
Un tema che, senza far paragoni tra epoche storiche diverse, come ha sostenuto il presidente nazionale dell’associazione dei partigiani Gianfranco Pagliarulo “nasconde una lezione che forse ci può servire ancora oggi per capire come una democrazia liberale può scivolare verso un regime autoritario”.
L’iniziativa ha visto la partecipazione di Serena Colonna, segretaria generale Anppia in rappresentanza del Forum delle associazioni antifasciste e della Resistenza; della storica Giulia Albanese, docente all’Università degli Studi di Padova; di Massimo Villone, docente emerito di diritto costituzionale all’università Federico II di Napoli; e di Agostino Giovagnoli, docente di storia contemporanea all’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano.
L’introduzione del presidente Pagliarulo ha ripercorso le “date topiche della resistibile ascesa di Mussolini” che, con la marcia su Roma, hanno portato al passaggio di testimone tra lo Stato liberale e il fascismo: un percorso iniziato un paio di anni prima con lo squadrismo, poi con la trasformazione del fascismo da movimento a partito nel 1921.

All’indomani della Prima guerra mondiale, nel nostro Paese, ciò che fa vacillare l’impalcatura dello Stato liberale è una molteplicità di cause.
Nella penisola serpeggia il mito della “vittoria mutilata”, i governi sono deboli, le burocrazie e i grandi organi dello Stato simpatizzano con il fascismo, che ottiene anche il sostegno di una parte rilevante del mondo imprenditoriale e dei proprietari terrieri.

Le forme di democrazia precedenti alla Grande guerra sono sostanzialmente sospese fin dall’entrata nel conflitto dell’Italia, con l’accentramento dei poteri in mano ai militari e lo svuotamento dei poteri del Parlamento. E nel dopoguerra, mentre si avvia il biennio rosso, la violenza degli squadristi si fa sempre più frequente e viene sempre più legittimata.
Malgrado la forza elettorale di socialisti e cattolici, le tensioni tra queste due forze politiche, la confusione nella vita del Paese e nel Parlamento, la sottovalutazione del pericolo fascista, portano allo sfascio la democrazia liberale. Nonostante non mancassero analisi in grado di cogliere la gravità del precipitare politico e istituzionale, la stragrande maggioranza dei liberali del tempo addirittura sostiene la svolta politica in favore dei fascisti.

Tornando al tema dell’incontro, la crisi dello Stato liberale, Colonna ha poi evidenziato come un processo graduale, ma molto veloce, porta nel giro di pochissimi anni all’instaurazione di un regime, proprio perché tale crisi fa sì che le istituzioni non siano in grado di rispondere ai problemi creati dal dopoguerra e alle istanze poste dalle forze popolari.
Un ruolo importante è giocato dalla monarchia che, anziché assumersi le proprie responsabilità firmando lo stato d’assedio e fermando così gli squadristi in marcia, incarica Mussolini di formare il governo.

Le violenze squadriste degli anni Venti, l’uccisione di don Minzoni e Matteotti, l’emanazione delle leggi che aboliscono libertà di stampa, riunione, associazione, l’istituzione del Tribunale speciale, le leggi razziali, i crimini compiuti in Africa e in Iugoslavia, fino alle drammatiche vicende avvenute tra ’43 e ’45 non avvengono affatto a caso, sono le tappe di un percorso che inizia nel 1922.
E se le associazioni della memoria ricordano questi eventi “non è per amore del passato ma come impegno per il futuro, perché ricordare quei fatti e ricordare la matrice antifascista della nostra Costituzione e della nostra Repubblica significa preservare la radice dello Stato italiano e dell’Europa unita”.

A seguire, ha preso la parola via streaming il professore Massimo Villone, ponendo l’attenzione sulla Grande guerra come fattore determinante alla creazione di una coscienza di classe dei ceti impiegatizi e popolari, che va a coincidere con la nascita dei partiti di massa e non collima affatto con l’“architettura liberale”.
Quest’ultima rappresenta, infatti, una corrente formata da una classe sostanzialmente oligarchica e non pronta al cambiamento. Da qui l’incapacità della classe liberale a riconoscere il pericolo fascista e la responsabilità concreta del sovrano, che permettono a Mussolini di diventare il “domus del sistema istituzionale”.
Tutto ciò è possibile perché lo Statuto Albertino è una costituzione flessibile, e come tale passibile di modifiche. Ma questo non ci deve tranquillizzare, ha avvertito il costituzionalista, ricordando che la costituzione spagnola del 1931, “rigida” come la nostra Costituzione attuale, viene travolta dal regime franchista.
Tutto questo, per Giovagnoli, ha avuto una funzione, vale a dire “fare il deserto e cioè sopprimere il pluralismo” alla base di ogni ossatura democratica; lo stesso pluralismo che, con la svolta di Salerno nel 1944, fa sì che partiti diversi si riconoscano nella difesa delle loro differenze.
Il presidente nazionale Anpi, Gianfranco Pagliarulo, nell’affermare che, il paragone col passato è spesso fuorviante perché può non far cogliere le novità del presente, ha voluto evidenziare un elemento: “la storia ha una sua particolarissima natura per cui si ripete e non si ripete allo stesso tempo.
Nel nostro Paese siamo in una situazione politica nuova in cui sono al governo forze politiche a trazione sovranista di estrema destra, con un partito che ha vinto legittimamente le elezioni e correttamente viene definito dalla stampa internazionale come post fascista. Nel prefisso post c’è un interrogativo non sciolto in merito alla sua natura attuale”.

È in corso la più grande crisi economica e sociale dall’ultimo dopoguerra, le forze dell’opposizione in Italia, oltre a essere in minoranza, sono separate da pesanti tensioni. La latitanza della rappresentanza politica dei ceti popolari è fonte di una lontananza sempre maggiore tra classi dirigenti e Paese reale.
In questo quadro, l’invito è rimanere vigili, perché sotto alcuni aspetti la natura di questo governo desta preoccupazione. La preoccupazione, però, come messo in luce da Pagliarulo, può diventare allarme a seguito di certi fatti o dichiarazioni, alcuni già avvenuti.

Il riferimento sono, per esempio, la recente lettera del ministro Valditara agli studenti per il Giorno della Libertà; il decreto anti-rave, varato come primo provvedimento dal governo; le parole di Piantedosi, ministro dell’Interno, sui profughi non sbarcati dalla nave Ong Humanity: li ha definiti “carico residuale”.
Maria Beatrice Tripputi e Guido Rosolia
Pubblicato lunedì 28 Novembre 2022
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