La sede del Comune di Terracina, provincia di Latina (https://comune.terracina.lt.it/)

Era il novembre 2018 quando a Terracina, cittadina affacciata sul mare nel pontino, provincia di Latina, il Consiglio comunale approvò un regolamento di polizia urbana che suscitò fin da subito alcune perplessità. Nello specifico, su due commi di altrettanti articoli: il divieto di chiedere l’elemosina, “pratica di accattonaggio posta in essere con l’insistenza della richiesta di denaro”, e la proibizione di indossare “burqa, niqab o qualsiasi altro manufatto” che in un luogo pubblico potesse rendere “difficoltoso il riconoscimento di una persona”. In seguito alle polemiche, si promise di rivedere le norme controverse. Oggi l’Anpi di Terracina è tornata a chiedere la modifica del regolamento di polizia urbana e ha scritto alla sindaca Roberta Tintari, all’assessore competente e al comandante del corpo di polizia municipale.

2018: iscritti e dirigenti della sezione Anpi di Terracina “25 aprile” con la presidente del Comitato provinciale Anpi di Latina, Ada Filosa (al centro degli scatti)

L’associazione, presidio democratico nel territorio, ha sempre voluto offrire l’apporto di cittadine e cittadini alla vita pubblica, perché crede fortemente nella partecipazione attiva. E sa pure che nelle normative la discriminazione può essere in agguato nei particolari, e dunque le leggiamo molto attentamente. Siamo abituati a interrogarci e riflettere. Ecco perché ci siamo chiesti cosa vuol dire “insistenza” e se un agente di polizia ha l’autorità e la possibilità di misurarla senza disporre di alcun parametro di riferimento.

Il timore è che quell’articolo del regolamento si possa trasformare in un enorme strumento di criminalizzazione di soggetti deboli, semplicemente perché poveri o immigrati. Il contrario di quanto stabilisce la nostra Costituzione.

(Imagoeconomica)

La donazione di denaro è un gesto di solidarietà che allevia le sofferenze dei più fragili, include e non emargina, crea rapporti umani, certo temporanei, capaci tuttavia di salvare dalla solitudine. Una piccola elargizione può fare la differenza, soprattutto nel momento attuale, in cui la pandemia ha travolto attività economiche, aumentato la disoccupazione, messo in ginocchio tante famiglie nel nostro Paese e nella comunità di Terracina, sommandosi alla preoccupazione sanitaria e spesso a lutti per il covid.

Ricordiamo inoltre che tante e tanti di noi hanno genitori in età avanzata che non riescono ad assistere o sostenere come vorrebbero e spesso non possono accompagnarli nelle attività quotidiane, fare la spesa per esempio. Sono proprio quei cosiddetti ultimi ad aiutare i nostri anziani, caricandosi delle pesanti buste all’uscita di un supermercato. In cambio di pochi spiccioli, danno sostegno concreto, fanno sentire indipendenti, vivi i nostri cari.

Al contempo, la richiesta di denaro, di elemosina senza molestia, può ben essere intesa come una domanda di solidarietà. Un comportamento quindi lecito, non invasivo, che non intacca né l’ordine pubblico né la pubblica tranquillità.

(Imagoeconomica)

Nel 1995, si pronunciò sul tema la Corte Costituzionale con la nota sentenza n. 519, giudicando non conforme alla nostra Carta l’articolo 670 c.p. co.1, il reato di mendicio, aprendo la strada alla successiva e completa abrogazione nel 1999.

Aggiungiamo: una società fondata sul mutuo aiuto non permetterebbe a tutti noi di sperare e anche operare per un futuro migliore?

L’Anpi Terracina chiede anche la modifica di un secondo articolo. La Costituzione italiana è chiara: nessuno può subire discriminazioni a causa della religione, delle idee, del sesso, della condizione economica. Ecco perché ci sembra sorprendente, per la gerarchia delle leggi, che sia un regolamento di polizia urbana a scrivere “è vietato l’utilizzo di mezzi quali burqa e niqab”.

In Svizzera, domenica scorsa, con un referendum è stata approvata una proposta di legge che vieta la copertura totale del viso in pubblico. La norma si guarda bene dal riferirsi esplicitamente ai copricapi indossati dalle donne musulmane, sono stati i media locali a definirla la legge sul “divieto del burqa”. Criticata perché giudicata razzista e islamofoba è stata accolta, seppur con un risicato 51,2% in 20 cantoni su 26. Sappiamo che in Francia, Belgio, Danimarca, Austria e Bulgaria, esistono già regole simili e che c’è un dibattito mondiale sull’argomento da quando l’Onu (non una sezione dei partigiani di una qualunque piccola città italiana) ha considerato quel divieto una violazione dei diritti fondamentali dell’umanità. E l’Italia con la sua Costituzione anticipò la Dichiarazione universale dei diritti umani.

Manifestazione in occasione del 2 giugno (Instagram @anpiterracina)

All’Anpi di Terracina ci siamo chiesti se quel divieto serve a tutelare le donne di religione musulmana dall’oppressione degli uomini. Secondo Amnesty International, i meccanismi di discriminazione e di oppressione sono molto complessi e una semplice proibizione non libererebbe affatto le donne musulmane, sia perché tra loro c’è chi sceglie consapevolmente e in piena autonomia di indossare quei capi di abbigliamento, sia perché chi invece è costretta a portarli non potrebbe più uscire di casa, ritrovandosi in una condizione di segregazione.

Serve forse a dare più sicurezza alla città? Nel nostro Paese le donne che indossano il velo integrale o abiti (non “mezzi”) che coprono interamene il loro corpo sono pochissime; a Terracina ce n’è un numero sufficiente per creare un allarme tale da giustificare quell’articolo del regolamento di polizia urbana? Dunque è logico chiedersi quale sia l’obiettivo di una norma tanto invasiva.

È ancora l’Onu a offrire una risposta: gli Stati membri delle Nazioni unite possono esigere che le persone mostrino il proprio viso in determinate circostanze per i controlli di identità.

(Imagoeconomica)

Però, di nuovo, è la pandemia ad aver condizionato molte scelte, insegnandoci che il volto coperto può diventare perfino un’esigenza sanitaria, senza aumentare il senso di insicurezza della comunità, anzi: più siamo coperti più proteggiamo gli altri.

Sconcerta infine come questa norma sembri il frutto di un copia e incolla di regolamenti di territori differenti, e sia mancata una reale riflessione pubblica, o almeno istituzionale.

Compito dell’Anpi è vigilare affinché siano rispettati i principi fondamentali della convivenza civile e il rispetto del dettato costituzionale e, se in contesti emergenziali come quello che viviamo, i più deboli vengono discriminati è nostro dovere cercare di difenderli.