Viviamo una fase storica piena di contraddizioni, dove Stati e governanti non brillano per saggezza e lungimiranza, in particolare sui rischi di nuove guerre. Dentro queste contraddizioni si alimentano nuovi scenari apocalittici a suon di testate nucleari pronte a distruggere milioni di persone e intere regioni, come nel più fantasioso set hollywoodiano. Appare assurdo ma, ancora oggi, il possesso delle armi di distruzione di massa è considerato deterrente indispensabile per la sicurezza globale, contro qualsiasi senso e logica per una società civile ed evoluta. Così si sono espressi gli Stati possessori di armi nucleari e i loro alleati, non partecipando ai lavori della Commissione incaricata di redigere il testo del Trattato di proibizione delle armi nucleari, e disertando l’Assemblea al momento del voto.
Il Trattato è stato approvato lo scorso il 7 luglio con il voto favorevole dei due terzi dell’Assemblea delle Nazioni Unite. Un evento storico, che va a eliminare il vuoto giuridico internazionale sulle armi di distruzione di massa (testate nucleari) ed entrerà in vigore con la ratifica di almeno 50 Stati. Tuttavia, il cosiddetto “club nucleare”, cioè i nove Paesi possessori delle armi nucleari (Usa, Cina, Russia, Francia, Regno Unito, India, Pakistan, Corea del Nord e Israele), e quelli che le vorrebbero avere (si parla di altri 35), pur avendo ratificato il Trattato, in molti casi (Usa, Russia, Cina, Francia, Regno Unito) perpetuano una politica di deterrenza basata sul riarmo e sulla minaccia della distruzione del nemico. Una gara a chi ha più testate, più tonnellate, più distanze da colpire. Sembrerebbe un gioco, una simulazione per apprendere cosa non si deve fare da grandi, invece è la semplice e cruda realtà che stiamo vivendo.
È la guerra fredda che non finisce mai: da un lato gli Usa e l’Alleanza atlantica più Israele e dall’altro lato i Paesi “del pericolo comunista” e qualche nazione non allineata, prodotto del processo di decolonizzazione del secolo scorso. E la crisi di questi mesi, che vede la Corea del Nord al centro dell’attenzione di tutto il mondo, che scambia minacce con l’America di Trump, è l’ultimo episodio di questa triste e tragica storia per la supremazia e il controllo da parte di singoli Stati su intere regioni, ben oltre i propri confini, come era abituale fare nei secoli degli imperi e degli imperatori. Logiche e politiche che dovrebbero essere, da tempo, fuori dalla storia, non più tollerabili nell’epoca della democrazia, dei diritti umani e delle Nazioni Unite.
Le Nazioni Unite, infatti, furono create proprio dagli Stati che uscirono vittoriosi dalla guerra contro il nazifascismo, per costruire un sistema di diritto internazionale e un luogo di governo del pianeta per prevenire e dirimere, per la via della politica e del diritto, guerre e contenziosi tra Stati.
Sono invece gli stessi Stati che siedono nel Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, in qualità di membri permanenti e con diritto di veto, a rivendicare il diritto esclusivo delle armi di distruzione di massa, a garanzia della propria sicurezza, implicitamente affermando l’inutilità dello stesso sistema del diritto internazionale e del sistema Nazioni Unite. Una posizione, se non proprio schizofrenica, per lo meno contraddittoria e fonte di continui conflitti. Come non ricordare che la guerra in Iraq fu giustificata dagli Usa e dal Regno Unito per contrastare la costruzione di armi nucleari da parte di Saddam Hussein, fatto rivelatosi poi infondato, ma ciò è bastato per montare una guerra dai costi umani, economici e ambientali impressionanti.
Sempre per la questione del nucleare, e non per le violazioni dei diritti umani e per la repressione interna, l’Iran degli ayatollah è sotto embargo da anni. Mentre per Israele, alleato strategico e nazione molto, ma molto speciale, si tollera il possesso di testate nucleari, anche se mai dichiarate, e si tollerano le violazioni permanenti nei confronti dei palestinesi e delle convenzioni e delle risoluzioni internazionali.
Siamo al caos, non calmo e non casuale, ma governato dalle grandi potenze che possono contare sull’appoggio e il voto “libero” dei propri alleati, umiliando il ruolo dell’Organizzazione delle Nazioni Unite, unico soggetto che avrebbe la legittimità del governo del pianeta. Un ruolo usato invece “à la carte”, come un attrezzo da giardino, solo se serve, un servizio a chiamata, a copertura delle proprie azioni, in palese contraddizione con le dichiarazioni di principi e i valori democratici di libertà, di giustizia e di uguaglianza, a cui si ispirano le costituzioni nazionali e la stessa carta fondativa dell’Onu.
Che Kim Jong sia un pazzo in preda a un delirio o che sia un abile dittatore al servizio di questa o quella potenza, è quasi irrilevante; il nostro vero problema è che ci siano Stati e governi disposti a giocare a questo gioco, mettendo nuovamente a rischio la vita di milioni di persone, riaprendo così la corsa al riarmo per poi sventolare straordinari risultati di crescita economica della propria industria (bellica), per arrivare infine a considerare il nucleare come lo strumento per la nostra sicurezza, più del diritto e più dell’azione politica.
Per chi ha maturato la scelta della non violenza, del diritto e della ricerca di accordi attraverso il dialogo è chiaro che anche le politiche economiche, commerciali e di sviluppo debbono essere coerenti con principi e valori, estendendo diritti umani e condizioni di vita e di lavoro dignitosi per ogni uomo e ogni donna, senza discriminazione alcuna. Questa è la strada per la pace. L’altra, quella muscolare, per noi è fuori dalla storia.
Sergio Bassoli, Responsabile pace Area Internazionale CGIL
Pubblicato venerdì 8 Settembre 2017
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