Ghetto di Roma, Portico d’Ottavia (wikipedia9

Era il 16 ottobre 1943 e a Roma la ferocia del nazifascismo fece tappa al Ghetto con il rastrellamento di 1.024 persone: ritornarono solo 15 uomini e una donna. Nemmeno uno dei 200 bambini. Non erano bastate le leggi razziali del 1938, che avevano allontanato gli ebrei da tutti i settori pubblici e privati cancellando la loro presenza dalla vita del Paese, né i 50 chili di oro raccolti nella capitale e richiesti da Herbert Kappler, capo della Gestapo a Roma, che avrebbero dovuto salvarli. No. Quelle persone ebbero venti minuti per raccogliere i propri effetti personali e salire sul camion che li avrebbe condotti su un treno direzione Auschwitz rendendoli protagonisti di una delle pagine più buie dell’umanità.

In questa barbarie ci furono donne e uomini che salvarono, aprendo le porte delle loro case, non solo ebrei, ma anche partigiani e perseguitati politici, rischiando la vita in nome dei più gratuiti dei doni toccati in sorte a un’umanità perché resti tale: fratellanza, solidarietà, senso civico.

La mattonella interattiva del progetto “Il Civico Giusto”

Proprio per non disperdere la loro memoria, nella capitale è nato il progetto Il civico giusto, con l’obiettivo “di segnare e riconoscere in maniera tangibile, quelle case che, grazie al coraggio degli abitanti, sono stati il sicuro rifugio di chi veniva braccato dai nazifascisti”, spiega sul sito del progetto Paolo Masini, presidente di Best Practice Award, il riconoscimento che premia ogni anno la Roma migliore.

Il civico giusto nasce da un’intuizione di Paolo Masini e Fabrizio Fantera, figlio di Bruno, “Giusto tra le Nazioni” e ricordato allo Yad Vashem di Gerusalemme. Spesso si tratta di storie affidate alla toponomastica, a lapidi e iscrizioni che restano mute, soprattutto alle nuove generazioni.

(comune.roma.it/)

La prima mattonella è stata apposta lo scorso anno, a marzo, all’ingresso di viale Giotto 24 dove Bruno Fantera e sua madre Esifile, nascosero e salvarono un’intera famiglia ebrea, i Moscati, ospitandola fino alla Liberazione.

È sufficiente avvicinare lo smartphone al QR code sulle targhe per ascoltare in tempo reale la storia che si è consumata tra quelle mura, fatta rivivere grazie all’impegno di studenti e studentesse della rete di scuole Memorie e attraverso la voce narrante di Elio Germano.

L’attore Elio Germano (Imagoeconomica)

L’attore ha spiegato così la sua partecipazione al progetto: “Questa iniziativa ci aiuta a ricordare che abbiamo tutti un grande potere di cambiare nel bene o nel male la vita degli altri. E volendo o non volendo, di fatto, lo facciamo ogni giorno. È così che, tutti insieme, scriviamo la Storia. Dovremmo esserne più consapevoli”.

Il progetto è realizzato in collaborazione con la rete di scuole “Memorie. Una città, mille storie”, coordinata da Maria Grazia Lancellotti, con l’Istituto Luce Cinecittà ed esperti e studiosi dell’Archivio centrale dello Stato, dell’Istituto per i beni sonori e audiovisivi, del Museo storico della Liberazione, dell’Università Roma Tre e del Circolo “Gianni Bosio”.

Le mattonelle interattive nascono dall’idea che le comunità ebraiche di tutto il mondo ricordano i “Giusti tra le Nazioni” attraverso la piantumazione di alberi sempreverdi. Opere artistiche realizzate dallo scultore e cesellatore Dante Mortet rappresentano un albero di carrubo, emblema della cultura ebraica, compreso nel perimetro stilizzato di una casa, omaggio a quanti accolsero i perseguitati.

La “Giusta” mattonella in via Sacci 12

La seconda targa è stata istallata a ottobre, in occasione della razzia del Ghetto, e si trova al civico di un villino nel quartiere Parioli dove i coniugi Soria scamparono alla deportazione, ospitati dalle famiglie Laj e Giordano: “Passammo così in via Siacci 16. La casa rispondeva alle nostre esigenze di cautela, trattandosi di una villetta senza la mala bestia del portiere che il fascismo aveva eretto ad agente di polizia obbligato a riferire giornalmente i movimenti d’entrata e di uscita degli inquilini, facendone altresì annotare in apposito registro da presentarsi periodicamente al visto dei Commissariati”.

la chiesa del Santissimo Redentore nel quartiere di Val Melaina

Nella settimana del Giorno della Memoria un nuovo civico giusto è ora la parrocchia del Ss Redentore. In un quartiere un tempo della periferia capitolina, Val Melaina, la targa ricorda don Adolfo Petriconi e don Parisio Curzi, parroco e viceparroco, che negli anni 40 nascosero alcuni perseguitati politici, ma scoperti furono imprigionati a Regina Coeli e solo con l’intervento del Vaticano evitarono la condanna a morte. Tra le persone salvate dai due sacerdoti anche un giovane Emilio Colombo che molti anni dopo, dal 1977 al 1979, diverrà presidente del Parlamento europeo.

Il prossimo appuntamento è nel Giorno della Memoria in via Olona 7, nello storico quartiere Coppedè, dove il coraggio di Amalia e Serafino Trella salvò l’infanzia dei piccoli Supino, i tre bambini dei loro vicini di casa, prendendosi cura di loro insieme ai loro stessi figli. “Per la ricorrenza — dichiara l’ideatore e coordinatore del progetto, Paolo Masini — abbiamo voluto raccontare una storia di speranza. Perché è grazie al coraggio e alla solidarietà di tanti romani, ci fu chi riuscì a salvarsi dalla deportazione”.

Nell’intenzione degli ideatori del progetto l’obiettivo è quello di andare oltre i confini della capitale e costellare tutte le città di Civici Giusti, onorando i sentimenti e i principi che mossero quei “cittadini eroici”. L’operazione parte anche dal presupposto che non è possibile demandare la trasmissione della memoria unicamente a una narrazione immateriale: c’è bisogno di valorizzare luoghi e itinerari, spesso integrati con i tragitti e gli impegni quotidiani di ciascuno, ma altrettanto spesso “silenti”.

Un’operazione pensata per permettere ai Giusti, riconosciuti ufficialmente o meno, di tornare idealmente nei loro quartieri, nei loro palazzi, e continuare a raccontare la loro storia di solidarietà alle generazioni che verranno.

Mariangela Di Marco