I cittadini di Tournau, in Belgio, seppelliscono i morti durante la peste nera, XIV secolo

La peste nera sbarcò nel porto di Messina nell’ottobre del 1347, portata da navi mercantili genovesi provenienti da Caffa, in Crimea.

Nel gennaio del 1348 entrò in Francia, nel 1349 arrivò fino alla Groenlandia, nel 1351 in Russia.

Il contagio comportò la morte di un terzo della popolazione europea: circa 20 milioni di persone. Le grandi città, Parigi, Firenze, Genova e Venezia, avevano una popolazione intorno ai cento mila abitanti (Londra meno di 50 mila): furono le più colpite, la mortalità variò dal 50 all’80 per cento.

Per gli eruditi e i dottori la causa era ricercata negli influssi dei pianeti. Per la grande massa la spiegazione era una sola: l’ira di Dio. Si generò un diffuso senso di colpa, ma, secondo gli osservatori dell’epoca, i peccati di avidità, avarizia, blasfemia e lussuria non diminuirono.

Danza macabra, dipinto. Clusone, val Seriana

Il timore dei contagi portò i fabbricanti di dadi da gioco a trasformare i loro prodotti in grani del rosario per le preghiere ma, nonostante i comportamenti consoni alla religione, la situazione non migliorò.

Il Boccaccio scrive che la calamità gelò il cuore degli uomini: “L’un fratello l’altro abbandonava, et il zio il nepote, e la sorella il fratello, e spesse volte li padri e le madri i figliuoli…”. E Guy de Chauliac, medico del Papa annotava: “I padri non andavano a trovare i propri figli, né i figli il loro padre. La carità era morta”.

I veneziani furono i primi a reagire alla “morte nera”: istituirono una magistratura con compiti sanitari, più tardi introdurranno la “contumacia” (cioè la quarantena).

La peste, miniatura ne Le Croniche di Giovanni Sercambi, seconda metà del XIV secolo, Archivio di Stato di Lucca

Intanto nel resto del territorio italiano ed europeo molte associazioni dedite alla cura dei malati continuarono la loro missione pagando un prezzo altissimo. Nei luoghi chiusi, ospedali, monasteri e prigioni, mancando ogni tipo di prevenzione, tutti venivano contagiati e spesso tutti morivano.

Oggi l’argomento più dibattuto dai media è il Covid: le sue conseguenze economiche, sulla salute, sulla scuola, nelle famiglie e nelle relazioni sociali. Quale sarà il corollario nelle psicologie sociali? Difficile oggi prevederlo. Come sempre non ci sarà un effetto univoco e, come sta già emergendo in questi giorni, le risposte saranno diverse e anche diametralmente opposte.

A noi piace sottolineare che a Genova, diverse centinaia di nuovi volontari portano viveri e medicine nelle case, preparano pasti gratuiti, distribuiscono gratuitamente generi alimentari, raccolgono risorse per pagare utenze e/o affitti.

Alcuni, come le pubbliche assistenze, Sant’Egidio, la Cambusa, Sole Luna hanno intensificato la loro attività, contemporaneamente nuovi centri hanno iniziato, grazie a centinai di volontari, a impegnarsi in questa solidarietà attiva, dalle sezioni Anpi ai Circoli operai, dal teatro dell’Ortica al circolo Arci Zenzero, dagli studenti di 16cento in piazza e al circolo Sertoli. Solo per citarne alcuni.

Si prospetta un inverno molto difficile per tutti, drammatico per i più deboli. Evidenziamo, incoraggiamo, appoggiamo tutte le iniziative di solidarietà attiva.

Massimo Bisca, presidente Comitato provinciale Anpi Genova,  componente Comitato nazionale Anpi, e Domenico Saguato, Genovasolidale