Viviamo con le guerre e i massacri alle nostre porte, senza uno scudo della politica, della diplomazia, dell’umanità.
Vi sono luoghi nel mondo dove popoli interi resistono per vivere in libertà, con la democrazia, in pace. E neppure lo sappiamo.
Aspettano la nostra solidarietà. Noi possiamo metterci in cammino, al loro fianco. Non solo con il web, ma stringendo mani, guardandosi negli occhi.
Siamo potenti, se lo vogliamo.

Uno di questo luoghi è il Myanmar, tra la Cina e l’India, due volte e mezzo l’Italia, più di cinquantacinque milioni di abitanti.
Vive sotto l’oppressione dell’ennesimo colpo di stato militare. Milioni di persone sono stremate e abbandonate, migliaia incarcerate, uccise, stuprate, bombardate, almeno tre milioni sfollate nella foresta e sui confini. Molti sono i bambini.
Una lunga storia di amicizia mi unisce al popolo birmano e alla sua leader Aung San Suu Kyi, incarcerata a Naypyidaw, isolata dal mondo.
Sono andata a metà di giugno, sui confini tra Thailandia e Myanmar, nelle città di Chiang Mai e Mae Sot, e poi a Bangkok. Non mi è consentito entrare in Myanmar.
Una missione di solidarietà politica e umana, di sostegno alla “rivoluzione di primavera”, di diplomazia civile.
È possibile. Si possono aprire strade di cooperazione con la società civile mentre infuriano i conflitti.
Si può tessere la tela del dialogo di una comunità internazionale vigile e attiva.
Anche questo costruisce la pace.
Con me Andrea Castronovo e Massimo Vigliotti, dell’Associazione per l’amicizia Italia Birmania Giuseppe Malpeli; Maria Augusta Nicoli vicepresidente di Rede Unida, associazione brasiliana di Municipalità, Università, servizi socio-sanitari che collabora da anni con la Regione Emilia Romagna e il Myanmar democratico; tre docenti dell’Università di Parma, Simone Baglioni Prorettore, Andrea Cilloni delegato per l’Asia, Michele Maccari del Distretto di Food.
Abbiamo incontrato molti, organizzato progetti per l’agricoltura, la riabilitazione, la scuola. L’Università di Chiang Mai, la seconda città della Thailandia, aiuta gli studenti birmani in esilio, guarda all’intera regione del Mekong, sviluppa progetti ecosostenibili. Si sono scambiate idee, aperte vie di collaborazione. L’Asia cerca l’Unione Europa, specialmente dopo l’abbandono degli USA. Con Trump sono spariti tutti i fondi di USAID, l’organizzazione americana di aiuto ai Paesi in via di sviluppo.

Un anno dopo il mio primo viaggio, ho incontrato una situazione più solida e matura. La resistenza vincerà, anche se tuttora il regime comanda e la situazione del mondo tiene il Myanmar ai margini. La resistenza, con il NUG, il PDF, i gruppi etnici, la società civile, controlla il 70% del territorio. Sul terreno la resistenza vince, il regime è forte solo per l’aviazione, alimentata da Russia e Bielorussia, con le ultime tecnologie sperimentate in Ucraina.
Una volta allontanati i presidi dei militari, la resistenza organizza subito l’amministrazione civile, scuole per i ragazzi, servizi sanitari per la popolazione. Anche costruendo bunker per la difesa dalle bombe.
Il popolo chiede il sostegno della comunità internazionale, economico, di competenze, di condivisione. Migliaia di persone, di rifugiati, di giovani, vivono sul confine senza documenti, senza sicurezza, senza futuro.
Abbiamo incontrato gli studenti che organizzano corsi universitari online con la Spring University, le Università di Parma e del Rio Grande du Nord del Brasile lavorano con loro.
Abbiamo incontrato le donne, il Network delle parlamentari, fanno corsi di formazione, dal cucito al federalismo.
Sviluppo e democrazia vanno insieme, partono dal popolo.
Abbiamo proposto una collaborazione con le donne delle cooperative italiane.
Abbiamo incontrato donne e uomini giovani, a capo dei battaglioni del People Defence Force, il Governo dei Karenni, gli artisti che lavorano con l’arteterapia per combattere depressione e sofferenze mentali.
Cresce il processo di unità politica interna dei molti differenti attori, uniti nel costruire una Repubblica Federale.
Abbiamo incontrato l’Ambasciata dell’UE a Bangkok, un osservatorio molto attento, e responsabili di ASEAN, l’attore politico più vicino al Myanmar insieme con la Cina. Uno di loro era rohingya.
Sono determinati a non riconoscere legittimità alla proposta farsa della giunta di prossime elezioni politiche.

Ho incontrato Chonthicha Lookkate Jangrew, giovane parlamentare del People’s Party che ha vinto le elezioni in Thailandia ma non è al governo. Se dovessero sciogliere il Parlamento lei entrerebbe in carcere, per accuse di lesa maestà. Là c’è il re, lei si occupa di diritti umani.
La democrazia in Asia è giovane, il continente è giovane, ed è donna. Ha le sue testimoni, come Aung San Suu Kyi, come la giornalista Maria Ressa nelle Filippine.
La comunità internazionale, i Parlamenti, la società civile possono agire. Non lasciamo, senza resistenza, che gli autarchi schiaccino i popoli.

Si uniscano le energie migliori, quelle che credono nella libertà e nella democrazia. Sul piano globale tutto si muove, con l’economia, la politica, le armi. Lavoriamo per una presenza forte dell’Unione Europa, sollecitiamola con le reti globali che oggi attraversano i continenti, le università, le associazioni. Puntiamo sulle donne e i giovani, sono in testa ai cambiamenti.

Lavoriamo con i BRICS, con chi altri potrebbe lavorare l’Europa?
A fine agosto, a Porto Alegre, un grande convegno internazionale del Brasile di Lula affronterà le grandi sfide globali, presente una delegazione del Myanmar democratico e dell’Italia.
Sul confine dove si vive e si soffre la sfida di oggi tra democrazia e dittatura, ho incontrato la speranza del futuro.
Anche lì può arrivare l’ANPI, incontrando le resistenze di oggi.
Il mappamondo di Casa Cervi indica l’orizzonte.
Albertina Soliani, presidente Istituto Alcine Cervi, vicepresidente nazionale Anpi
Pubblicato martedì 8 Luglio 2025
Stampato il 10/07/2025 da Patria indipendente alla url https://www.patriaindipendente.it/servizi/con-i-popoli-che-resistono/