsi drammatico, il “Rapporto” ripropone due questioni che la SVIMEZ ha messo sul tappeto già da alcuni anni.

Da http://saperedemocratico.it/wp-content/uploads/LaQuestioneMeridionale_500x331.jpg
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La prima riguarda il modo di porsi di fronte alla ormai storica “questione meridionale”, nel senso che va abbandonata la logica rivelatasi perdente dei trasferimenti, degli incentivi, dei sostegni a questa o quella iniziativa, per assumere una dimensione programmatica di alto profilo e di lungo periodo riferita all’intero Paese. Insomma una “strategia nazionale di sviluppo, all’altezza delle grandi sfide economiche e sociali che abbiamo di fronte, che ponga al centro il Mezzogiorno”.

La seconda è una proposta operativa che, dando per acquisita la suddetta strategia, indica un “Piano di primo intervento” come linea di azione da praticare nell’immediato, basata su una serie di “drivers dello sviluppo” in grado di affrontare i problemi più urgenti e, al contempo, di creare i pre-requisiti necessari ad innescare il più generale processo: la logistica, le energie rinnovabili, la rigenerazione urbana e ambientale, le filiere agroalimentari, l’industria culturale e del turismo, la connettività territoriale.

Questo è lo scenario che emerge dal “Rapporto 2015” che la SVIMEZ auspica possa finalmente trovare ascolto nelle sedi istituzionali preposte, finora sorde o disattente di fronte al fatto che, come ha ricordato il Presidente della Repubblica nel discorso di fine anno, “senza un Mezzogiorno inserito economicamente e socialmente, l’Italia non esiste”.

Alessandro Bianchi, professore ordinario di urbanistica, Rettore dell’Università Telematica Pegaso, già Ministro dei Trasporti nel secondo governo Prodi