
Poco meno di un mese fa sul Lungotevere Arnaldo da Brescia, ai piedi del monumento che ricorda Giacomo Matteotti, è stata vandalizzata una delle lapidi posate nel corso degli anni in quel luogo carico di memoria e altamente significativo. “Uccidete pure me. Ma l’idea che è in me non l’ucciderete mai”, riporta proprio quella lapide, una frase che Matteotti aveva urlato in faccia alle camicie nere qualche mese prima di essere barbaramente ucciso.

Una frase che descrive tutta la forza del deputato socialista e che contiene la sua eredità antifascista. Una frase che evidentemente ancora fa paura e anima la violenza di chi agisce nottetempo.

L’eredità di Matteotti è passata dall’antifascismo e dalla Resistenza, pensate alle brigate partigiane socialiste che scelsero per connotarsi il suo nome, e attraverso l’Assemblea costituente nella nostra Carta costituzionale come base dei valori più forti della nostra democrazia. La toponomastica richiama ovunque nel nostro Paese la figura di Matteotti.

Però se l’antifascismo di Matteotti e il suo martirio sono ben noti a chi non è più giovanissimo ed è a conoscenza della storia del nostro Paese, possiamo dire lo stesso per chi è più giovane?

È per questo che a Colleferro, cittadina alle porte di Roma, nell’anno del centenario del suo barbaro omicidio di matrice fascista — era il 10 giugno 1924, lo stesso Mussolini ne rivendicherà la responsabilità politica nel tristemente celebre discorso del 3 gennaio 1925 — all’interno del grande contenitore “Matteotti chi? Un filo rosso lungo 100 anni” si è voluto dare centralità e protagonismo alle studentesse e agli studenti.

Lo si è fatto attraverso un progetto che ha coinvolto i tre istituti scolastici statali del territorio: l’ITIS Cannizzaro, il Liceo Marconi, e l’IIS Via Gramsci Valmontone, che ha un plesso anche a Colleferro. Il percorso è durato l’intero anno scolastico e ha coinvolto 40 ragazze e ragazzi che sotto la guida dello street artist Stefano Bove, in arte Zhew, hanno progettato prima e realizzato poi un murale complesso e articolato.

Prima delle fasi di progettazione le studentesse e gli studenti hanno avuto modo però di approfondire la figura di Giacomo Matteotti, incontrando studiosi ed esperti, tra questi ci piace ricordare in particolare il compianto Valerio Strinati; Elena Matteotti, nipote di Giacomo Matteotti e di Velia Titta; e la direttrice della Casa Museo Giacomo Matteotti di Fratta Polesine, Maria Lodovica Mutterle, alla quale abbiamo anche chiesto, così come a Stefano Bove, di parlarci della realizzazione del murale.

Nel mese di ottobre, infatti, prima che partisse il vero e proprio progetto didattico, l’Aula consiliare del Comune di Colleferro, e altri luoghi della città, hanno ospitato una mostra, incontri, presentazione di libri, spettacoli teatrali, che hanno coinvolto oltre alle scuole l’intera comunità cittadina.

Un anno intero insomma dedicato alla conoscenza e all’approfondimento della figura di Giacomo Matteotti. Un progetto complesso e articolato, nato da un’idea dell’instancabile e appassionata Rossella Menichelli, che è stato possibile grazie a una straordinaria sinergia, tra il Comune, le scuole e le associazioni del territorio. Il sindaco Pierluigi Sanna e l’assessora all’istruzione, Diana Stanzani, hanno fortemente creduto in questo percorso così come i dirigenti scolastici dei tre istituti coinvolti, Daniela Michelangelo, Maria Benedetti, Antonio Sapone, e le tante e tanti insegnanti che hanno seguito e supportato le studentesse e gli studenti, superando ostacoli apparentemente insormontabili, ognuno per la propria parte.

Anche trovare i muri adatti non è stato semplice, così come coinvolgere le ragazze e i ragazzi fuori dell’orario scolastico. Ma poi, come spesso succede quando si tratta di scuola, la caparbietà e la passione si sono fuse ed è iniziata la magia.

Così pochi giorni fa, passando davanti la costruzione che ospita le diverse facciate del murale mi sono detta che questa piccola magia che ha regalato un’opera artistica pregevole alla città andava raccontata. Magari, come sto facendo, a ridosso di una data importante, come quella del ritrovamento del martoriato corpo di Matteotti che avvenne il 16 agosto 1924, nella campagna romana, precisamente in località Quartarella, nel Comune di Riano.

Personalmente, come ogni tanto mi capita, ho vissuto questa esperienza, intensa e fortemente costruttiva, giocando un po’ due parti in commedia e cioè come presidente della locale sezione Anpi e come insegnante di una delle tre scuole. Vedere le ragazze e i ragazzi coinvolti nella realizzazione di un’opera così complessa, anche perché partecipata e relazionale, è stato molto bello.

