Rino Della Negra, partigiano e ala destra del Red Star

Lo fucilarono che aveva vent’anni, in Francia. Giocava forte Rino della Negra, calciatore della Stella Rossa, un passato da operaio in una fabbrica di automobili. Figlio antifascisti friulani fuggiti alle persecuzioni di Mussolini, era un immigrato di seconda generazione, diremmo oggi. Viveva in una delle banlieue dove gli italiani erano i più numerosi  (seguiti da belgi, svizzeri e marocchini)  e tra i più attivi nel movimento sindacale, mantenendo inoltre i contatti con gli esuli antifascisti. Entrerà nella Resistenza con il leggendario gruppo Manouchian, tutti immigrati e comunisti, una delle formazioni della FTP-MOI (Franchi Tiratori Partigiani – Mano d’Opera Immigrata), e con ventuno dei compagni di lotta morirà crivellato dai nazifascisti a Mont-Valérien, a ovest di Parigi, il 21 febbraio 1944.

Tanto era temuto il gruppo da far scrivere un altro capitolo alla loro storia resistente. Quasi l’unica brigata operante nella lotta armata sopravvissuta a tre anni di repressione di polizia francese e Gestapo, ancora nel 1943 metteva a segno numerose azioni. Era coraggioso Rino: attacchi a convogli tedeschi, anche alla sede parigina del Partito fascista italiano in rue Sédillot, sabotaggi, e intanto giocava nel Red Star. Ma nel novembre, con altri 22 è catturato. Prima del processo farsa che li avrebbe condannati a morte, gli occupanti realizzarono l’“Affiche Rouge”, il Manifesto Rosso, un volantino di propaganda per descriverli come criminali, ma sotto ognuna delle 15mila affissioni comparvero fiori. Nelle foto segnaletiche riprodotte nell’affiche Rino Della Negra non c’è, come nessuno dei quattro italiani tra i Caduti (l’ultima vittima, Olga Bancic, verrà decapitata a Stoccarda, in Germania, nel luglio ’44).

La memoria del giovane operaio e calciatore partigiano però continuò a vivere e crescere sulle tribune dei campi di calcio. Per il Red Star, Rino Della Negra è un simbolo: riassume i valori di antirazzismo, antifascismo, difesa degli immigrati, il programma sociale della Resistenza, l’internazionalismo alimentato dalla fraternità nella lotta, in montagna, nelle campagne e in città, su cui nacque la nuova Europa. Sorprende che in Italia sia invece misconosciuto.

Rino Della Negra

A realizzare il documentario saranno due bravi registi che hanno già ricevuto numerosi riconoscimenti cinematografici. Il giovane Daniele Ceccarini, per esempio, è arrivato ed è stato acclamato a Cannes con “Siamo qui, siamo vivi”, raccolta di testimonianze di alcuni scampati ai campi di sterminio, tra cui quella della senatrice Liliana Segre. Ed è solo l’ultimo lavoro apprezzato del trentenne filmaker. Anche Mario Molinari ha presentato e vinto concorsi importanti con le sue opere. Le musiche saranno affidate a Marco Rovelli, cantautore, romanziere e saggista. già cantante e autore nel gruppo Les Anarchistes prima di intraprendere un percorso come solista.

Insomma, speriamo di avervi incuriositi, ed ecco il progetto che, se parteciperete, potrà vedere la luce.

Il documentario
Per la regia di Daniele Ceccarini e Mario Molinari e le musiche di Marco Rovelli, il documentario vuole ripercorrere la storia dell’impegno antifascista di questo giovane di origine italiana emigrato in Francia, proveniente dalle classi popolari e che viveva in banlieue. Una storia sociale di impegno nella Resistenza che si inserisce in un’altra narrazione: quella di una Francia terra di accoglienza per gli antifascisti italiani e per gli ebrei perseguitati dell’Europa centrale.

