La radura del meeting partigiano

Da poco sono sfioriti i profumati fiori del tiglio, le rosse ciliegie sono state raccolte dai numerosi alberi per fornire i frutti alla “Festa delle ciliegie” che coinvolge a giugno la Brda (il Collio sloveno), già i castagni mostrano il formarsi dei ricci che in autunno si apriranno per far cadere le castagne mature, le viti sono cariche delle bacche ancora indistintamente verdi dell’uva.

Nel bosco adiacente la località di Kožbana querce e castagni circondano la radura nella quale, il 9 luglio del 1944, in piena occupazione nazi-fascista del Litorale (storica regione slovena a ridosso del confine italiano) si radunarono circa 2.000 persone provenienti dai vari paesi del Collio per assistere al comizio elettorale organizzato per le elezioni dei Comitati locali dell’O.F., l’Osvobodilna Fronta, il Fronte di Liberazione sloveno.

È l’8 luglio 2018 e alla commemorazione di questi eventi sono presenti una delegazione dell’Anpi del Friuli Venezia Giulia e della sezione di Cividale del Friuli con la propria bandiera (la località dista meno di dieci chilometri in linea d’aria da quest’ultima città). La manifestazione è organizzata da ZZB-NOB (l’Associazione dei partigiani sloveni) e convintamente sostenuta ogni anno dal Comune di Brda. L’incontro è occasione per ricordare ma anche per scambiare opinioni e idee sulle nostre associazioni e sulle iniziative future.

In prima fila da sinistra: Tucker, Srebrnič, Krese e Fantini

Possediamo alcune fotografie dell’incontro del 1944, queste ritraggono, tra gli altri, Mario Fantini “Sasso” da poco nominato comandante della Brigata “Garibaldi Natisone”, il maggiore inglese Vincent Hadley “Tucker”, don Edko Ferjančič “Taras”, presidente del comitato del Collio dell’O.F. (il prelato entrò convintamente nella Resistenza dopo l’orribile strage compiuta, in gran parte di civili, dai nazi-fascisti a Peternel e nei paesi vicini il 22 maggio 1944), il delegato del partito comunista sloveno Leopold Krese “Jost” e Jože Srebrnič, già parlamentare italiano nel corso della XVII legislatura, cofondatore del PCd’I, e presidente del Comitato regionale dell’O.F. (per quest’ultima figura si legga la sottostante scheda biografica).

Don Edko Ferjančič “Taras” interviene al comizio elettorale

L’incontro riveste un’importanza straordinaria per il popolo del Litorale sloveno e per i rapporti con la Resistenza italiana che in quei mesi stava consolidando le proprie brigate in vista della liberazione di ampie zone di territorio friulano (Zona Libera della Carnia e Zona Libera del Friuli orientale).

Il prossimo anno ricorre il 75° anniversario dell’incontro di Kožbana. Sarà l’occasione per rinsaldare i rapporti di amicizia e di collaborazione tra le associazioni dei partigiani sloveni e italiani già ribadite in occasione degli incontri e degli accordi sottoscritti in questi anni a Gorizia e ad Aquileia.

La popolazione della Brda assiste al comizio elettorale

Sarebbe importante che, per il futuro incontro del 2019, si realizzasse una manifestazione d’interesse da parte delle istituzioni italiane e in tal senso si muoverà il nostro impegno per ricordare i nostri compagni partigiani in primis Mario Fantini “Sasso” e il deputato comunista Jože Srebrnič.

Jože Srebrnič

Jože Srebrnič, di professione contadino, nasce nel 1884 da famiglia operaia in un piccolo comune nei pressi di Gorizia, Solkan/Salcano (ora in Repubblica di Slovenia) allora parte dell’Impero austro-ungarico.

Nel 1906 svolge il servizio militare ma per le sue idee politiche viene in seguito degradato. Alternando il lavoro allo studio riuscì a conseguire la maturità classica e a iscriversi alla facoltà di Giurisprudenza dell’Università di Graz senza però conseguire la laurea. Nel 1907 si iscrive al Partito socialista. Nel 1914, richiamato nell’esercito austro-ungarico da soldato semplice, fu inviato, come la gran parte degli abitanti di queste zone e del Sud Tirolo, a combattere sul fronte russo. Srebrnič però diserta e si consegna ai russi partecipando attivamente alla Rivoluzione del 1917.

Nel 1921, rientrato in Italia è uno dei fondatori del PCd’I e nel 1924, nonostante l’introduzione della legge Acerbo, volta ad assicurare al Partito Nazionale Fascista la maggioranza e nonostante il pesante clima intimidatorio di quegli anni, viene eletto deputato con 3988 voti nelle file del Partito Comunista d’Italia.

