Questo film dignitoso piacerà ai giovani. Attuale per i suoi spunti, agile e divulgativo sulla giovinezza di un filosofo, Karl Marx, il cui nome è incancellabile nel pensiero economico e nell’azione sociopolitica. Dal 1842 al ’48 l’Europa è in fermento. Gli operai protestano nelle piazze contro le condizioni inumane di lavoro nelle fabbriche del capitalismo nascente. L’opposizione di intellettuali e filosofi si mobilita con vari contributi. Tra questi, quello del giovane Karl che scrive sulla Gazzetta renana ed è poi costretto a riparare a Parigi dopo la chiusura del giornale, censurato dal regime reazionario prussiano.

Non era facile trattare sullo schermo questa materia, ma il filo biografico tessuto da Raoul Peck, regista haitiano, riesce a fondere i momenti privati con quelli pubblici grazie a una narrazione interessante che sfocia nella stesura del Manifesto; accanto a Marx, Friedrich Engels che diverrà suo amico e collaboratore. Seguiamo i due intellettuali ribelli in Prussia, in Francia e in Inghilterra sempre sotto l’occhio delle polizie nel quotidiano e nelle occasioni politiche. Determinati, audaci, a volte dubbiosi, pronti a rischiare e attratti dalla vita, i due eroi appartengono al genere romantico dei rivoluzionari sempre sospetti al potere. Le loro scelte parlano al mondo di oggi in senso alternativo. Anziché vegetare nelle università e nei circoli, lanciano la loro parola in favore della giustizia. Il seme teorico di Marx ed Engels ha infatti proliferato nel tempo creando modelli e spunti ancora validi. L’accanimento del profitto contro i diseredati illustra un’epoca, ma è anche emblema ricorrente del potere assoluto economico che non cessa mai di opprimere i proletari.

La sequenza iniziale, in un bosco invernale dove i poveri raccolgono legna secca per le loro case e vengono aggrediti dai poliziotti a cavallo, ci introduce nel clima della disuguaglianza.

Il colore grigio ci ricorda quello del dipinto di Van Gogh I mangiatori di patate. Oltre all’indovinata raffigurazione ambientale vi è quella metaforica, la violenza, la sopraffazione, connotati del potere che infierisce sui deboli. Il film marcia con stile lineare e avvincente. La figura di Marx (ben interpretato da August Diehel) ha un indubbio valore stimolante. Impegnato nello studio approfondito del rapporto proprietà-lavoro, egli scopre il volto spietato di una società che sta partorendo lo sfruttamento capitalista della massa operaia. È chiara la commistione fra la curiosità di conoscenza marxiana e la passione rinnovatrice. L’incontro con Engels (Stefan Konarske) porta il giovane pensatore a scendere dai concetti astratti elaborati da Proudhon (il lavoro sottratto ai ricchi e imposto ai poveri) alla realtà delle condizioni di vita dei proletari e alla definizione della merce lavoro. Ne esce rafforzato il passaggio dalla filosofia alla pratica. Engels, figlio di un importante industriale laniero e impiegato nella ditta del padre, viene colpito dalle ingiustizie che subiscono le lavoratrici. Le sequenze testimoniano orari estenuanti di donne e bambini e incidenti seguiti da proteste e licenziamenti. Così il giovane decide di toccare con mano l’indigenza penosa di quel mondo, di divenirne il difensore ed entra nei tuguri operai accolto dapprima con diffidenza, poi con calore.

L’attualità del film è sorprendente. Quelle immagini crudeli dell’800 suscitano riflessioni sulla continuità dello spirito rapace del capitalismo basato sul profitto. Quando in una sequenza illuminante Marx ed Engels discutono con un imprenditore sui bassi salari e sui licenziamenti, sembra di essere ai giorni d’oggi. Egli infatti si giustifica con le regole del mercato. Proprio così: la schiavitù della forza lavoro in un modo o nell’altro non è finita, malgrado le più svariate piroette dei legislatori. Anche le donne sono parte esemplare di questo racconto progressista. L’indomita operaia irlandese Mary Burns (Hannah Steele) di cui Engels si innamora, vessata dal padrone e Jenny von Wesphalen (Vicky Krieps), moglie di Marx, che rompe con i privilegi di una famiglia aristocratica condividendo le idee del suo compagno e un’esistenza difficile, rappresentano esempi di una nuova coscienza sociale e di una nuova etica familiare. Se l’ardita compagna di Engels è alacremente impegnata nella lotta per i diritti del lavoro, Jenny, che diviene madre di due figli, accetta con coraggio le privazioni e i compiti conseguenti alla sua scelta controcorrente. La vita domestica è difficile con pochi penny in tasca, ma la fede ideologica è una forza. “Senza rivolta non c’è felicità”, dice quest’ultima. In questo senso vediamo l’impotenza della ricchezza ad annientare gli ideali. Le classi dominanti non possono evitare i figli antagonisti, che fanno propria la ribellione degli oppressi.

Vediamo come dal primo confronto a Parigi tra i due filosofi che conoscevano i rispettivi scritti (La critica alla filosofia di Marx e L’inchiesta sulla condizione operaia in Inghilterra di Engels) nascano quel feeling e quella collaborazione durevole che porteranno alla fondazione della Lega dei comunisti. I fotogrammi di una movimentata assemblea della Lega dei Giusti di Watlins, influenzata da Proudhon, ci mostrano Marx ed Engels divenutine membri, intenti a ribaltare con dialettica battagliera gli statici programmi conquistando la maggioranza. L’aspirazione utopica alla fratellanza umana e eguaglianza universale viene aggiornata dalla concezione materialista della lotta di classe tra capitale e proletariato nel nuovo assetto industriale. Sarà poi il Manifesto redatto dai due filosofi a definire e diffondere il progetto d’azione della Lega e del comunismo. Il celebre opuscolo che annuncia l’entrata di un “fantasma che s’aggira in Europa” e fa “tremare la borghesia dei vari Paesi” sarà per più di un secolo vessillo di agitazione e dottrina politica, riferimento e speranza rivoluzionaria per il mondo intero.

Il film attraverso la sua sfilata di tappe esistenziali viste con sguardo moderno ha il merito di trasmetterci il messaggio sempre verde del bisogno di uguaglianza della società umana.

Serena d’Arbela, scrittrice, traduttrice, giornalista