È successo a Livorno, città dalla lunghissima, addirittura centenaria storia democratica. La polizia ha caricato per uno striscione. Centro storico, quartiere Venezia, 1 agosto, prima serata della kermesse estiva “Effetto Venezia”, da circa vent’anni un appuntamento fisso, con musica, teatro e gastronomia, per residenti e turisti.

Durante ogni edizione della manifestazione, anche i ragazzi del Refugio, che in quella piazza hanno occupato un palazzo del Comune in parte in disuso, promuovono iniziative culturali, ed è ormai una loro una tradizione esporre su un edificio adiacente, semi abbandonato, il vecchio carcere dei Domenicani, un grande lenzuolo con delle scritte. Lo striscione di quest’anno recitava: “Effetto Pd e Lega-Stelle, 11 aggressioni in 50 giorni: il vostro razzismo è emergenza. Il vero cambiamento: casa, lavoro, reddito per tutti. Lega illegale”.

Intorno all’una di notte, mentre la piazza era ancora piena di gente, la polizia è intervenuta per rimuoverlo ed è scoppiato un tafferuglio, con feriti anche tra le forze di polizia. «Noi spesso dobbiamo confrontarci con quei giovani – spiega Gino Niccolai, presidente dell’Anpi di Livorno e componente del Comitato nazionale dell’Associazione –, ma una carica contro una manifestazione di dissenso fa riflettere e preoccupa».

I simboli hanno un peso in questa vicenda: «Nella struttura dove era esposto il lenzuolo ai tempi del regime vennero imprigionati tanti partigiani, tra cui anche Sandro Pertini – ricorda Niccolai». Anche l’anno passato uno striscione venne fatto togliere perché insultava la Comunità ebraica. «Ovviamente seguirono le polemiche, ma tutto finì lì», continua il presidente dell’Anpi livornese. Prima ancora bersaglio di quei ragazzi era stato il Pd al governo.

Altra cupa coincidenza: nel pomeriggio Anpi, associazioni antifasciste del territorio, anarchici e tanti cittadini avevano commemorato Filippo Filippelli, l’anarchico livornese ammazzato dalle squadracce fasciste proprio il primo agosto 1922. «È inaccettabile – prosegue nel suo ragionamento Niccolai, e sui fatti ha diffuso un comunicato – che ancora una volta nella nostra città, la città delle Livornine, si carichi e si manganelli per uno striscione». E ribadisce:«Si può certamente dissentire sui contenuti, ma organizzare un’azione di polizia, con tanto di cariche e manganellate, per la sua rimozione, è un atto di estrema gravità che trascina Livorno democratica all’interno del clima di intimidazione e repressione che sta attraversando il nostro Paese. È ora che di questo se ne abbia piena consapevolezza». Le livornine, rammentate da Niccolai, sono le leggi che nel XVI secolo, mentre gli ebrei erano vittime di pogrom nell’Italia e nell’Europa del tempo, aprirono loro le porte della città toscana, consentendo di praticare e insegnare il culto ebraico. Grazie a quelle norme Livorno divenne presto molto prospera e cosmopolita perché andarono ad abitarvi anche altre comunità e singole persone perseguitate: musulmane, valdesi, greche, armene, francesi, olandesi, spagnole, portoghesi e russe. E oggi? «È vietato il dissenso? Siamo al regime? Siamo in uno Stato di Polizia?» chiede Niccolai. Auspicando da chi è responsabile di quanto avvenuto una risposta.