Dal profilo fb di Gianfranco Stella

Nel novembre del 2018 fu presentato a Reggio Emilia dal Centro Studi Italia e da altre associazioni della destra reggiana il libro di Gianfranco Stella “Compagno mitra” con l’ambizioso sottotitolo “saggio storico sulle atrocità partigiane”.

Il libro, seguendo il corso delle precedenti opere dell’autore, parte dalla idea di riscrivere la storia della Liberazione della provincia reggiana e più in generale del nostro Paese sostenendo una serie di tesi contrarie alla verità storica condivisa tra cui: il movimento partigiano fu un mito e null’altro; la Resistenza non fu determinante per le sorti della guerra; il riscatto nazionale dal fascismo da parte dei partigiani combattenti fu una invenzione a posteriori e in definitiva un vero e proprio falso storico.

Non intendiamo avventurarci nel controbattere tali tesi per la faziosità dell’intento e per la palese e voluta distorsione della verità storica. Tanto meno vogliamo scendere nel ribattere ad accuse rivolte a singoli partigiani per i quali Stella sostiene di avere come fonti dei materiali tratti da un archivio segreto di un ex comunista (di cui non può rivelare l’identità) contenente documenti inediti, biografie e fotografie .

Nei giorni scorsi Stella è stato rinviato a giudizio dal Gup del tribunale di Ravenna Andrea Galanti e dovrà rispondere dell’accusa formulata dal Pm Vincenzo Bartolozzi di diffamazione a mezzo stampa per aver offeso la reputazione di Amleto Paderni “Ermes” già comandante di Battaglione della 76” Brigata Sap, funzionario del Pci, sindaco di Scandiano e presidente dell’Anpi cittadina.

Dal libro di Gianfranco Stella “Compagno mitra”, la diffamazione di cui dovrà rispondere in giudizio

La denuncia era stata presentata dalla vedova Tilde Cigni e dalle figlie Maria Teresa e Donata dopo aver letto in una didascalia riferita ad Amleto Paderni “tra gli altri uccise il medico di Arceto Luigi De Buoi che gli aveva rifiutato un certificato di esenzione” e in un’altra parte del libro vi è scritto che al processo la fece franca perché ottenne l’amnistia.

I familiari hanno allegato alla denuncia copia della sentenza della Corte di Appello di Bologna del 5 aprile 1951 dalla quale risulta che Amleto Paderni aveva rinunciato ad usufruire dell’amnistia e che il procedimento si era concluso con un “non doversi procedere per non aver commesso il fatto”.

Non a caso gli scritti dello Stella sono stati definiti da uno storico un lavoro dilettantesco con l’obiettivo di fare scoop giornalistici.

L’autore aveva dichiarato di essere consapevole del rischio di essere denunciato e di aver già subito sei processi a suo dire “superati”. Le cose non stanno proprio così visto che ha già condanne per diffamazione per quanto ha scritto sul partigiano reggiano Nemesio Crotti “Iside”, comandante della 26” brigata Garibaldi reggiana, ed è anche stato condannato a pagare un risarcimento danni a Carlo figlio di Arrigo Boldrini “Bulow” per averlo diffamato.

Malgrado le condanne comminate, a cui non ha dato esecuzione, continua nella sua opera per denigrare la Resistenza. La tecnica è sempre la stessa: lanciare accuse eclatanti ed infamanti, con una palese approssimazione, senza fornire prove.

Amleto Paderni, comandante partigiano e stimato sindaco di Scandiano dal 1964 a 1972 è scomparso nel 2005

L’Anpi reggiana condivide l’azione dei familiari di Amleto Paderni ed ha denunciato con forza le menzogne e le palesi strumentalizzazioni seminate in più scritti  di Stella senza negare che in quel periodo, in quel contesto, in quella fase storica di gravissime violenze e atrocità, siano stati commessi errori da parte di alcuni partigiani e ci siano state deviazioni anche gravi.

A Stella e alle forze della destra, risulta evidente che non interessa la ricerca dei documenti e delle prove. Loro ricercano lo scoop e il clamore mediatico. In questo modo vogliono portare avanti una azione che va ben oltre il revisionismo storico.

Vogliono denigrare i partigiani, sminuire il contributo della Resistenza alla Liberazione del Paese dai fascismo e dal nazismo, speculare su peraltro mai negate contraddizioni le tra le formazioni  partigiane di differenti ispirazioni ideali, sparando giudizi sui “buoni”, i cattolici, e i “cattivi” comunisti. Ai quali ultimi si attribuiscono in blocco obiettivi di “rivoluzione bolscevica”, mentre si ignora che in realtà tutte le forze partigiane, di varie ispirazioni ideali, proprio nella lotta di Liberazione impararono quell’ “ascolto”, per citare il partigiano Dossetti, che si prolungò fino alla Costituente e alla nascita della Costituzione repubblicana.

Ermete Fiaccadori, presidente Comitato provinciale Anpi Reggio Emilia