Come sessant’anni fa, Sandro Pertini torna ad animare le manifestazioni del 30 giugno a Genova, ed è ai giovani che devono arrivare quelle parole, con i linguaggi della piazza, di ieri e di oggi, e dei nuovi mezzi digitali se, come impone il post-Covid, non ci si può incontrare come si vorrebbe.
Fu Pertini, infatti, a pronunciare davanti ai 30 mila di piazza della Vittoria il 28 giugno 1960, il cosiddetto discorso “du brichettu”, cioè del fiammifero che incendiò la protesta antifascista e popolare contro il congresso del Msi convocato per il 2 luglio nella città Medaglia d’Oro della Resistenza, e il governo del Dc Tambroni, sostenuti dai voti missini, costretto alle dimissioni dopo una settimana di proteste e scontri , anche tragici – basti ricordare i morti di Reggio Emilia – in tutta Italia.
Ma a Genova, il 30 giugno ’60, centomila persone in piazza, dagli operai delle fabbriche ai camalli del porto, e a migliaia di giovani “delle magliette a righe”, dimostrarono la fermezza di una città, anche di fronte alle cariche e i raid delle camionette della Celere in piazza De Ferrari.
In questo 30 giugno, 60 anni dopo, è il grido «Sandro, Sandro» che si leva nella stessa piazza, mentre il presidente provinciale e coordinatore ligure Anpi Massimo Bisca con il segretario della Camera del Lavoro metropolitana Igor Magni, collocavano una corona d’alloro sotto la targa che ricorda, appunto, l’esponente socialista, il partigiano e presidente della Repubblica.
C’è bisogno di punti di riferimento forti, in questi mesi difficili e pieni di incognite, per tutti gli antifascisti e per i giovani, e Pertini sicuramente può essere uno di questi, anche ricordandolo come simbolo della buona politica: Anpi e Cgil hanno infatti rilanciato forte, in piazza, la richiesta di intitolare al presidente, ligure di Stella, l’aula del Consiglio regionale.
E di quei giorni, dice Bisca, «rimangono le radici, i valori, l’antifascismo, la democrazia, la difesa della Costituzione e l’applicazione di quella Carta che portò in piazza anche i giovani in quel 30 giugno del 1960. Bisogna ripartire da quegli ideali: quando si parla di solidarietà, comunanza e identità, se non partiamo da quei valori si fa poca strada oppure si fanno dei passi indietro». Mentre Magni ha avvertito: nessuno pensi di scaricare sui lavoratori i costi del Covid, né di togliere loro i diritti con l’alibi della crisi.
Anpi e Cgil avevano messo a punto per i 60 anni dal 30 giugno 1960 una importante serie di incontri e convegni, saltati per le norme post-pandemia; ma la piazza vede comunque tante bandiere e molte persone.
E i nuovi linguaggi aprono un altro modo di riunirsi: nel pomeriggio, aperto da un messaggio di Carla Nespolo, parte in streaming il lungo evento in diretta dai Giardini Luzzati, un luogo simbolo dell’essere comunità, nel cuore di Genova, rilanciato sulla piattaforma “Goodmorning Genova”, nata proprio all’inizio del lockdown e già protagonista di una lunga diretta del 25 aprile con decine di migliaia di persone collegate.
Così è stato anche il 30 giugno, con numerose pagine social – anche quella di Anpi nazionale – a rilanciare parole, ricordi e musica, tra cui le canzoni di impegno antifascista di Andrea Sigona. E impegni: Carla Nespolo ha ricordato, nel suo messaggio: «Siete qui perché non dimentichiamo e non vogliamo dimenticare» mentre Carlo Ghezzi, responsabile organizzativo nazionale Anpi, intervenendo dalla piazza, ha risposto alla domanda-provocazione arrivata da Ivano Bosco, segretario della Camera del Lavoro di Reggio Emilia: «E se succedesse oggi, avremmo la capacità di rispondere con la stessa forza di sessant’anni fa?».
Sì, è stata la risposta, perché lavoro e antifascismo sono grandi realtà radicate nella società italiana, e ci permettono di rispondere ai rigurgiti di razzismo e antifascismo: le energie ci sono, la risposta sarà sempre forte, e uguale”.
Ma è chiaro, ha detto Maurizio Landini, segretario generale Cgil, intervenendo in videoconferenza, che per affermare la democrazia, oggi, c’è un solo modo: non lasciare nessuno indietro. «Il problema di questi anni è ripartire da lavoro e diritti, sapendo che in questi anni ha prevalso un neoliberismo che ha generà precarietà e disuguaglianze. Il punto oggi è rimettere al centro i diritti di chi lavora e l’applicazione dei principi della Costituzione come elemento di trasformazione della società». Non certo parole di maniera. E in tarda serata, un corteo di giovani ha apposto nuove targhe su quelle stradali esistenti: per dire sempre no al fascismo ricorrente e sì a diritti e giustizia.
Il nostro giornale, anticipiamo ai lettori, l’8 luglio proporrà un video-documento sui fatti del 1960 a Palermo (e anche a Genova e Reggio Emilia), in occasione del 60°. L’autore è Ottavio Terranova, coordinatore regionale Anpi Sicilia e vicepresidente nazionale dell’associazione dei partigiani, che fu tra i protagonisti di quei giorni.
Pubblicato giovedì 2 Luglio 2020
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