La storia
La vicenda di Rino Della Negra prende forma non solo nel contesto della seconda guerra mondiale, della Resistenza europea e dell’antifascismo, ma anche in un ambiente socioculturale dove il calcio rappresenta un forte elemento di aggregazione e di riscatto per chi, come Rino, viene dalla classe operaia. Della Negra è anche rappresentativo di una cultura migrante in cui le radici e le origini familiari, la cultura operaia, italiana e antifascista, si mescolano alla storia del Paese di accoglienza, la storia della Resistenza francese. Una storia di lotta di Liberazione dal nazifascismo, nella quale gli italiani hanno svolto un ruolo importante in quanto, fuggiti dal regime fascista di Mussolini, hanno continuato la lotta Oltralpe, per poi riportarla insieme in Italia.

Sopra, la licenza calcistica di Rino Della Negra, sotto uno stralcio del verbale di arresto

Chi era Rino Della Negra
Il padre di Rino era un operaio edile friulano, che negli anni Venti si trasferisce con la famiglia nel sobborgo parigino di Argenteuil, nel quartiere chiamato “Mazzagrande”, dove viveva una numerosa comunità di italiani antifascisti fuggiti dal regime. All’età di 14 anni, Rino Della Negra è assunto come operaio nella fabbrica metallurgica Chausson di Asnières, in un momento in cui lo stabilimento è segnato dagli scioperi e dalla repressione. È proprio nella fabbrica e nel quartiere “Mazzagrande” che Rino inizia la carriera come calciatore, distinguendosi in squadra per la sua grande velocità e abilità come ala destra.

Sport e politica sembrano fondersi nella sua vita in una difficile ma imprescindibile convivenza, al punto che Rino continua a giocare pur aderendo alla Resistenza. Partigiano, in sei mesi prende parte a una quindicina di incredibili azioni contro i nazisti, mentre nello stesso tempo gioca  nella Red Star durante la stagione 1943-44.

Red Star
Oggi la Red Star e la sua tifoseria restano fortemente radicate alla tradizione della sinistra antifascista e di una militanza sportiva popolare, inclusiva, antisessista e antirazzista. In Francia è uscita anche una biografia, firmata dagli storici Jean Vigreux e Dimitri Manessis. In Italia invece la sua storia è poco conosciuta. “A vedere la Red Star ci vanno i tifosi di calcio, i militanti politici, i curiosi che non hanno idea delle regole del calcio, ma vogliono capire lo spirito della squadra. Gli slogan sono rigorosamente antifascisti e antisessisti, la partita è una festa, la curva accogliente e popolare. Non parliamo di un simbolo polveroso, ma di un oggetto di memoria vivo”, ha spiegato Manessis a Libération.

L’omaggio dei tifosi
Tutti gli anni – dal 2004 – la tifoseria del Red Star rende omaggio a Rino Della Negra. Ogni 21 febbraio, i tifosi del club commemorano la sua esecuzione per mano nazista a Mont-Valérien. Canzoni, striscioni, sciarpe e animazioni visive sugli spalti, intitolate a Rino Della Negra, ricordano la lotta del giovane martire di origini italiane. Celebrato prima nella memoria collettiva degli antifascisti e attivisti di sinistra e poi dai sostenitori della Stella Rossa, questo club che ha vissuto il suo periodo d’oro tra le due guerre mondiali onora regolarmente “Rino”, a cui è anche dedicata una tribuna dello stadio della Red Star a Saint-Ouen (Seine-Saint-Denis).

Il memoriale a Mont-Valérien dove in 22 del gruppo Manouchian vennero fucilati

Perché è importante ricordarlo
È la storia dell’impegno antifascista di un giovane emigrato di origini italiane, proveniente dalle classi popolari e che vive nella periferia di una Francia già allora plurale. Una storia sociale di lotta per la Resistenza che si inserisce in un’altra narrazione: quella di una Francia terra di accoglienza, in particolare per gli antifascisti italiani e per gli ebrei perseguitati dai nazisti.

(Imagoeconomica)

La vita di Rino Della Negra è pienamente in linea con gli eventi attuali e con la più ampia vicenda dei soggetti subalterni ed è drammaticamente attuale in un contesto di narrazione sui migranti.

Per sostenere: https://www.produzionidalbasso.com/project/rino-della-negra-calciatore-partigiano/  Contatti per il progetto: Daniele Ceccarini, tel. 3459087179; daniele.ceccarini7@gmail.com