È un successo elettorale da rimarcare trattandosi di uno sloveno, comunista, che aveva combattuto con gli austriaci, aveva partecipato alla Rivoluzione d’Ottobre ed era convintamente internazionalista tanto da proporre l’istituzione di uno stato unico tra sloveni e friulani!

Per inciso, i voti riportati dal PCd’I nella Venezia Giulia furono pari al 7,7% dei votanti dell’area: i dati più consistenti registrati da quel partito in tutte le 13 Circoscrizioni in cui era presente la lista che a livello nazionale registrò la percentuale di voti del 3,7%.

Srebrnič non interveniva in Parlamento e il problema della comunità slovena oppressa, di cui faceva parte, è menzionato, in questo periodo, una sola volta in una mozione presentata nel 1925 da Egidio Gennari, un altro deputato del PCd’I della Venezia Giulia, nella quale si evidenziava che i “comunisti di tutto il mondo sostengono con tutte le loro forze le minoranze nazionali… Per tutte reclamano il diritto di ogni azione a disporre liberamente di se stessa sino alla separazione”.

Dal 1926 al 1943 iniziò per Srebrnič un lungo calvario di carcerazione, confino coatto, controlli di polizia. Come per altri perseguitati dal regime fascista quest’esperienza gli consentì però di stringere rapporti con i maggiori rappresentati dell’antifascismo italiano (da Sandro Pertini, Amedeo Bordiga, Antonio Gramsci). L’impegno di Srebrnič non viene meno durante la repressione fascista, egli si dedica alla stesura di un’opera sulla storia degli sloveni che purtroppo pare essersi perduta dopo il sequestro operato dalla polizia fascista. Un’opera, secondo la polizia fascista, in cui egli sostiene “la forza di resistenza e la vitalità dell’individualità etnica e politica degli slavi in Europa nei confronti con l’autorità e la tendenza espansionistica imperialistica”.

Srebrnič al confino

Una simpatica testimonianza del confino sull’isola di Ponza ce la fornisce l’anarchico triestino Umberto Tommasini: “Il primo anno ci hanno fatto fare il bagno al chiaro di luna! Che bel posto! C’era come una grande muraglia a strapiombo sul mare e c’era una bella spiaggia, tutta sabbia. Il primo anno abbiamo fatto i bagni in quella bella spiaggetta, dopo hanno visto che era un posto troppo vulnerabile per le fughe perché il mare era aperto, anche se c’erano le barche che ci facevano la guardia. Allora ci hanno messo dentro al porto, in una spiaggetta, bella ma piccola. (…) Lì andavano tutti i benestanti del paese, era la spiaggia della borghesia. Era troppo piccola per noi che eravamo un mucchio di gente. Volevamo tornare dove il mare era aperto, c’erano certe onde che nuotavo come un pesce, andavo dentro un’onda e uscivo dall’altra parte. Io e il deputato di Gorizia, Srebrnic (sic! Srebrnič, ndr) andavamo fuori con qualunque tempo, ci schizzavamo, andavamo sotto le onde”. Si può immaginare anche la comicità, nonostante tutto, della situazione con i confinati che si divertivano nelle onde del mare tempestoso mentre le guardie fasciste, per sorvegliarli, dovevano stare sulle barche sballottate dalla forza del mare!

Comunque, aldilà dell’episodio narrato da Tommasini, va ricordato che il confino politico, che non fu un’invenzione del tutto nuova del regime fascista, ma un’istituzione lasciata in eredità dal precedente sistema politico-istituzionale, era un provvedimento estremamente repressivo e lesivo delle libertà personali. Fu riutilizzato, perfezionato, e rinominato, passando da domicilio coatto a confino di polizia, diventando nel regime mussoliniano un efficace strumento repressivo nei confronti del dissenso politico. Tuttavia, rispetto ai precedenti decreti d’emergenza, la dittatura fascista non prevenne bensì causò lo sgretolamento dello stato civile. La ragione di Stato non coincideva più con quella di uno Stato che garantiva la tutela dei diritti soggettivi controllando che gli organi di questo rispettassero la legge.

Con la caduta del fascismo, Srebrnič (ricordiamo che comunisti e anarchici furono gli ultimi ad essere liberati dalle carceri badogliane a ridosso della data dell’armistizio) riesce a ritornare nelle sue terre contribuendo a organizzare la resistenza armata, a mantenere i rapporti degli sloveni con i comunisti italiani e con la Resistenza italiana.

Due giorni dopo l’importante incontro di Kožbana, nel tentativo di attraversare il fiume Isonzo in piena, nonostante fosse un provetto nuotatore, annega assieme ad altri tre dirigenti del Partito comunista sloveno.

Jože Srebrnič è proclamato eroe nazionale, massima decorazione partigiana jugoslava.

Luciano Marcolini Provenza, Anpi di Cividale del Friuli