Nel rispetto di quelle che sono state le decisioni e le scelte storicamente espresse dal Parlamento italiano, l’Anpi si è sempre ispirata nel suo agire politico ai principi ed ai valori della Legge fondamentale dello Stato, che ripudia la guerra “come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli”. E quando ha ritenuto contrarie allo spirito della Costituzione repubblicana decisioni o innovazioni legislative o costituzionali, l’Anpi ha sempre assunto una propria indipendente posizione. Nel corso della sua storia non è venuta mai meno alla propria missione di scudo democratico ed ha quindi sempre espresso le proprie convinzioni in relazione a decisioni governative ritenute lesive di detti principi costituzionali.
In ordine ai patti sottoscritti dal nostro Paese a livello internazionale non vi è dubbio che dovrà essere sempre il Parlamento a metterli in discussione. Non certamente spetta all’Anpi questo compito, ma questo non può significare una passiva acquiescenza della nostra associazione a qualsiasi decisione governativa che possa costituire violazione dei principi ai quali ci ispiriamo. Il problema non è quindi la messa in discussione da parte della nostra associazione dei patti, bensì la nostra opinione di come si sta nei patti senza alcuna “cupidigia di servilismo”. È quello che viene in mente nel leggere le dichiarazioni del Segretario di Stato americano Pompeo, che Papa Francesco non ha ritenuto di ricevere in chiaro segno di protesta per la violazione del principio di non ingerenza negli affari interni, nell’intervista concessa a Repubblica del 2 ottobre scorso. Tra le varie amene imposizioni con la pretesa di accettazione pedissequa da parte dell’Italia delle decisioni USA (Cina, Accordi di Abramo, Libia, ecc.) colpisce in particolare la richiesta di adesione alla proposta americana di spostare dalla base in Germania a quella di Aviano in Italia, destinata a diventare la principale base Us Air Force in Europa, uno squadrone di F16 ed un ulteriore armamento atomico per rafforzare il sistema difensivo dell’Alleanza nei confronti di un potenziale nemico ancora non chiaramente indicato, ma facilmente individuabile alla luce delle dichiarazioni rese.
Siamo di fronte ad un rigurgito di nuova guerra fredda. Questo atteggiamento dell’Amministrazione USA rivela quello che è stato definito “suprematismo morale”: il sentirsi “moralmente” superiore agli altri sì da far passare falsità per verità (come le armi di sterminio di massa dell’Iraq o di altri Paesi, le fosse comuni di vittime di Gheddafi, ad esempio), di intervenire militarmente a propria discrezione o di organizzare colpi di stato in violazione di ogni principio della non ingerenza.
La proposta del Segretario americano Pompeo per la base di Aviano obiettivamente costituisce una ulteriore ipoteca sulla esposizione militare del nostro Paese in termini di aggressività ed un più pesante condizionamento della politica estera dell’Italia nelle relazioni pacifiche e di collaborazione con gli altri Paesi. Sbalordisce quella che sembra una supina accettazione da parte delle nostre autorità governative della richiesta USA. Ancora di più, l’incomprensibile tombale silenzio delle forze politiche e dei mass-media. Di fronte a questo scenario sinora solo Michele Serra (Repubblica del 3 ottobre), voce flebile ed isolata, si chiede “perché l’Italia debba restare il potenziale fronte di conflitti nati altrove e pianificati altrove”.
Sono quindi da rimpiangere tutti quelli, ivi compresi Andreotti e Craxi, che, pur nell’adesione all’alleanza atlantica, non ritenevano di dover subire una posizione subordinata nei confronti degli USA? Esiste una decisione specifica della NATO, da cui scaturisca “automaticamente” un preteso obbligo di ottemperare alla richiesta americana? Vi è una clausola “segreta” che imponga una presa d’atto da parte italiana di tale trasferimento di armamento atomico? O forse un vincolo derivante dagli accordi bilaterali, come il Bilateral Infrastructure Agreement del 1954 tra l’Italia e gli USA, al di fuori ed in aggiunta a quelli stabiliti per l’appartenenza dell’Italia alla NATO? Occorrerà in ogni caso una precisa manifestazione di volontà, in termini almeno di autorizzazione, da parte del Governo. Ma il Parlamento può essere del tutto assente o rinunciatario rispetto alla questione?
Sarebbe opportuna una chiara e seria riflessione su questi temi, che creano inquietudine e grande apprensione in tanti “partigiani della pace”.
Luigi Marino, del Comitato nazionale Anpi
Pubblicato venerdì 16 Ottobre 2020
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