Qual è il suo giudizio sul secolo che si sta chiudendo?

Se penso al nostro Paese, il giudizio che do è sicuramente positivo. L’Italia, solo in questo secolo, ha visto assicurata la partecipazione attraverso l’assunzione di responsabilità di tutti i cittadini. Noi eravamo stati abituati ad una concezione dello Stato dove il dovere dell’individuo, come diceva Mussolini, era “credere, obbedire, combattere”; gran parte del popolo italiano, invece, ha lottato unito per rovesciare questo slogan: non credere ma ragionare, non obbedire ma scegliere, non combattere ma impegnarsi per affermare la pace! E così abbiamo cominciato, insieme, a ricostruire la democrazia. Ecco, la partecipazione e la grande conquista di questo secolo in Italia.

La copertina del numero di Patria Indipendente sul quale è comparso l'articolo che riproponiamo
La copertina del numero di Patria Indipendente sul quale è comparso l’articolo che riproponiamo

Soffermiamoci su episodi e fenomeni che hanno maggiormente caratterizzato il XX secolo in Italia. Partiamo dalla Resistenza. Questa è, da un po’ di tempo a questa parte, oggetto di severe critiche e revisioni diciamo, senza scrupoli, da parte di storici e giornalisti. I partigiani sarebbero stati, spesso, irresponsabili, violenti, sanguinari: vorrei conoscere la sua opinione riguardo a questa interpretazione.

Invito chi solleva queste critiche ad andare in mezzo alla gente che ha vissuto quest’esperienza. Io ieri sera ero a Cerreto Guidi dove sono state uccise 176 persone, per lo più bambini che non c’entravano niente con la guerra e che sono stati trucidati, quindi, senza un motivo se non quello di volere, con questi atti terroristici, impaurire la gente, impedirle di partecipare ad una guerra, quella di Liberazione, che ridava a ciascuno di loro il potere di decidere. Credo che una lettura di ciò che è stata la Resistenza debba partire da questo presupposto: un popolo, quando è ridotto in schiavitù, e ricordiamoci che i fascisti e i nazisti erano diventati gli arbitri della vita e della morte, ha il dovere di lottare per riottenere la libertà e la democrazia. La Resistenza, poi, ha permesso al nostro Paese di riacquistare dignità e credibilità nei confronti dell’Europa: non dimentichiamoci che De Gasperi, quando andò a Parigi, poté difendere il nostro Paese perché, cito le sue parole, “non tutti erano fascisti … “.

Una staffetta partigiana
Una staffetta partigiana

Lei è stata partigiana: come ha vissuto questa esperienza?

Con grande passione ed entusiasmo. Io ho preso le armi per la prima volta a 16 anni. Abbiamo lottato per ribaltare, come dicevo prima, la cultura del credere, obbedire, combattere, e la concezione dello Stato che dà eticità alle leggi: si sottostà alle leggi sempre e comunque anche se ledono i diritti dell’individuo. Ebbene, con la nostra battaglia, abbiamo gridato no a tutto questo! E comunque, cresciuti con quella concezione dello Stato, non è stato facile arrivare alla soluzione opposta; in questo ringrazio ancor oggi tutte quelle persone che con i loro insegnamenti e la loro passione civile hanno messo noi giovani sulla “strada giusta”. E vorrei ricordare anche il grande impegno di tutte le donne che hanno partecipato alla guerra di Liberazione: in 35.000 abbiamo dato il nostro contributo alla riconquista della libertà.

II 900, in Italia, è stato anche il secolo dei misteri e delle stragi: quanto è stato fatto di serio e concreto per portare luce su questi fatti e quanto ancora si deve fare?

Io credo che fin quando non conosciamo la verità abbiamo il dovere di cercarla. Ritengo, poi, che la liberalizzazione di molti documenti su cui oggi c’è il segreto di Stato ci permetterebbe di verificare fino in fondo se ci sono capitoli che possono essere chiusi e capitoli che devono restare aperti. Naturalmente il mio augurio è che, come richiede la democrazia, un sistema di trasparenza, che deve essere garantita dalle istituzioni, ci aiuti a capire che cosa è avvenuto nel nostro Paese a partire dall’uccisione di Moro che certamente, da un punto di vista politico, è stato il punto più alto di pericolosità e incidenza nella vita politica italiana.

L'onorevole Tina Anselmi, oratrice ad una manifestazione partigiana a Carpanè di San Nazario
L’onorevole Tina Anselmi, oratrice ad una manifestazione partigiana a Carpanè di San Nazario

Dopo la seconda guerra mondiale si diceva che non sarebbero state più permesse violazioni dei diritti umani, torture e aberrazioni simili. Immediatamente dopo la conclusione del conflitto serbo-bosniaco e di quello in Kosovo è stato accertato che in quei Paesi sono stati messi in atto stupri di massa e torture inimmaginabili. Dobbiamo allora arrivare a pensare che la storia non insegna e non serve proprio a nulla? La civiltà si è arresa di fronte alla drammatica realtà dell’homo homini lupus?

No, non ho questo fatalismo o, meglio, pessimismo. Per dare un freno a questi tragici avvenimenti occorre un grosso sostegno culturale. Questo deve partire sin dalla scuola materna dove se i nostri figli vanno devono essere amici del bambino nero, asiatico… Devono essere educati alla convivenza con tutti, al rispetto di ognuno! Questo è qualcosa che non si dà con le leggi. In questo senso tutti noi possiamo contribuire al cambiamento: quando assolviamo il nostro compito di genitori, quando insegniamo, quando ci rapportiamo con le persone … E quindi possiamo fare un’autocritica sapendo che la responsabilità di certi luoghi comuni, di certe valutazioni e chiusure è anche nostra.

Le sinistre di governo europea ed americana si sono incontrate recentemente a Firenze, per discutere di terza via e socialdemocrazia. Qual è tra le due secondo lei, la strada da percorrere per risolvere il problema, da molti definito il male del secolo, che sta affliggendo l’Europa, cioè la disoccupazione?

Guardi, io credo che le classi politiche debbano fare dei seri conti con un mondo che è cambiato. I problemi non si pongono più come appena dieci anni fa e allora dobbiamo diventare capaci di leggere oggi questo tempo con i suoi problemi e insieme agli uomini di cultura, gli economisti, offrire risposte che vadano nella direzione di un godimento più pieno possibile per ogni uomo dei suoi diritti, altrimenti possiamo mettere tutte le etichette che vogliamo, i problemi restano lì. Ripeto, oggi dobbiamo avere il coraggio di non ragionare più con le etichette del passato, ma di guardare al futuro e qui chi ha più lana da tessere…

Quali gravi problemi porta con sé la fine di questo secolo lasciando agli uomini del nuovo millennio l’ingrato compito di risolverli?

Sicuramente il razzismo, l’intolleranza, e un pericoloso antisemitismo di ritorno. Noi stiamo sull’orlo di un baratro: questi fenomeni esprimono una preoccupante deformazione culturale e religiosa che va affrontata e sanata il prima possibile se non vogliamo continuare ad assistere impotenti ai massacri continui di gente innocente.

Intervista pubblicata sul n° 11 del 19 dicembre 1999 di PATRIA Indipendente