Un modo diverso e coinvolgente per conoscere la storia. Un approccio che ha comportato approfondire la figura di Matteotti anche negli aspetti più intimi e familiari. Le lettere tra Matteotti e l’amata moglie Velia Titta, sono state infatti uno dei fili conduttori che hanno permesso di cogliere tutta la complessità, la bellezza, il dolore della vita del deputato socialista.

Sarà Stefano Bove a spiegarci come sono andate le cose nei mesi di progettazione e nella realizzazione dell’opera, lo scorso 5 giugno, negli ultimi giorni del centenario Matteotti, abbiamo inaugurato il murale. È stata una mattinata bellissima in cui il protagonismo costruttivo delle ragazze e dei ragazzi ha trovato il giusto spazio, accompagnati dalla musica degli Irish Spinners hanno infatti donato simbolicamente il loro prodotto artistico alla cittadinanza.

E così ora a Colleferro Scalo, a pochi metri dalla frequentatissima stazione ferroviaria, all’angolo tra via Romana e via Cesare Battisti, è possibile incontrare Giacomo Matteotti e Velia Titta, il loro coraggio, il loro amore, la loro eredità. Continuano a parlarci Giacomo e Velia, “uniti nella stessa lotta” da quel muro, dalle loro lettere e dagli occhi di queste ragazze e questi ragazzi che hanno imparato a conoscerli e ad amarli guardandoli un po’ più da vicino, fuori dai libri di storia e anche attraverso le parole di Elena Matteotti, instancabile curatrice della memoria dei nonni.
Non è mancato quella mattina anche il contributo dei più piccoli: hanno infatti portato i loro elaborati una classe della primaria e una della scuola media dei due istituti comprensivi della città.

Insomma, mentre c’è chi tenta di riscrivere la storia e vandalizza i monumenti che ricordano chi ha dato la vita per la nostra libertà, per fortuna la scuola e le istituzioni democratiche si prendono cura di quella memoria che sta alla base dei valori della nostra società, rendendola attiva e proiettandola verso il futuro.

Un’esperienza che abbiamo voluto raccontare anche perché speriamo possa essere di stimolo per progetti analoghi in cui i più giovani possono essere artefici di narrazioni che attraverso varie forme espressive avvicinino alla storia del secolo scorso e la facciano vivere non solo come un argomento di studio, ma come il cuore pulsante del nostro presente.

Come anticipato vogliamo arricchire questo racconto con chi ha curato da vicino questo progetto, Stefano Bove, artista che a Colleferro aveva già donato un murale che ricorda Willy Monteiro Duarte e autore del recente volume Tutti a cercare fiori tra le macerie. Manifesto della Street Art Relazionale (Atlantide editore); e con chi lo ha seguito con attenzione arricchendolo con generosità e competenza: Maria Lodovica Mutterle, direttrice di Casa Museo Matteotti, luogo imprescindibile per la conoscenza della vita e del pensiero di Giacomo Matteotti.
Chiediamo a Stefano Bove Zhew:

Quale ruolo può giocare la street art nella cura della memoria?
Considero il writing e la street art non semplici colori sul muro ma una forma di memoria collettiva. La cura della memoria, per me, passa dall’atto di fissare su una parete ciò che la città non vuole o non può dimenticare. Un murale diventa un’ancora visiva che impedisce alla storia, piccola o grande, di perdersi nel silenzio. Non si crea un monumento freddo, ma un segno vivo, che respira con il quartiere, che può essere toccato, fotografato e discusso.
Cos’è la Street Art Relazionale?
La Street Art Relazionale, nello specifico, ha tra gli obiettivi anche il curare le ferite sociali.
Rendere visibile il volto di chi non c’è più, riporta alla luce storie censurate o trascurate, e crea spazi di riconoscimento reciproco. La memoria, quando è condivisa, non è più un peso individuale ma diventa un ponte tra generazioni, culture e visioni. In strada la memoria è fragile ma combattiva, può essere coperta o cancellata, e proprio questa precarietà ci ricorda quanto dobbiamo prendercene cura. Ogni volta che un passante si ferma a guardare un murale, soprattutto se ha partecipato alla sua realizzazione, attiva un processo grazie al quale la memoria si rinnova.
Per chi crede nella forza dell’arte, questo è già un atto di resistenza.

Come ti sei relazionato con le studentesse e gli studenti delle scuole superiori di Colleferro? Come è stato lavorare con loro?
Il mio lavorare con le studentesse e gli studenti di Colleferro è stato basato sull’aprire e un dialogo tra pari, non tra “chi insegna” e “chi impara”. Ho cercato di impostare il lavoro sull’indipendenza reciproca, un luogo dove ognuno portava il proprio sguardo, la propria energia, le proprie idee e il mio ruolo era più quello di un facilitatore che di un “artista protagonista”. Ci siamo rispettati molto, ed è stato proprio questo rispetto a permetterci di osare. Nessuno ha lasciato vincere la paura di sbagliare, perché sapevamo che ogni errore poteva diventare un punto di partenza creativo.
Un tuo bilancio di questa esperienza?
Le studentesse e gli studenti mi hanno insegnato a vedere la loro città con occhi nuovi e io ho provato a mostrare loro come l’arte possa essere un linguaggio libero ma anche responsabile. La cosa più bella è stata la fiducia: sapevano che non avrei imposto la mia visione, e io sapevo che avrebbero portato la loro con sincerità. In questo modo, il muro che abbiamo creato insieme non è solo un’opera visiva, ma un monumento composto da frammenti di noi, di ognuno di noi, e donato alla città. Ai ragazzi bisogna dare spazio, fiducia, rispetto e ascolto, rispettando questi presupposti a cui tengo molto, loro hanno costruito l’opera con gioia e superato tutti gli ostacoli. Lavorare con questo gruppo è stato per me una bellissima esperienza, porterò dentro di me un bellissimo ricordo di loro e delle tante emozioni vissute insieme.

