«Sì, sono ariana, ma non sarei potuta comunque rimanere a Vienna perché non avrei resistito. Non ce l’avrei mai fatta a tenere la bocca chiusa e accettare docilmente certe porcherie, quindi un giorno o l’altro mi avrebbero arrestata». È il 1938 e la giovane Franzi si fa trasferire a Parigi, nella filiale francese della casa di produzione cinematografica per la quale lavora. Non riesce a sopportare l’occupazione nazista di Vienna, vedendo i suoi connazionali accettare tutto così passivamente.

A Parigi è tutto diverso, la gente cena nei bistrot, tutti parlano liberamente, vanno al cinema, a teatro, discutono di politica.

Franzi inizia ad apprezzare la sua nuova vita francese, pur lontana dalla famiglia, e si innamora di Pierre, un giornalista molto impegnato in politica e che sostiene l’intervento in guerra contro i nazisti. Franzi vive una appassionata storia d’amore ma allo stesso tempo sa che piano piano tutto intorno al lei diventerà sempre più buio a causa del virus nazifascista.

Una viennese a Parigi di Ernst Lothar, pubblicato dalle Edizioni e/o nella collana “Gli intramontabili”, con la traduzione di Monica Pesetti, è un bel romanzo sotto forma di diario che si svolge dal 1930 al 1940. Racconta bene i dubbi e lo stato d’animo di una giovane austriaca privilegiata (suo padre è un ex ministro) che, una volta esule, comincia a sentire il dovere patriottico di combattere attraverso i piccoli gesti quotidiani – con le parole, con le prese di posizione, con la difesa dei più deboli – la mentalità nazionalsocialista che si sta imponendo anche in Francia.

«Nessuno pensa. Nel senso che nessuno riesce o vuole pensare. La gente vaga come se avesse preso un potente sonnifero di cui non ha ancora smaltito gli effetti. Ogni volta che vede le divise grigioverdi dei nazisti crede di sognare e spera di svegliarsi presto», annota nel diario la protagonista.

Ernst Lothar

Franzi sa che cosa è accaduto a Vienna, ha visto la città cambiare, le persone denunciare i vicini ebrei e convertirsi al nuovo credo del Reich e sa perciò riconoscere quando – anche a Parigi, nella sua nuova patria – i discorsi si fanno più accondiscendenti, l’abuso di potere e le prevaricazioni si fanno strada e accecano anche chi un tempo era diverso. «Ma qual è il governo legittimo, quello dei signori a Bordeaux o quello dei nazisti qui a Parigi? Ora la Francia non occupata si chiama France libre, noi però non possiamo avere contatti. Possiamo sapere solo quello che ci dicono i nazisti dai loro altoparlanti. Noi siamo la France nazi», scrive.

Franzi vede nei francesi la stessa cecità che era stata degli austriaci e questa volta non scappa: decide di impegnarsi, di non restare a guardare. Non sveliamo il colpo di scena finale che chiude i tre anni di diario appassionante della giovane.

Franzi se ne intende di occupazioni naziste, questa è la seconda che vive sulla sua pelle: «Da quando ieri ho sentito marciare i nazisti mi sembra che ogni cosa sia stata calpestata – e ovviamente loro vogliono proprio questo, mettere in chiaro che non ci sono più speranze! I loro spaventosi annunci alla radio, i bollettini ingiuriosi sbraitati dai furgoni con gli altoparlanti che percorrono senza sosta i boulevard, l’ordine indecente che hanno instaurato e non si addice a questo posto – tutto deve comunicare un senso di ineluttabilità», annota ancora nel suo diario.

Ernst Lothar – scrittore, regista e critico teatrale, grande interprete dello spirito austriaco, scomparso nel 1974 – scrisse questo romanzo basandosi su un diario manoscritto consegnatogli a New York nel 1940, dove si trovava come esule a causa delle sue origini ebraiche. Lothar nacque a Brno, capoluogo della Moravia, nell’allora Impero austroungarico, oggi Repubblica ceca, ma crebbe a Vienna lavorando come procuratore e come funzionario statale. A un certo punto abbandonò gli incarichi governativi per dedicarsi a tempo pieno alla scrittura, alla critica e al teatro.

Nella sua casa viennese incontrò i grandi protagonisti della cultura del suo tempo, tutte voci poco ariane che però – nonostante esilio e persecuzioni – diedero tanto alla letteratura tedesca tra le due guerre: Musil, Werfel, Joseph Roth, Broch, Felix Braun e tanti altri.

Ernst Lothar, autorevole voce della letteratura mitteleuropea da riscoprire, fu inoltre uno dei promotori del Festival di Salisburgo e, in quanto regista e drammaturgo, diresse il Burgtheater di Vienna e il Theater in der Josefstadt fino al 1938. Quando appunto in quell’anno i nazisti presero il controllo dell’Austria, fu costretto ad andarsene a causa delle sue origini ebraiche: si rifugiò prima in Svizzera, poi in Francia, infine in America, a New York, dove fondò l’Austrian Theater. Dopo la guerra, nel 1949, Lothar ebbe una sorta di “risarcimento intellettuale” perché tornò a Vienna su incarico del governo americano come consulente per la denazificazione delle arti in Austria.

Però – come si legge nella nota editoriale al romanzo – il ritorno in patria fu traumatico. All’indomani della caduta del Reich l’antisemitismo era più vivo che mai e al loro arrivo gli esuli venivano accusati addirittura di tradimento per aver abbandonato l’Austria nel momento della prova. Nonostante ciò, Lothar decise di restare e mise il suo talento al servizio di una rifondazione della cultura austriaca e si dedicò inoltre alla riabilitazione di grandi autori come Brecht su cui si era abbattuto l’ostracismo del regime. Tornò anche a lavorare per il Burgtheater e per il Festival di Salisburgo.

Lothar fu scrittore prolifico e dai suoi romanzi furono tratti film di grande successo fra cui L’uomo che vide il futuro (1935), Il delitto del giudice (1948) e La casa dell’angelo (1948) tratto dal suo romanzo più famoso La melodia di Vienna, ripubblicato in Italia sempre dalle Edizioni e/o assieme a Sotto un sole diverso, ambientato nel Sud Tirolo in una famiglia che allo scoppiare della guerra si divide tra chi appoggia il nazismo e chi sceglie la Resistenza.

 Antonella De Biasi, giornalista professionista freelance. Ha lavorato al settimanale La Rinascita della sinistra scrivendo di politica estera e società. Collabora con Linkiesta.it e si occupa di formazione giornalistica per ragazzi