Palazzo Moroni, sede dell’Amministrazione comunale di Padova

Meno di un mese fa, il 13 marzo, anche Padova, una delle città dove il movimento di Resistenza partigiana unì popolo e mondo universitario, ha ingrossato le fila dei Comuni veneti che si sono dichiarati esplicitamente antifascisti. Non poteva essere altrimenti: a Padova, come è noto, ha sede l’unica università premiata con la Medaglia d’Oro al Valor Militare poiché, come si legge nella motivazione, “nell’ultimo immane conflitto seppe, prima fra tutte, tramutarsi in centro di cospirazione e di guerra. Padova ebbe nel suo Ateneo un tempio di fede civile e un presidio di eroica resistenza”. Grazie all’interessamento dell’Anpi provinciale e di Coalizione Civica (una delle componenti politiche della maggioranza che sostiene Sergio Giordani e che fa capo al vicesindaco Arturo Lorenzoni), la giunta comunale ha deciso di approvare una delibera che vieta esplicitamente la concessione di sale comunali e spazi pubblici ad organizzazioni che si rifanno al fascismo o al nazismo; quindi a Padova, oltre a firmare i moduli per la concessione, è richiesta la firma di una “dichiarazione di antifascismo”, cioè l’impegno di rispettare i valori della Costituzione, con particolare riferimento all’articolo 3 sulla non discriminazione e alla legge Scelba, che vieta la ricostituzione di formazioni fasciste e l’apologia del regime.

«Asilo secolare di scienza e di pace, ospizio glorioso e munifico di quanti da ogni parte d’Europa accorrevano ad apprendere le arti che fanno civili le genti, l’Università di Padova nell’ultimo immane conflitto seppe, prima fra tutte, tramutarsi in centro di cospirazione e di guerra; né conobbe stanchezze, né si piegò per furia di persecuzioni e di supplizi. Dalla solennità inaugurale del 9 novembre 1943, in cui la gioventù padovana urlò la sua maledizione agli oppressori e lanciò aperta la sfida, sino alla trionfale liberazione della primavera 1945, Padova ebbe nel suo Ateneo un tempio di fede civile e un presidio di eroica resistenza e da Padova la gioventù universitaria partigiana offriva all’Italia il maggiore e più lungo tributo di sangue», questa è la motivazione con cui l’Università di Padova, unica tra gli atenei italiani, ricevette la Medaglia d’Oro al Valor Militare

L’apri-fila veneto è stato il Comune di Cavarzere in provincia di Venezia, grazie alla consigliera comunale Elisa Fabian di MdP-Articolo1, la quale ha presentato una delibera di modifica del regolamento comunale il 29 maggio 2017. Dopo Cavarzere, il 28 settembre, si è inserito il Comune di Cadoneghe che, con l’aggiunta dell’articolo 10-bis del regolamento, ha stabilito che “non potranno in alcun caso essere concessi in uso spazi e aree pubbliche per lo svolgimento di conferenze, incontri e manifestazioni di qualsiasi natura alle organizzazioni e associazioni che direttamente si richiamano all’ideologia, ai linguaggi e rituali fascisti, alla sua simbologia”. Non dimentichiamo che cadoneghese era Raimondo Zanella, il comandante partigiano “Giani”, uno dei promotori della Resistenza sulle montagne vicentine con la nascente Brigata, poi Divisione, “Garemi” e che Cadoneghe fu epicentro nel dopoguerra di lotte e rivendicazioni operaie come quelle alla fabbrica Breda. Analoghe disposizioni sono state approvate a Mira e a Montegrotto Terme. Sulla scia si sono poi accodati i capoluoghi di provincia della regione: a Vicenza il sindaco uscente Achille Variati ha deciso di seguire la linea dell’Anpi prevedendo il giuramento costituzionale di ripudio del fascismo come condizione preliminare all’utilizzo di sale, spazi e suolo pubblici; a Treviso il sindaco Giovanni Manildo ha dichiarato che l’apologia di fascismo rimane un reato ed è triste che una comunità debba ribadirlo formalmente, ma la cosa si rende necessaria.

A Padova la dichiarazione antifascista dalla sua approvazione è stata applicata già tre volte, non senza polemiche da parte delle forze di destra. L’ultimo scontro politico è legato alla presentazione del fumetto “Foiba Rossa” presso la Fornace Carotta, fumetto che tratta la storia di Norma Cossetto, morta in Istria nel 1943 durante la seconda guerra mondiale. Gli organizzatori dell’evento si erano rifiutati di firmare la dichiarazione di antifascismo e ne era nato un aspro scontro tra due esponenti di Forza Italia: l’assessore regionale Elena Donazzan e la consigliera comunale Eleonora Mosco da un lato, e il sindaco Giordani dall’altro che, vista la mancata sottoscrizione, aveva rifiutato di concedere la sala comunale per ospitare l’evento. La sala è stata poi concessa dopo l’adesione al regolamento comunale da parte di Renzo Codarin, presidente dell’Associazione nazionale Venezia Giulia e Dalmazia, come nuovo organizzatore dell’evento.

Enrico Sacco, consigliere comunale a Cadoneghe, iscritto all’Anpi