Carlén l’orologiaio, il partigiano appassionato di teatro e di cultura e che molto sapeva fare

Gian Carlo Negretti “Tom” era stato capo squadra e poi commissario politico del battaglione Armaroli della 63a brigata Bolero Garibaldi. “Nin’ c’incaglia”, nulla ci deve incagliare, era il motto della sua squadra che poi diverrà bussola di tutta la vita  

Antonio Fanelli

Una foto recente di Gian Carlo Negretti “Tom”

Appena pochi giorni fa, Papa Francesco, in visita nella città di Bologna, ha elogiato le virtù del “sistema Emilia”, il modello economico e sociale che tiene insieme lavoro e welfare, capitale e attenzione per i più deboli. Tra i protagonisti di questa epopea collettiva vi è anche un uomo straordinario che se ne è andato due giorni fa a 92 anni: Gian Carlo Negretti, meglio noto come “Carlén l’orologiaio”, uno dei protagonisti della nascita e dello sviluppo della Cna, degli insediamenti artigiani e del decollo della Fiera di Bologna. Era nato il 15 aprile del 1925 a Calderara di Reno, una comunità contadina e artigiana, tra il fiume e l’Aeroporto, terra di antifascisti e di “confinati in casa”, dove Negretti visse a stretto contatto con una umanità solidale, tra pratiche di sopravvivenza e di sovversivismo. Una rete minuziosa di saperi artigiani è infatti alla base di una cultura locale che modellerà il carattere di Negretti sin da quando era un “cinno” apprendista orologiaio.

Gian Carlo era un uomo che veniva della Resistenza: capo squadra e poi commissario politico della 1a compagnia del battaglione Armaroli della 63ª Brigata Garibaldi, la mitica “Bolero”. “Nin’ c’incaglia”, nulla ci deve incagliare, era il motto della sua squadra partigiana e sarà una lezione di vita, a partire, soprattutto, dalla sua applicazione nella Resistenza attraverso il soccorso alla popolazione civile e la revisione dei patti colonici. “Carlén” fu anche un militante e un funzionario comunista sui generis, artefice di quel Centro della Cultura Popolare che realizzò il radicamento popolare del “Teatro di Massa” e si adoperò, con la guida di Gino Agostini e Egidio Errani, per la creazione del primo Circuito Regionale del Cinema. Cooptato nella struttura del partito da Vincenzo Galetti, fece parte della federazione comunista guidata da Enrico Bonazzi, occupandosi in modo particolare della stampa e propaganda, dove i suoi metodi gappisti si rendevano necessari per forzare la repressione e la censura. E in questi anni “Carlén” si sposa con Marisa, preziosa compagna di una vita, diventa padre di Monica e stringe un legame fraterno con Luciano Calanchi, altro protagonista della cooperazione e dello sviluppo dell’Emilia ‘rossa’.

Il 1959 è un anno cruciale, Galliani, il primo presidente della Cna, gli affida l’ufficio economico della Confederazione dell’Artigianato. In questa nuova veste sarà il pioniere della costruzione degli insediamenti artigiani della regione che faranno decollare la rete di piccole e medie imprese, protagoniste del boom economico. La programmazione territoriale e urbanistica e il reperimento delle risorse economiche saranno guidate da Negretti all’insegna del suo motto partigiano “nin’ c’incaglia” e molti che lo avevano preso per matto si dovranno presto ricredere.

Negretti con l’ex sindaco di Bologna Renato Zangheri

La costruzione della Fiera di Bologna, rappresenta il suggello di quella stagione e Negretti sarà per molti anni membro del Cda e della Giunta esecutiva della Fiera. Assumerà poi il ruolo di presidente della Commissione regionale dell’Artigianato e il coordinamento nazionale degli enti locali di autogoverno del settore presso il Consiglio Nazionale dell’Artigianato facente capo al ministero dell’Industria.

Fino agli ultimi mesi di vita Negretti ha continuato a svolgere la sua apprezzata attività di orologiaio, a partecipare alle cose del mondo, leggendo tre quotidiani al giorno, con la fiducia sorridente ed incrollabile di un giovane che pensa che la soluzione dei problemi è quei sempre alla portata delle nostre mani.

Antonio Fanelli, antropologo e studioso di cultura popolare


La Resistenza, la cultura e la montagna, secondo me

La lezione del Cansiglio del vice commissario politico Giorgio “Battaglia” Vicchi. Dalla lotta di Liberazione all’impegno con l’Istituto per la storia e le memorie del 900 Parri Emilia-Romagna

Redazionale

Giorgio Vicchi, partigiano. Foto Istituto Parri (da http://parridigit.istitutoparri.eu/fondi.aspx?key=dettaglio&fondo=18&Q11=giorgio%20vicchi&from=ricerca&rec_id=7326&cp=0)

Giorgio Vicchi, il futuro capitano partigiano e commissario politico “Giorgio Battaglia”, era nato a Bologna il 31 gennaio 1925 da Primo ed Elena Bastia. È studente universitario della facoltà di economia e commercio nel ʼ43 e partecipa prima alle manifestazioni per la caduta del regime; poi l’8 settembre, a Porta d’Azeglio, prende parte a un’azione di recupero di armi e munizioni nella caserma del 3° reggimento d’artiglieria.

Dopo il bando Graziani, all’arrivo della chiamata militare della Rsi decide di disertare e nel gennaio ʼ44, avendo già preso contatti con un gruppo di militanti comunisti residenti a San Ruffillo (Bologna), viene inviato nel Veneto e più tardi nel Trentino, dove viene ferito durante un’azione di guerra nella zona di Imer di Mezzano (TN). Per quell’episodio Vicchi riceverà un encomio solenne.

27 aprile 1980. La cittadinanza onoraria di Vittorio Veneto a Giorgio Vicchi, già Comm. Pol. Della Brg. “Ciro Menotti”, Divisione d’assalto Garibaldi “Nino Nannetti”. Foto Istituto Parri (da
http://parridigit.istitutoparri.eu/fondi.aspx?key=dettaglio&fondo=18&Q11=giorgio %20vicchi&from=ricerca&rec_id=7409&cp=1)

In seguito “Giorgio Battaglia” raggiunge il dist Fergnani (già Boscarin) in Val Vajont, sopra Longarone, in provincia di Udine, formato da una ventina di uomini. Ne seguirà tutte le fasi sino alla formazione della divisione d’assalto Garibaldi Nannetti. Diverrà così vice commissario politico del Gruppo brigate Vittorio Veneto. È poi commissario politico della brigata Ciro Menotti, sopravvissuta ai grandi rastrellamenti del ’44, con cui combatterà fino alla Liberazione . Per il suo contributo alla Resistenza nel Veneto e nel Friuli gli verrà conferita la cittadinanza onoraria di Belluno, Sacile e Vittorio Veneto.

Tornato a Bologna, Vicchi dal 1950 ricopre vari incarichi amministrativi e politici e più tardi sarà presidente e vice presidente dell’Istituto per la storia e le memorie del 900 Parri Emilia-Romagna, cariche che lo impegneranno per ben due decenni. Nel 2015, Giorgio Vicchi per le edizioni Pedragon scrisse un Diario partigiano (31 marzo – 24 giugno) raccontando le fasi decisive della Resistenza nei territori dove aveva operato. E ricordando la montagna, amata e allo stesso tempo primo nemico da fronteggiare: “Su e giù per la montagna, sempre su e giù per la montagna, non c’è mai pianura per noi partigiani”.