Amed, Turchia. Prima ha assistito a una conferenza stampa, poi ha incotrato alcuni perseguitati e le madri e i familiari di quanti del Popolo Curdo vivono la feroce repressione nella Turchia di Recep Tayyip Erdoğan. L’Anpi è nel Paese della mezzaluna, rappresentata da Fabrizio De Sanctis, componente della segreteria nazionale dell’associazione dei partigiani, in un viaggio che toccherà anche la capitale Istanbul per parlare con associazioni, ong, personalità politiche, per portare solidarietà e dar voce ai diritti umani calpestati.
Oggi, rivolgendosi ai media, i familiari del leader del PKK Abdullah Öcalan, di altri 3 detenuti nell’isola prigione di Imrali nel sud del Mar di Marmara, l’avvocato di Öcalan e un rappresentante dell’HDP, il Partito Democratico dei Popoli, altra formazione politica presa di mira da accusato dal “Sultano”, hanno denunciato trattamenti brutali, carceri quasi come tombe.
Da oltre 24 anni, più di 8.760 giorni, Öcalan sopravvive in condizioni di totale isolamento, divenuto una sorta di ostaggio per ammonire il martoriato popolo curdo. Dal 3 marzo 2020, con la sola eccezione di una breve conversazione telefonica con il fratello nel 2021, non ci sono notizie sul suo stato di salute, perché è vietato ogni contatto sia alla famiglia sia agli avvocati. Un provvedimento dettato dai più assurdi motivi disciplinari. E da 24 mesi non si sa nulla di Ömer Hayri Konar, Veysi Aktaş e Hamili Yıldırım, detenuti nella stessa prigione di Öcalan. E il peggio non è destinato a finire: sono ben 4 milioni i processi penali pendenti contro altrettanti militanti HDP.
A nome dei partigiani italiani, Fabrizio De Sanctis si è poi stretto alle “madri, figlie spose per la pace” che da più di dodici mesi, ogni giorno, tutti i giorni con sit. L’offensiva governativa turca contro il Popolo Curdo, raccontano, prende la forma di intere città sotto assedio, villaggi bruciati, l’uso di armi chimiche contro ogni regola internazionale, lo sfollamento di centinaia di migliaia di persone e centinaia di vittime civili, e arresti. La strategia dell’annientamento, spiegano all’Anpi le associazioni di legali e di solidarietà per le famiglie dei detenuti, MED TUHAD-FED, prevede che i prigionieri siano portati lontano dal Kurdistan. Per una detenzione che può durare anche 30 anni.
Chi si ammala è spacciato, perché neppure se grave viene curato o trasferito in ospedale. È appena guardato in bocca, come si fa con i cavalli. E come in una delle pagine più buie della storia, quella memoria della Shoah che in questi giorni si celebra in Italia, si teme addirittura che i prigionieri possano essere sottoposti a cure sperimentali. Così hanno testimoniato proprio ai partigiani italiani due attivisti da poco rilasciati, spiegando che a nulla sono valsi gli scioperi della fame, che chi è dentro continua a portare avanti. Sarebbero almeno 10mila, secondo le associazioni, i prigionieri politici curdi, di cui 1.600 malati e 300 sono gravi.
Ma non si piega il fiero Popolo Curdo, i due militanti raccontano col sorriso le torture subite. Come i grandi rivoluzionari che 40 anni fa venivano in Italia a raccontare il Sudafrica.
Pubblicato mercoledì 25 Gennaio 2023
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