Chiediamo a Maria Lodovica Mutterle, direttrice di Casa Museo Matteotti:
Cosa pensa dell’idea di far raccontare Giacomo Matteotti a degli studenti attraverso la street art partecipata e più in generale del risultato raggiunto?
Considero l’idea del docente e street artist Stefano Bove, in arte Zhew, a dir poco geniale perché ha saputo motivare e coinvolgere diversi studenti delle classi delle scuole secondarie di secondo grado di Colleferro in un progetto di PCTO guidandoli sapientemente nel percorso di approfondimento storico-culturale e di promozione dei valori civili e costituzionali che Giacomo Matteotti incarna e del suo rapporto profondo con la moglie Velia. La realizzazione del monumento dedicato a Giacomo Matteotti e Velia come prodotto di street art relazionale è un esempio unico in Italia, sprigiona il profumo di gioventù, è una ri-narrazione con gli occhi dei giovani di oggi e della loro sensibilità di una figura che ha segnato, con la sua azione politica, il percorso democratico del nostro Paese con il sostegno della moglie. Così la vicenda umana e politica di Giacomo e Velia è diventata un pezzo del loro cuore. Il monumento, che è un ulteriore tassello del progetto Matteotti chi? un filo rosso lungo 100 anni, mostra d’arte curata da Eclario Barone, Rossella Menichelli e Marina Mingazzini, è un’ulteriore conferma dell’idea vincente che l’arte possa essere un veicolo di trasmissione di valori democratici senza distinzioni di età e cultura perché tocca la nostra umanità. È stato un ulteriore valore aggiunto la scelta dell’Amministrazione comunale di Colleferro, sostenitrice del progetto, di mettere a disposizione una struttura edilizia, un vuoto urbano in una zona di vita multietnica e importante crogiuolo di realtà culturali e religiose diverse.

Matteotti è estremamente presente nella toponomastica del nostro Paese, per quanto riguarda i monumenti?
Vie, strade, piazze, giardini, scuole, spazi comunitari, lapidi, stele, busti, complessi architettonici ricordano Giacomo Matteotti ma pochissimi sono i monumenti, collocati prevalentemente nei luoghi evocativi della sua storia politica e umana. Si ricordi Roma, dove è stato rapito e ucciso dalla Ceka fascista e città nella quale ha svolto l’attività parlamentare; a Riano dove è stato ritrovato il corpo straziato; nella provincia di Rovigo, oltre nella città capoluogo e a Lendinara nel luogo dove è stato liberato dopo un vile rapimento da parte degli squadristi. Tutti ricordano Giacomo e sono il prodotto di artisti importanti ma quello di Colleferro è l’unico che ricorda insieme Velia e Giacomo realizzato con la street art partecipativa. Il filo rosso di questa scelta si collega alla Casa Museo di Fratta Polesine riconosciuta Monumento nazionale nel 2017, dove politica e vita privata si intrecciano in modo indissolubile.

Casa Matteotti è frequentata dalle scolaresche? Avete richieste di interventi mirati sulla figura di Matteotti da parte delle scuole? C’è stato un incremento durante il centenario?
Dal 2023 a oggi il numero di scolaresche che dall’Italia e anche alcune dall’estero hanno visitato Casa Museo si è triplicato e sono studenti che frequentano prevalentemente le scuole secondarie di primo e secondo grado. In base alla preparazione svolta dai docenti in classe le richieste di approfondimento sono le più varie anche se la visita della Casa nel suo insieme è un’esperienza unica per ognuno di loro perché gli oggetti, i mobili, i quadri, i libri trasmettono la vita quotidiana di una famiglia e gli ideali di solidarietà, inclusività di lotta per la libertà, di difesa del Parlamento come baluardo democratico che sono stati la linfa dell’agire politico e del coraggio di Giacomo Matteotti e della sua attualità.
Amalia Perfetti, insegnante e presidente della sezione Anpi Colleferro “La Staffetta Partigiana”
Pubblicato sabato 16 Agosto 2025
Stampato il 16/08/2025 da Patria indipendente alla url https://www.patriaindipendente.it/cittadinanza-attiva/il-coraggio-di-dipingere-i-muri-raccontare-giacomo-matteotti-e-velia-titta/